Israele: immigrazione straniera e rifugiati politici.


1  Avirama Golan : ebraismo e razzismo
Per anni è stato difficile accettare il confronto tra Israele e il Sud Africa, e soprattutto l'uso della parola "apartheid", ci  sembrava esagerata. Ma negli ultimi anni, è diventato impossibile continuare a nascondere la testa sotto la sabbia: Israele sta chiudendo il suo cuore e la sua coscienza non solo ai palestinesi , ma a tutti coloro che non sono ebrei
L'espressione più palese di questo fenomeno è la politica adottata da una nuova unità del Ministro degli interni che rappresenta il giudaismo ultraortodosso, separatista e chiuso. Ganot garantisce che questa struttura arresterà e deporterà anche famiglie con bambini capovolgendo la decisione di due ministri, Avraham Poraz e Ophir Pines-Paz, che avevano promesso di concedere la cittadinanza alle famiglie i cui figli erano nati, allevati ed educati in Israele Dopo tutto, sarebbe possibile sostenere, come fa il governo, che l'espulsione dei lavoratori stranieri scaturisce dalla necessità di garantire occupazione agli israeliani Ma se fosse così, perché è il governo consente l'entrata nel Paese a più di 20.000 lavoratori agricoli stranieri quest'anno, così come è avvenuto negli anni precedenti? Questa mossa si dimostra cinica ,quanto ingannevole è il pretesto della disoccupazione. il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha promesso al ministro Shalom Simhon che non avrebbe danneggiato gli interessi della lobby agricola, Gli immigrati non fanno parte di alcuna lobby e nessuno si cura di loro. Israele preferisce questi lavoratori senza benefici sociali , disposti a svolgere qualunque lavoro, agli israeliani i cui diritti sono garantiti dalla legge Lo Shas sobilla gli israeliani poveri e propugna la purezza ebraica per tener fuori dalla società gli stranieri Così Israele nasconde le motivazioni economiche ammantandole di etnocentrismo e razzismoIn questo si differenzia dagli altri stati che trattano con crudeltà gli stranieri: la discriminazione israeliana è etnica e religiosa (sintesi personale)

ANCHE IN ISRAELE I CLANDESTINI ANDRANNO IN CARCERE. SÌ ALLA LEGGE  il Manifesto, 21 maggio 2008



La Knesset approva in prima lettura le nuove norme, che non riguardano però i palestinesi. Con l'opposizione di un solo deputato. Comunista
Non c'è che dire. Il governo Berlusconi e quello Olmert viaggiano sulla stessa lunghezza d'onda, non solo in politica estera ma anche sull'immigrazione. E se in Italia si continua a polemizzare sulla decisione del ministro dell'interno Roberto Maroni di introdurre il reato di immigrazione clandestina nel pacchetto di misure sulla sicurezza che il governo si prepara a varare oggi, in Israele neppure si discute del disegno di legge presentato alla Knesset per bloccare, con le maniere forti, il flusso di migranti che entrano nel paese. Lunedì, su proposta del vice ministro della difesa Matan Vilnai, la commissione esteri e difesa della Knesset, con 20 voti favorevoli e uno contrario, ha approvato in prima lettura una bozza di legge che prevede pesanti pene detentive e sanzioni severe per coloro che entrano illegalmente in Israele. La notizia è stata accolta con indifferenza nel Paese e si sono levate poche voci contro una legge che, se approvata, colpirà in modo indiscriminato tutti coloro che proveranno a varcare clandestinamente i confini dello Stato ebraico, inclusi i rifugiati politici.
Bersaglio di questa legge non sono, per una volta, i manovali palestinesi che dai Territori occupati si infiltrano alla ricerca di un lavoro anche per pochi giorni al mese, bensì i migranti, specie quelli sudanesi anche se provenienti dal Darfur. Un clandestino rischierà una pena fino a cinque anni di carcere e, se proviene da uno «Stato nemico», ad esempio il Sudan, dietro le sbarre potrebbe rimanerci anche sette anni. Ma non è finita qui perché un migrante che ritorna illegalmente in Israele dopo essere già stato espulso, verrà incarcerato anche per sette anni e mezzo e se proveniente dallo «Stato nemico» fino a 10 anni e mezzo. Se il clandestino verrà trovato in possesso di un'arma - anche solo un coltello, sottolineava ieri il quotidiano Haaretz - rischia una condanna fino a 20 anni di carcere. Senza dimenticare l'ampia libertà di azione di cui godranno polizia ed esercito che potranno detenere un clandestino per 96 ore senza dover chiedere l'autorizzazione ad un giudice e tenerlo in custodia per diciotto giorni senza una accusa specifica.
«Con questa legge sarà sufficiente il rapporto scritto da un soldato semplice per eseguire un ordine di espulsione», ha denunciato Oded Feller, dell'Associazione per i Diritti Civili. «E' assurdo che ad occuparsi di immigrazione sia la commissione esteri e difesa della Knesset», ha protestato da parta sua il deputato comunista Dov Khenin, l'unico a votare in commissione contro la proposta di legge, «abbiamo bisogno di una legge completamente diversa, che non neghi ma tuteli i diritti dei rifugiati politici».
Il vice ministro Vilnai al contrario non è affatto interessato a proteggere i profughi politici. Per lui i migranti, anche quelli provenienti dal Darfur, sono tutti uguali e tutti un pericolo potenziale. «Negli ultimi 15 mesi ne sono entrati nel paese circa 20mila e questo flusso deve interrompersi», ha spiegato ai 21 componenti della commissione parlamentare. Per il governo israeliano occorre bloccare subito l'ingresso dei sudanesi che, attraverso il Sinai, tentano di infiltrarsi in Israele e le forti pressioni fatte da Tel Aviv sull'Egitto hanno già dato i primi terribili frutti. Dall'inizio dell'anno almeno sei africani sono stati uccisi dalle guardie di frontiera egiziane e molti altri sono stati feriti, gli ultimi due appena due giorni fa (uno è in gravi condizioni). Uccisioni e ferimenti che non scoraggiano chi in Somalia o Sudan vede in Israele il primo Stato ricco a portata di mano, dove trovare un lavoro che permetta di mantenere nei paesi d'origine una famiglia intera. Dopo i 500 profughi dal Darfur accolti legalmente su pressione dei centri per i diritti umani, ora il governo Olmert ha deciso di usare il pugno di ferro contro i clandestini e non esclude di costruire persino un muro (un altro) lungo la frontiera con l'Egitto, dimenticando che Israele ha firmato nel lontano 1951 la convenzione sui rifugiati.
3  Editoriale di Haaretz: i richiedenti asilo non sono criminali  Sintesi personale Pochi giorni dopo che il governo ha deciso di espellere centinaia di figli di lavoratori stranieri ,bambini che sono cresciuti in Israele - è emerso che lo stato sta trattando i richiedenti asilo crudelmente.La relazione di Lital Levin, pubblicato nell'edizione in ebraico di Haaretz durante il fine settimana, rivela che circa 2.500 richiedenti asilo sono detenuti nelle carceri israeliane, alcuni da molti mesi e in alcuni casi, addirittura da anni. Centinaia di loro provengono dall' Eritrea e dal Sudan beneficiari, quindi, dello status di rifugiato.Inoltre la legge prevede che una persona, entrata illegalmente in Israele ,debba essere espulsa entro 60 giorni o liberata. La modifica del 2001 sancisce che i giudici debbano esaminare i provvedimento di detenzione ,emessi dal Ministero degli interni per gli immigrati illegali e stabilire se il provvedimento di fermo deve restare in vigore o i richiedenti asilo debbano essere rilasciati.
Questo sistema di monitoraggio ha lo scopo di evitare che carceri israeliane diventino campi profughi per immigrati clandestini e disoccupati.Non tutti coloro che attraversano il confine hanno diritto allo status di rifugiati,. Uno stato sovrano ha il dovere di far rispettare le leggi sull'immigrazione,ma ciò non autorizza il Ministero dell'Interno e le forze dell'ordine a imprigionare centinaia di persone per un periodo prolungato. Essi devono esaminare, senza indugio, lo stato di tutti i richiedenti asilo e garantire che le prigioni non diventino l'alloggio di persone che non sono criminaliIsrael cannot jail refugees over social status alone

 4  Israele: 35 bambini stranieri detenuti in carcere L'organizzazione Hotline afferma che più di 1000 persone richiedenti asilo , di questi 35 sono minori ( alcuni di età compresa fra i 3 e i 10 anni) sono detenuti illegalmente nel carcere di Saharonim. "Il periodo medio di detenzione dei cittadini stranieri è 521 giorni. Tra loro, c'è un residente del Togo, rinchiuso nel carcere Givon dal 2004. ."Il procuratore generale ha vietato la detenzione dei minori e ,pertanto ,sono stati trasferiti in una struttura diversa. Comunque non c'è spazio a sufficienza per tutti loro. Vivono in una situazione difficile e dormono in tende nel caldo del deserto." Circa 300 prigionieri ,uomini e donne, provengono dall'Eritrea e dal Sudan e non possono essere espulsi" I il governo afferma che sono etiopi)

5 La prigione di Ketziot e i rifugiati sudanesi      SINTESI(solo elementi essenziali)
All'entrata alla tenda si alzai piedi Agnes, una donna sudanese al sesto mese di gravidanza ,con il suo bambino di un anno che non sorride e non grida . Il freddo è intenso e la tenda non offre abbastanza protezione per il vento gelido e per la pioggia,l'acqua calda scarseggia. Gli uomini ,man mano che trovano lavoro escono dal carcere di Ketziot ,ma non le donne e i bambini ,così alcune preferiscono trasferirsi negli accampamenti , pur di vivere con i loro mariti,ma non sempre è così. Il consorte di Agnes è attualmente in un altro accampamento e loro si possono incontrare una volta ogni due settimane per non più di un'ora . Lei è disperata e teme di partorire in carcere
Ci sono 98 bambini attualmente in Ketziot e non ci sono aule, nonostante gli appelli e le disposizioni legislative sull'obbligo scolastico. I volontari e gli impiegati dell'IPS si occupano dei bambini intrattenendoli e insegnando a loro a scrivere e a leggere . Le condizioni di vita per gli uomini sono difficili e umilianti (in ginocchio e proni, per esempio per il conteggio quotidiano) In Israele ci sono state proteste per la conduzione di questa prigione :Yonatan Berman ha l'impressione che si agisca così per scoraggiare altre immigrazione. Alcuni giorni dopo l'inchieata, Agnes è stata liberata ed ora vive nel Nord del paese, si augura che il marito la possa raggiungere 
Haaretz

7   Perduto nel deserto
8   Farmers for slavery - Haaretz Daily Newspaper | Israel News
9  Israele e i profughi del Darfur


10 Rotschild Boulevard – Accogliere i rifugiati significa aiutarli a trovare lavoro  l governo ha finalmente cancellato la norma “Hadera Gedera”, una delle più controverse (e forse anche una delle più inutili) leggi israeliane. Come molti ormai sanno, Israele accoglie un discreto numero di rifugiati del Darfur: persone che sfuggono al genocidio raggiungendo con mezzi di fortuna l’Egitto. In Egitto però la polizia li maltratta, in alcuni casi ha persino aperto il fuoco contro di loro. Di conseguenza i poveretti non hanno altre alternative se non attraversare a piedi il confine del Sinai per raggiungere Israele: “E’ l’unica democrazia che conosciamo” aveva raccontato uno di loro, nel documentario israeliano Asylum City. Qui, si sa, nessuno spara contro i rifugiati.I rifugiati politici, alcuni dei quali sono sotto la protezione dell’Onu, altri del ministero dell’Interno, hanno diritto a rimanere e a lavorare in Israele. Problema: una legge obbligava loro di risiedere a Sud di Gedera o a Nord di Hedera. In altre parole, di stare lontani da Tel Aviv, dove ci sono più posti di lavoro. Organizzazioni israeliane per i diritti civili avevano ripetutamente denunciato come ingiusta questa legge: va bene accogliere le persone in pericolo di vita, ma poi bisogna anche permettergli di trovarsi un lavoro. Infatti molti rifugiati del Darfur ignoravano questa legge, e lavoravano illegalmente a Tel Aviv: spesso le autorità chiudevano un occhio, ma alcune decine di loro sono stati arrestati e incarcerati.Molti israeliani hanno protestato: sono scese in piazza le organizzazioni per i diritti civili, movimenti giovanili ebraici come Hanoar Haoved, insieme a gente comune. L’esecutivo di conseguenza ha deciso di revocare questa legge. Una vittoria per la società civile israeliana.  Anna MomiglianoRotschild Boulevard - Accogliere i rifugiati...

  12  ISRAELE : DALL’AFRICA IN CERCA DELLA ‘TERRA PROMESSA’ 1“In Israele le condizioni di vita di migranti e richiedenti asilo non sono molto diverse tra loro. Entrambi vivono situazioni molto disagiate, non hanno sostegno sociale o sanitario, il che significa che se si ammalano non sono curati e che i loro figli non possono andare a scuola. In definitiva le prospettive migliori sono quelle dei migranti, che possono aspirare a un permesso di lavoro a tempo”: a descrivere alla MISNA la situazione dei migranti e potenziali rifugiati nel paese è Ron Cohen, responsabile della sezione immigrazione dell’organizzazione ‘Physicians for human rights’. “La verità è che il tema dell’immigrazione, che negli ultimi tempi si sta rivelando in tutta la sua complessità anche grazie alle denunce degli attivisti, è diventata il capro espiatorio dei ‘mali’ del paese come l’aumento del costo della vita e la disoccupazione crescente”, spiega il responsabile, definendo “senza senso” le parole del ministro degli Interni Eli Yishai, che ha parlato di una vera e propria “minaccia” per il paese, riferendosi ai migranti che cercano di penetrare illegalmente attraverso la frontiera con il Sinai. Nei giorni scorsi, proprio per contrastare il fenomeno, le autorità di Tel Aviv hanno avviato la costruzione di una barriera di 250 chilometri lungo il confine egiziano. “Una follia, se si tiene contro che in questo paese i richiedenti asilo sono 26.000, i lavoratori migranti 100.000 e gli immigranti senza permesso di soggiorno altri 100.000 – osserva Cohen – cifre che non possono di certo far temere un’invasione e che sono, comunque, molto più basse di quelle che osserviamo in tutti i paesi europei”. Negli anni passati diverse organizzazioni umanitarie hanno lamentato lo sfruttamento e le pessime condizioni in cui molte delle comunità di migranti in Israele sono costrette a vivere. (segue)   “Per comprendere a pieno il paradosso, bisogna tenere conto del fatto che l’immigrazione dall’Africa in Israele coincise con l’avvio, nei primi anni ’90, di una progressiva ghettizzazione della popolazione palestinese che rese necessario l’arrivo di nuova forza lavoro” prosegue il responsabile, per cui oggi “a vent’anni di distanza si cerca di contrastare le conseguenze di quella politica scellerata”. Oltre a numerosi migranti provenienti dal Darfur e dall’Eritrea, quasi 7000 africani avrebbero fatto richiesta di asilo in Israele. Tra questi, ivoriani e congolesi, ma anche nigeriani, togolesi, e maliani. Provenienti da ambienti differenti, tutti seguono lo stesso percorso. Lasciati dai trafficanti a qualche chilometro dalla meta, col rischio di essere intercettati dalla polizia di confine egiziana che ha in compito di sparare a vista. Per quelli che riescono a superare il confine il viaggio si conclude nei campi di Tel Aviv, Beersheba o Ketziot, in pieno deserto del Negev. Assegnata in passato ai detenuti palestinesi, questa prigione è stata trasformata in un centro di detenzione per immigrati clandestini. “È ora che il governo faccia fede ai trattati internazionali e alle Convenzioni e riconosca a coloro che ne hanno diritto lo status di rifugiati” sottolinea Cohen, ricordando che tale approvazione dipende ancora oggi ad analisi sulla sicurezza nazionale, con riferimento al fatto che alcuni paesi africani sono “ostili” alla nazione israeliana. “Fino ad oggi – conclude - questa politica ha portato all’incarcerazione di rifugiati sudanesi, eritrei, inclusi numerosi bambinida Misnahttp://www.misna.it/news.asp?a=1&IDLingua=2&id=284724


13  Israele, lavoratori immigrati sfruttati e vittime di violenze   Gli immigrati stranieri che lavorano nel settore agricolo israeliano vivono in condizioni estremamente disagiate, ben oltre i limiti dello sfruttamento e senza nessuna tutelaAd affermarlo è il rapporto pubblicato recentemente da Kav LaOved, una ong israeliana che si occupa della tutela dei diritti dei lavoratori in Israele e nei Territori palestinesi occupati.Secondo il documento, presentato in questi giorni ai membri della Knesset (il Parlamento di Tel Aviv), il 90 per cento dei lavoratori del settore supera gli orari lavorativi consentiti dalla legge israeliana senza che vi sia alcuna retribuzione del lavoro straordinario.Il rapporto riassume le centinaia di denunce portate dagli operatori agricoli immigrati e i risultati delle decine di ispezioni effettuate dai volontari di Kav LaOved in tutto il PaeseIl disastroso quadro che emerge è quello di un sistema basato sullo sfruttamento e sulle gravi violazioni dei diritti dei lavoratori del settoreHanna Zohar, direttore di Kav LaOved, ha affermato che i lavoratori, in gran parte di origine thailandese, sono completamente all'oscuro dei propri diritti.Secondo Zohar, "dopo aver pagato fra gli 8 e i 10mila dollari per lavorare in Israele, queste persone si trovano alla mercé degli agricoltori, prima per la paura di perdere il posto di lavoro, e poi per la difficoltà a saldare i debiti contratti con gli intermediari”.Buona parte dei lavoratori immigrati, infatti, paga una “tassa di mediazione” compresa tra i 6 mila e i 13 mila dollari per ottenere un visto legaleQuesta pratica è illegale secondo la legge israeliana, ma non c’è un reale interesse da parte dello Stato e delle autorità competenti atto a fermare questa forma di sfruttamentoIl denaro pagato dall’immigrato è solitamente diviso tra i reclutatori, che operano nei Paesi di origine, e i mediatori di lavoro israeliani che si occupano di garantire l’occupazione.La pubblicazione del rapporto stilato daKav LaOved è avvenuta in concomitanza con la campagna di protesta, organizzata dagli agricoltori israeliani, che ha lo scopo di aumentare il numero di permessi assegnati dallo stato per i lavoratori immigratiGli agricoltori hanno organizzato numerose manifestazioni nelle ultime settimane e, in alcune occasioni, ci sono stati violenti scontri con la polizia.Ad oggi sono circa 30 mila gli immigrati che operano nel settore agricolo.  Secondo il monitoraggio effettuato da Kav LaOved e in base ai dati ufficiali del ministero dell'Industria, del Commercio e del Lavoro, buona parte di questi operai provengono dalla Thailandia, dal Nepal, dallo Sri Lanka e dalla Palestina. I lavoratori thailandesi, che spesso provengono dalle zone rurali del Paese, entrano in questo meccanismo attraverso gli intermediari israeliani che spesso operano anche nelle zone più remote ed isolate della Thailandia.Nel corso di alcune visite effettuate da Irin, una agenzia partner delle Nazioni Unite che si occupa di monitorare e compiere analisi relative al rispetto e al mantenimento dei diritti umani elementari, sono emerse condizioni di vita disumane.In una fattoria, per esempio, alcuni lavoratori sono stati obbligati a vivere in un container all’interno di un deposito adibito allo smaltimento delle patate.La pratica di tenere i lavoratori in condizioni di semi schiavitù è meno rara di quello che si crede ed è molto frequente nei casi in cui gli operai non riescono a saldare i debiti contratti con i reclutatori nel proprio Paese.Il portavoce ministero israeliano dell'Industria, del Commercio e del lavoro ha dichiarato che “il dipartimento che si occupa dei lavoratori immigrati sta investigando da tempo sulle agenzie di collocamento private e sulle cooperative edili per prevenire la richiesta di somme superiori a quelle consentite dalla legge, e che nel 2009, decine di licenze sono state revocate".Lo stesso portavoce ha chiesto "a Kav LaOved di collaborare con il procuratore incaricato dei diritti dei lavoratori stranieri, Iris Maayan, e con gli uffici del governo israeliano per lavorare in modo più efficiente. La questione è di enorme importanza per il ministero”.Queste condizioni di estremo stress, in cui sono usuali turni massacranti, spesso intervallati da un solo giorno libero al mese, hanno portato ad avere, dall'inizio del 2009, un tasso del 10 per cento di lavoratori immigrati feriti sul lavoro; una cifra che corrisponde a circa 2.950 operai solo in quest’anno.
14 Israele. Vita grama per i braccianti thailandesi - Terrasanta.net  Non hanno vita facile i quasi 200 mila lavoratori stranieri che l'economia israeliana ha attirato da varie parti del mondo per rimpiazzare la manodopera palestinese estromessa in occasione della prima intifada . Anche quando si tratta di immigrati con regolare permesso, subiscono spesso soprusi non adeguatamente perseguiti dai poteri dello Stato preposti ai controlli (servizi ispettivi dei ministeri competenti, polizia e magistratura).Vai all'articoloIn Inglese
15  ISRAELE: Dove impera il traffico di schiavi  Nel rapporto 2007 del Dipartimento di Stato USA sul traffico di esseri umani, Israele figura al secondo posto. E un tribunale israeliano ha deliberato contro la politica dei visti per lavoro del paese, che costringe i lavoratori stranieri a contratti vincolanti con un solo datore di lavoro. "Israele è passato al secondo posto solo lo scorso anno”, ha dichiarato all’IPS Romm Lewkowicz, portavoce della Hotline di Israele per i lavoratori migranti, un gruppo di difesa dei diritti dei lavoratori stranieri.l Dipartimento di Stato USA suddivide i diversi paesi in tre gruppi: nel primo rientrano i paesi che hanno attuato con successo misure per il controllo del traffico di esseri umani (categoria che comprende la maggior parte dei paesi occidentali). Al secondo gruppo appartengono i paesi che stanno cercando di sradicare questa nuova forma di schiavitù, ma che non hanno raggiunto gli standard richiesti. Il terzo gruppo, infine, include i paesi che non hanno ancora attuato nessuna misura per fronteggiare il problema. Nel 2006, Israele rientrava nella Watch List del Dipartimento di Stato USA per il traffico di persone.“Questa posizione si colloca tra la seconda e la terza categoria. Gli USA applicano sanzioni economiche ai paesi che rientrano nel terzo gruppo, ma date le sue forti relazioni economiche con gli USA, Israele ha ricevuto un avvertimento ed è stato incluso in una categoria un po’ più alta”, ha spiegato Lewkowicz. Il governo di Israele ha anche ricevuto nette critiche dagli USA per la sua politica di visti di lavoro ritenuta costrittiva, che di fatto vincola il lavoratore migrante - soprattutto se proveniente dai paesi in via di sviluppo e dei paesi orientali dell’ex blocco sovietico impiegati nell’industria edilizia, nella manodopera, nei servizi di assistenza domestica e nell’agricoltura - al rapporto con il datore di lavoro menzionato sul visto.“L’emissione di questi visti è soggetta alla condizione che il lavoratore rimanga legato al datore di lavoro dichiarato nel visto; quando questa condizione viene infranta, il lavoratore migrante diventa illegale ed è passibile di espulsione senza possibilità di presentare ricorso in tribunale”, ha spiegato all’IPS Sigal Rosen di Hotline. Questo ha incoraggiato i datori di lavoro senza scrupoli a trattenere i salari e ad estorcerli ai loro impiegati, sapendo di poterli sostituire in qualsiasi momento senza essere penalizzati.Uno dei casi più noti è quello dell’accordo “turchi in cambio di carri armati” (Turks for Tanks) del 2002, grazie a cui l’industria militare israeliana (Ta’as) vendette 200 carri armati alla Turchia per 687 milioni di dollari, in uno dei più grandi accordi di esportazioni di armi del paese. Il patto prevedeva la concessione di 800 permessi ad altrettanti lavoratori turchi da impiegare nell’edilizia in Israele, collocati dall’agenzia di lavoro turca Yilmazlar. Uno dei lavoratori contrattati da Yilmazlar, Shaheen Yelmaz, è arrivato in Israele nel 2006, sperando di poter aiutare il padre a saldare i suoi forti debiti, e avendo ricevuto la promessa di un buon posto di lavoro in Israele, per 1.400 dollari al mese - una fortuna per gli standard della Turchia, che registra alti tassi di disoccupazione. Al suo arrivo, il lavoro che Yelmaz sognava si è trasformato in un incubo: passaporto e telefono cellulare gli sono stati sequestrati, ed è stato alloggiato insieme ad altri lavoratori turchi in condizioni pessime.”La sera non potevamo lasciare il posto di lavoro; ci facevano uscire solo nel nostro giorno libero. E non ci hanno pagato per i primi tre mesi”, ha raccontato Yelmaz all’IPS. L’ambasciata turca non è voluta intervenire, per i forti interessi nell’accordo con Israele. Yelmaz e le altre persone assunte con lui, quasi tutte con uno scarso livello di istruzione, sono state costrette a firmare alcuni documenti in bianco prima di lasciare la Turchia, che garantivano la loro dipendenza da Yilmazlar.”Il nostro datore di lavoro israeliano ci ha anche detto che se non eravamo soddisfatti potevamo licenziarci. La polizia ci avrebbe arrestato come illegali e saremmo stati espulsi”, ha proseguito Yelmaz. In seguito a una serie di casi analoghi, Hotline e altre organizzazioni israeliane per i diritti umani hanno presentato un’istanza alla Corte Suprema di Israele. Il tribunale ha riconosciuto l’iniquità del sistema, ma ha sentenziato che il contratto di Yilmazlar con l’industria della difesa di Israele rappresentava un caso unico, e che il contratto dell’impresa con Israele era limitato. Ma nel 2006 la Corte aveva dichiarato illegale la politica restrittiva dei visti di Israele, e ordinato allo stato di proporre un'alternativa. Ma secondo Rosen, lo stato non avrebbe ancora dato una risposta definitiva. Yelmaz è stato quindi deportato in Turchia, con 15mila dollari di debiti, e il contratto di Israele con Yilmazlar è stato rinnovato. “Mentre la situazione dei lavoratori vincolati rimane grave, il traffico di donne bianche è in qualche modo migliorato”, ha commentato Lewcowicz all’IPS.“Da quando il Dipartimento di Stato Usa ha inserito Israele nella sua Watch List nel 2006, è sceso il numero delle vittime del traffico di donne, che adesso è stato dichiarato illegale”.”Per di più, oggi il governo garantisce alle prostitute un visto di riabilitazione di un anno. Anche se, a causa della burocrazia, la concessione di questi visti è spesso problematica”, ha spiegato Lewcowicz.Sono sorti anche nuovi problemi. “Israele non è più soltanto un importatore, ma è anche diventato un esportatore di prostitute. Lo scorso anno abbiamo scoperto un nuovo business in cui donne israeliane vengono mandate in Gran Bretagna e Irlanda per lavorare nell’industria del sesso”, ha segnalato.La prostituzione è anche diventata clandestina in Israele. “Prima veniva esercitata apertamente per le strade, mentre adesso molti sono tornati a lavorare negli appartamenti privati, in seguito all’azione repressiva di polizia e governo sul traffico”, ha proseguito Lewcowicz. Secondo la Task Force on Human Trafficking (TFHT) con sede a Gerusalemme, circa mille delle 10mila prostitute stimate in Israele sono minorenni. Gli immigrati provenienti dai paesi dell’ex blocco sovietico, coinvolti nella mafia russa, gestiscono circa il 20 per cento del commercio, mentre il restante 80 per cento è israeliano, ha detto il portavoce di Hotline.Il rapporto “Analisi sul terrorismo globale” pubblicato dalla Jamestown Foundation di Washington dichiara che molte delle donne vittime del traffico vengono introdotte clandestinamente dal Sinai egiziano dai beduini, coinvolti anche nel contrabbando di armi. L’industria si è rivelata molto redditizia per i trafficanti di esseri umani, laddove il guadagno per ogni donna venduta in Israele è tra i 50mila e i 100mila dollari. Ma anche lo stato ottiene profitti rilevanti dal traffico di schiave bianche, secondo Hotline.I fornitori di servizi, come gli autisti di taxi che trasportano le prostitute, gli avvocati che rappresentano i clienti, i locatori che affittano i locali per i bordelli, pagano tutti le imposte sul reddito, che vanno a finire nelle casse dello stato. Per non parlare dei casi dei funzionari di polizia corrotti che fanno la loro parte incassando bustarelle. (FINE/2008) 
16  Israele: migranti eritrei creano un sindacato e chiedono diritti e lo status di rifugiati politici  Sintesi personale
Gli immigrati clandestini ,provenienti dall'Eritrea, hanno formato un sindacato per contrastare  le decisioni del  governo israeliano in materia di immigrazione." L'opinione pubblica israeliana  pensa che siamo pericolosi criminali ,che  ci ubriachiamo  e rubiamo , ma la realtà è completamente diversa", ha detto Haile Mengistem, un avvocato ,arrivato in Israele  un mese fa.  "Io non sono riuscito a trovare lavoro per sei mesi,  la situazione diventa sempre più  pesante " ha detto un partecipante all'incontro organizzato dai  migranti -" Noi ci aiutiamo  l'un l'altro all'interno della comunità, ma  molti  stanno  perdendo il lavoro  e questo rende tutto più difficile. Abitiamo, anche in 13 ,in un monolocale   e tra un po' non ci potremmo permettere neanche  questo. Viviamo con la  paura del futuro e molti sono  depressi."'Un 'unica donna  frequenta  il  sindacato. E'   da tre anni  in  Israele ed è stata sfrattata senza preavviso :  "Anche se ho firmato un contratto di locazione, il proprietario dell'appartamento mi ha intimato di lasciare l'appartamento entro 4 giorni . Gli ho risposto  che non potevo, così mi ha tolto la corrente elettrica. Non ho un frigorifero.  Ho paura del buio  ed  incomincia a far freddo   .Ora mi ha permesso di rimanere fino alla fine del mese", ha aggiunto."Io davvero non so dove andrò e cosa farò"
Secondo Mengistem, il sindacato degli immigrati si concentra sugli aspetti giuridici della loro situazione: "Siamo rifugiati : vivere nel nostro paese è pericoloso . Siamo  venuti qui sapendo che Israele è uno Stato democratico e, pertanto,  eravamo convinti che ci avrebbe garantito protezione. . In realtà, qui la gente vive in condizioni di povertà e di vergogna. Se la situazione persiste ,  alcuni di noi potrebbero  scegliere l'alcol   e la violenza" .Mengistem ha definito prioritari  due obietti  : ottenere diritti e ricevere i visti per lavorare e vivere con  dignità."C'è la criminalità nella nostra comunità - ma  esiste in ogni comunità, anche in quella israeliana . Voglio collaborare con la polizia per arginare questo fenomeno."  I  medici   dell'organizzazione Physicians for Human (gestiscono una clinica  a Jaffa)  denunciano  che la situazione di costante incertezza  ha ripercussioni negative sulla    salute degli immigrati  :  42% i ricoverati  a Dicembre , 38% a  ottobre e il 29% a  settembre. "Le persone senza lavoro  perdono la loro assicurazione  sanitaria  e si rivolgono a noi", ha precisato il coordinatore della clinica, Shahar Shoham. "Queste persone sono fuggite dai loro  paese,  qui non possono lavorare, vivono in strada,  ciò  è demoralizzante e frustrante"."La non conoscenza della lingua impedisce di ottenere informazioni accurate  e si trovano in una sorte di limbo" ha dichiarato Aziz, una suora che aiuta i rifugiati. "Loro non leggono i giornali o guardano  la televisione. Ricevo continuamente  telefonate da persone spaventate che  chiedono  se so cosa sta succedendo".
Migrants unionize, demand refugee status 


17  Haaretz: la legge contro gli immigrati clandestini e i richiedenti asilo politico  è una vergogna   Di tutte le leggi antidemocratiche  approvate, forse ,questa è la  più vergognosa .Si   prevede anche una pena fino a 15 anni di prigione per le persone che organizzano il passaggio di clandestini o fanno traffico di armi, di droga o di donne, secondo il testo pubblicato sul sito web della Knesset.  D'ora in poi  chi entra  illegalmente in Israele può essere imprigionato per tre  anni  senza  processo e senza alcuna distinzione tra i richiedenti asilo e coloro che sono emigrati in cerca di  lavoro . Il fatto che la legge originaria del 1954  fosse stata emanata per impedire   ai palestinesi  di tornare nelle  loro abitazioni , anche solo per recuperare alcune delle loro cose  dopo la guerra del 1948, sottolinea solo la sua problematicità. Se durante i primi anni dello Stato israeliano  è stato in qualche modo possibile accettare una simile legge draconiana,  è intollerabile nel 2012 condannare a pene detentive così lunghe  persone che non rappresentano una minaccia effettiva  alla sicurezza.Il problema  deve essere risolto in altri modi. Israele ha il diritto di chiudere le frontiere e impostare la propria politica di immigrazione, come le nazioni più sviluppate del mondo. Ma non ha il diritto di imprigionare persone  ,soprattutto,  se richiedono  asilo politico.  Lunedi 'una legge sciovinista  e  inutile è stata aggiunta  al codice legale di Israele


.Israele e i profughi del Darfur




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