Islamismo: perché l’Occidente non riesce a comprendere



“L’Occidente è a disagio nei confronti dell’Islam”, osservava un collega della BBC molto prima dell’11 settembre. Il comunismo, dopotutto, ha avuto origine all’interno della tradizione intellettuale occidentale. L’Islam, al contrario, è esterno e minaccioso.Il nostro errore è vedere l’Islam come qualcosa di monolitico. Pensiamo che il marchio saudita sia la norma – come se tagliare mani, impedire la costruzione di chiese, e negare alle donne il diritto di guidare, sia la norma nel vastissimo mondo islamico. Dopo trent’anni di esperienza viaggiando nel mondo arabo – la maggior parte dei quali in qualità di specialista regionale per il World Service della BBC – rimango ancora costantemente sorpreso da quanti modi di essere musulmano esistano nel mondo moderno.Non essere riusciti a comprendere la straordinaria varietà all’interno dell’Islam ha ostacolato i nostri sforzi di capire l’islamismo – il fatto che esso identifica non solo una religione, ma anche un’ideologia. L’islamismo è, all’origine, una reazione alla potenza occidentale. Non fu infatti per caso che l’archetipo del movimento islamista (i Fratelli Musulmani) nacque nell’Egitto britannico. Il suo fondatore, un giovane insegnate di scuola di nome Hasan al-Banna, sosteneva che i musulmani stessero combattendo una battaglia su due fronti – una battaglia interna per rinnovare la fede, ed una esterna per spingere gli stranieri ad abbandonare le terre musulmane. Nella sua mente, le due battaglie erano collegate. “Espellete l’imperialismo dalle vostre anime”, dichiarò, “ed esso lascerà le vostre terre”Al-Banna concepiva l’Islam essenzialmente come un movimento sociale. Il suo successore come ideologo dei Fratelli Musulmani, Sayyid Qutb, lo vedeva come una lotta rivoluzionaria non solo contro l’Occidente, ma contro quelli che egli denunciava come i regimi apostati del mondo musulmano. Qutb fu impiccato in una prigione egiziana nel 1966, divenendo così il primo importante martire dell’islamismo, ed un modello per Bin Laden e tutti i jihadisti di oggi.
Ciò che ha portato l’islamismo ad essere un vero e proprio fenomeno è stata l’incidenza della geopolitica. Due eventi ebbero luogo nel 1979 – la rivoluzione di Khomeini che rovesciò lo Shah dell’Iran, e l’invasione sovietica dell’Afghanistan – radicalizzando ed internazionalizzando l’islamismo sia nella sua forma sunnita che sciita.Il paradosso dell’islamismo è quello di aver attratto la base della popolazione, senza però riuscire, nella maggior parte dei casi, ad arrivare al potere, dimostrandosi più efficiente come strumento di protesta che non come strumento di governo.Gruppi simili ad al-Qaeda, che hanno saputo fare un abile uso di internet, hanno sviluppato una retorica basata sull’umiliazione. Il loro messaggio ai musulmani è semplice: guardate in giro per il mondo e vedrete innumerevoli conflitti in cui i vostri correligionari si trovano a combattere, invariabilmente dalla parte perdente. Da ciò deriva l’idea che la umma – la comunità mondiale dei fedeli – sia sotto assedio, e che ogni musulmano che ne ha la possibilità abbia il dovere di accorrere in sua difesa.Secondo questa descrizione storica, alla violenza aggressiva dell’Occidente bisogna rispondere con la violenza difensiva del mujahid, il guerriero sacro. Il jihad non è solo giusto; lava la macchia dell’umiliazione. L’idea – espressa recentemente da Farid Zakaria su Newsweek – che questa retorica abbia perso la sua forza, e che al-Qaeda abbia perso la sua battaglia ideologica mi sembra in effetti illusoria.Molti dei discorsi attorno all’esigenza di “accattivarsi i cuori e le menti” dei musulmani sono superficiali e fuorvianti. La questione è spesso vista, soprattutto negli Stati Uniti, come una faccenda di pubbliche relazioni – come se l’America avesse un problema di immagine nel mondo musulmano e i dollari potessero procurargliene una migliore. Oppure viene vista, in maniera semplicistica, come il problema di sostenere “i musulmani buoni” e colpire “i musulmani cattivi”. Senza una migliore comprensione dell’islamismo e dei motivi del malcontento che ne è alla base, la battaglia per accattivarsi i cuori e le menti dei musulmani sarà perduta.
Roger Hardy è stato analista di affari islamici e mediorientali per il BBC World Service per circa 25 anni; è autore del libro “The Muslim Revolt: A Journey through Political Islam”
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