Aijaz Zaka Syed La fobia dell’Eurabia




Scendete alla Stazione Sud di Bruxelles e vi ritroverete indietro nel tempo, in un’altra realtà che in questa parte del mondo appare esotica, ma non fuori posto.Questa è la principale stazione ferroviaria che collega la capitale del Belgio a Parigi, a Londra (grazie ai treni Eurostar) e al resto dell’Europa. Circa due anni fa, visitando la sede centrale dell’Unione Europea si rimaneva piacevolmente sorpresi dalla vista di tutti quei ristoranti che offrivano cibo “halal” e di maturi uomini arabi e turchi che gustavano la loro tazza di forte caffè turco e persino un’occasionale shisha al bar sulla strada. Questo luogo è il cuore dell’Europa, la sede del Parlamento Europeo, e forse la capitale dei futuri Stati Uniti d’Europa. Bruxelles, con arabi e musulmani che vivono e lavorano nella città europea per antonomasia, sta assomigliando sempre più a Beirut, Istanbul o a qualsiasi altra grande città del Medio Oriente. Con la sua società abbondantemente multiculturale e una crescente popolazione araba e musulmana arrivata per la maggior parte negli anni ‘50 e ‘60 per lavorare nelle sue miniere, Bruxelles rappresenta forse uno degli esempi più elevati di multiculturalismo europeo e di tolleranza verso la diversità. E non si tratta solo di Bruxelles. Scene come queste stanno diventando sempre più comuni in tutt’Europa, da Londra a Parigi, e da Berlino a Copenaghen, fino ad Amsterdam. Di recente, le cose stanno però cambiando, e cambiano velocemente. Da poco, i deputati belgi hanno votato a favore del divieto del velo islamico proprio mentre i loro omologhi nelle vicine Francia e Italia stanno elaborando i propri provvedimenti per ‘contrastare l’Islam’.La Francia di Sarkozy ha già messo al bando il velo nelle scuole e adesso sta minacciando di arrestare e punire coloro che “costringono le donne” a indossare il hijab. Alcuni mesi fa la Svizzera, il paradiso delle Alpi che Hemingway scelse come sfondo della sua intensa e bella storia d’amore, “Addio alle armi”, sorprese il mondo imponendo un bando assoluto sui minareti, che alcuni gruppi politici denigrarono rappresentandoli come missili. Cosa succede? Cosa mai sta accadendo al continente che crede ciecamente nei diritti umani, nella libertà di culto e nella volontà e nella libertà individuale?Tre anni fa, quando in Danimarca apparvero le squallide vignette tristemente note, ci convincemmo che si trattava solo di un vignettista folle la cui vena creativa era andata troppo oltre. Pensammo che l’episodio non rappresentasse il pensiero e l’atteggiamento della restante Europa liberale e ampiamente multiculturale. Ma aumentano i segnali che indicano che non è solo una frangia insignificante e fanatica a essere ossessionata dall’imminente minaccia dell’Eurabia.
E’ sconvolgente l’ipocrisia di tutto questo dibattito attorno al velo. Mentre l’intellighenzia del sistema e dei media prende alla leggera la completa nudità esibita per le strade e il sesso sulle spiagge in nome dell’arte e della libertà individuale, una donna viene condannata in quanto ‘pericolo chiaro e effettivo’ per la società se decide di coprirsi la testa o il volto. Qualche anno fa, una squadra di calcio femminile dell’Australia, chiamata the Matildas, confezionò il proprio calendario che “non lasciava nulla all’immaginazione” e vendette con successo ogni copia a 20 dollari. Naturalmente, fu accolto con “vero spirito sportivo” dai generosi australiani e dal resto del mondo. Ogni tanto, alcuni fra i più acclamati fotografi e artisti europei spendono un po’ del loro tempo libero per immortalare folle di uomini e donne completamente nudi in nome di qualche buona causa. Per tutto il continente si può comprare e vendere sesso come caramelle ad un bancone, senza che nessuno batta ciglio. Perciò le continue restrizioni europee e il ‘codice d’abbigliamento’ per le donne musulmane sono un po’ difficili da digerire, e sanno di doppiezza. Ma, piuttosto che con l’imperialismo culturale (di cui pur si tratta), credo che questo fenomeno abbia a che fare con la crescente islamofobia dell’Occidente e con i pregiudizi degli speculatori dell’Eurabia, come li ha definiti Pankaj Mishra in un acuto articolo sul Guardian, l’anno scorso.Ultimamente, i media europei sono in continuo fermento con la storia dell’ ‘arrivano i musulmani’ e della ‘bomba a orologeria demografica’ che potrebbe trasformare l’Europa nell’Arabia Saudita o nella cosiddetta Eurabia. Negli ultimi due anni siamo stati inondati da libri che mettono in guardia a squarciagola contro l’incombente ‘spettro dell’Islam’ il quale, sostengono, farà dell’Europa un califfato islamico. Alcuni di essi suggeriscono pure la soluzione: tenere i musulmani fuori dall’Europa, a ogni costo! Esaminiamo questa proposta agghiacciante dell’autore canadese Mark Steyn, tratta dal suo libro ‘America Alone: The End of the World as We Know It’: “In un’epoca democratica non puoi evitare la crescita demografica, tranne che con la guerra civile. I serbi l’hanno capito, ed altri nel Continente lo capiranno più avanti; se non puoi riprodurti più del nemico, uccidilo.” L’intellettuale americano conservatore Christopher Caldwell, nel suo ‘Reflections on the Revolution in Europe: Can Europe be the Same with Different People in it?’, paragona la minaccia musulmana per l’Europa alla situazione in Russia alla vigilia della Rivoluzione bolscevica del 1917. “Semmai, c’erano probabilmente meno bolscevichi in Russia nel 1917 che islamici in Europa oggi,” scrive Caldwell mettendo all’erta l’Europa sulla possibilità di perdere contro i musulmani in quello che chiama “uno scontro di civiltà”. La cosa davvero allarmante è che questo tossico veleno antimusulmano non è più solo la miscela offerta dai neocon e dagli stupidi sostenitori della supremazia bianca, ma sta diventando velocemente il punto di vista e la retorica della maggioranza su entrambe le sponde dell’Atlantico. Questa visione del mondo considera ogni arabo e musulmano come un ‘nemico terrorista’ o come potenzialmente tale. Le guerre americane in Iraq, Afghanistan e Pakistan, e la persecuzione contro i palestinesi, che alimentano la rabbia dei musulmani nel mondo, non stanno aiutando nemmeno. Ma non importa quello che arroganti come Mark Steyn, Christopher Caldwell e Bruce Bawer – il cui ultimo libro ‘Surrender: Appeasing Islam, Sacrificing Freedom’ è stato raccomandato dal New York Times in quanto fondamentale “appello al risveglio” dell’Occidente – vorrebbero fare con i 53 milioni di musulmani dell’Europa o con quelli degli Stati Uniti; questi ultimi non hanno nessuna intenzione di andarsene. In realtà, in futuro potrebbero solo aumentare, arrivando in massa da tutto il mondo come fanno già ora: dalle zone impoverite dell’Asia, dell’Africa e del Medio Oriente. Che le piacciano o che li odi, l’Europa deve imparare a convivere con i suoi musulmani; e lo stesso vale per i musulmani, che devono mostrare il volto reale e umano della loro fede al mondo. Comunque la pensino i leader europei, essi non possono respingere i loro immigrati e i nuovi arrivati. Soprattutto in un momento in cui il vecchio continente con la sua popolazione in calo ha urgentemente bisogno di forze, capacità e idee nuove. In effetti l’Europa sta attirando giovani con menti fresche da ogni parte, e ne ha bisogno, per rinnovarsi e rinvigorirsi. Altrimenti il continente che ha dominato il mondo negli ultimi cinque o sei secoli affronterà un futuro cupo e incerto. Inoltre, c’è una sorta di giustizia poetica, o di deliziosa ironia della storia, se volete, in tutto questo. La maggior parte di coloro che stanno invadendo o invaderanno l’Europa, trasformando il suo profilo per sempre, vengono dalle terre e dai paesi che erano stati colonizzati, saccheggiati e brutalizzati dalle potenze coloniali fino al secolo scorso. Chiaramente, l’Impero sta subendone le ripercussioni. Il passato dell’Europa sta andando incontro al suo presente e al suo futuro.
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