Gerusalemme : L’apartheid stradale di Israele di Mya Guarnieri


Mahmoud Alami, un tassista di Gerusalemme, conosce la città come il palmo della sua mano. Conosce i quartieri, le strade. E conosce i semafori. Ce n’è uno in particolare che lo disturba, non professionalmente, ma personalmente. Si trova tra Beit Hanina, un quartiere palestinese, e Pisgaat Zeev, un insediamento ebraico.
“Resta verde [per i coloni] per cinque minuti. Ma per entrare e uscire da Beit Hanina? Solo due o tre auto possono passare”, dice Alami. “E’ troppo breve. Provoca un sacco di traffico”.
Al-Jazeera ha rilevato che i semafori che portano agli insediamenti e ai quartieri ebraici rimangono verdi per una media di un minuto e mezzo. Per le zone palestinesi, la durata è di 20 secondi. Un semaforo nella Gerusalemme Est a predominanza araba è verde per meno di 10 secondi. “[I palestinesi] sono bloccati “, dice Amir Daud, un altro tassista. “E’ una situazione molto brutta per la gente”
Gli ingorghi sono solo uno dei tanti problemi che affliggono le infrastrutture e i servizi nelle zone palestinesi di Gerusalemme. Le strade hanno una scarsa manutenzione. Sono strette e accidentate, piene di crepe e di buche. I segnali stradali e i marciapiedi sono quasi inesistenti. I contenitori per la spazzatura sono solitamente in comune e spesso sono troppo pochi per soddisfare le esigenze del quartiere. I pedoni, costretti a camminare sul ciglio della strada, procedono a stento attraverso l’immondizia.I quartieri e gli insediamenti ebraici, d’altra parte, sono puliti e ordinati. Marciapiedi e rotatorie tengono i pedoni al sicuro; le strade sono ben segnalate, alcune con segnali luminosi. La maggior parte degli edifici hanno un bidone della spazzatura, e le strade sono libere dai rifiuti. In una zona ebraica, uno spartitraffico erboso è adornato con un assortimento di sculture decorative – ritraggono bambini che giocano, tirano calci a un pallone, e vanno in bicicletta.
Nisreen Alyan, un avvocato presso l’Associazione per i Diritti Civili in Israele (ACRI), ha recentemente presentato una petizione per protestare contro l’assenza della raccolta dei rifiuti nel quartiere palestinese di Tsur Baher, situato a Gerusalemme Est. Nonostante una popolazione di 20.000 persone, solo 12 strade ricevono il servizio.
Ciò influisce sia sulla salute che sulla qualità della vita, spiega Alyan. I cani randagi, alcuni malati di rabbia, sono attratti dai mucchi di spazzatura. I residenti sono stati attaccati dagli animali. E ora i bambini hanno paura di andare fuori.
“Non ci sono giardini pubblici per loro, non hanno niente”, dice Alyan. “Così queste strade diventano l’unico posto per le auto, per i bambini, per la spazzatura, per i cani, per tutto”.
La petizione che l’ACRI ha presentato chiede al comune di farsi carico delle proprie responsabilità legali, “niente di meno, niente di più”, dice Alyan. “[Questo] significa che devono riconoscere [agli abitanti] il diritto alle strutture igienico-sanitarie”. Alyan ha informato il comune dei problemi di Tsur Baher anche in passato. Ma la municipalità sostiene di non poter servire tutto il quartiere perché i camion della nettezza urbana non possono manovrare nelle strade strette. Alyan ricorda però che questo non dovrebbe essere un ostacolo. Il comune ha trovato soluzioni creative in altre parti di Gerusalemme.Quando al-Jazeera ha presentato un elenco dettagliato delle differenze tra i quartieri ebraici e arabi del comune di Gerusalemme, il portavoce del comune ha negato questi dati.
Ma, parlando in condizione di anonimato, un ex dipendente del comune di Gerusalemme ha confermato che vi è una discriminazione a livello di bilancio. Il dipartimento dello sport offre l’esempio più drammatico – solo lo 0,5% dei fondi sono assegnati ai quartieri palestinesi. L’ altro 99,5% va a zone ebraiche.
Le strade di Tsur Baher costituiscono un problema, spiega un residente. Non ce ne sono a sufficienza.
Mentre la maggior parte dei quartieri palestinesi sono soggetti a restrizioni edilizie, Tsur Baher è uno dei pochi che è libero di costruire. Gran parte della sua terra è stata espropriata da un insediamento vicino, Har Homa; parte si trova dall’altra parte del muro di separazione israeliano, e non ci sono infrastrutture per raggiungere ciò che è rimasto.
La mancanza di strade significa anche che i servizi di emergenza non possono accedere a tutte le parti del quartiere. Alcuni bambini sono morti in un incendio domestico. E a causa di un ordine della polizia che vieta alle ambulanze di entrare nei quartieri palestinesi senza la scorta della polizia, sono morti mentre aspettavano le cure mediche.
“Il problema è che i poliziotti non arrivano in tempo”, dice un residente. ” L’ambulanza si ferma e aspetta all’ingresso del quartiere per mezzora…. alcune persone sono morte in questa situazione”. “[L’ACRI sta] attualmente scrivendo un’altra petizione al riguardo”, aggiunge Alyan.
A una domanda sui semafori di Tsur Baher, Alyan risponde che non ve ne sono.
Preoccupandosi per la sicurezza dei bambini, i residenti hanno racimolato i soldi per aggiungere dei dossi per limitare la velocità nelle strade. In altri quartieri, i palestinesi hanno raccolto i fondi per pagare la raccolta dei rifiuti e la pulizia delle strade. E questo dopo aver pagato le tasse. Siccome oltre il 90% dei palestinesi di Israele vive in città separate dalla popolazione ebraica, molti ebrei israeliani giustificano le differenze esistenti tra le aree arabe e quelle ebraiche tirando fuori l’argomento della “povertà” o della “cattiva gestione” dei comuni arabi. Sono poveri, dunque le loro città sono povere. Gli arabi non pagano molte tasse, o non pagano tasse a sufficienza, o non le pagano affatto – sostengono gli ebrei israeliani – così i loro villaggi non possono permettersi gli stessi servizi di cui godono loro.Ma questo ragionamento crolla miseramente a Gerusalemme, una città in cui le aree palestinesi si alternano a quelle ebraiche. E a Nof Tzion (Vista di Sion), un insediamento ebraico situato nel bel mezzo di Jabel Mukhaber, un quartiere palestinese, le differenze sono lampanti
“Per anni, [Jabel Mukhaber] non ha avuto una strada principale”, dice Alyan. “Solo dopo aver costruito Nof Tzion, [il comune] ha costruito una strada molto bella con la pavimentazione e l’illuminazione”. Ma la strada muore subito dopo Nof Tzion. Diventa accidentata, sprofonda nella ghiaia e poi nella sporcizia, per i palestinesi. L’argomento dei “comuni poveri” non regge a Gerusalemme per un altro motivo. Per i palestinesi della città, che hanno solo la residenza e non la cittadinanza, pagare le tasse è tremendamente importante. “Se non paghi le tasse, non avrai alcuna prova che Gerusalemme Est è il centro della tua vita, e se non puoi dimostrarlo, perderai la residenza”, spiega Alyan. Questo significa che si diventa apolidi, rifugiati.“Prima di trovare i soldi per sfamare i loro figli, [i residenti palestinesi di Gerusalemme] pagano le tasse”, dice Alyan. Tsur Baher, insieme con il vicino quartiere di Umm Tuba, paga circa 7 milioni di dollari in tasse ogni anno per un comune per il quale i suoi residenti non possono votare. I residenti di Gerusalemme Est dicono ad Alyan che vogliono soltanto che il governo investa nei loro quartieri ciò che loro hanno versato in tasse.
Yousef Jabareen, il direttore di Dirasat-Arab Centre for Law and Policy, spiega che i servizi pubblici sono finanziati anche a livello nazionale. Questo è un altro punto di disuguaglianza. Jabareen fa riferimento al programma di “priorità nazionale” che ha dato incentivi economici ad aree selezionate dal governo. Quando il programma è stato introdotto nel 1998, 500 città ebraiche hanno ottenuto lo statuto di priorità nazionale. Sebbene i palestinesi rappresentino quasi il 20% della popolazione di Israele, e la metà dei poveri del Paese, solo quattro villaggi arabi sono stati selezionati. “E’ stato un classico esempio di come la ripartizione delle risorse pubbliche sia discriminatoria”, dice Jabareen, aggiungendo che gravi ineguaglianze possono essere trovate anche nel sistema statale dell’istruzione. Ogni cosa – dalle cattive condizioni delle infrastrutture alla mancanza di servizi pubblici – contribuisce a lasciare ai palestinesi la sensazione di essere respinti ed emarginati, dice Jabareen. “E’ una sensazione di frustrazione e di non appartenenza …. il fatto che il governo e lo Stato ti stanno escludendo ed emarginando, e non sei considerato da pari a pari”. Le disparità nei quartieri di Gerusalemme e le differenze nell’erogazione dei finanziamenti in tutta la nazione equivalgono a una forma di apartheid? “In alcune zone è possibile individuare alcune caratteristiche di apartheid che dovrebbero sollevare molte preoccupazioni per il futuro”, commenta Jabareen.

Un giovane ebreo israeliano, fresco di servizio militare, semplicemente commenta: “E’ una sorta di guerra psicologica. L’idea è di spingere [i palestinesi] ad andarsene”.
L’apartheid stradale di Israele

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