L’ingresso di Israele nell’OCSE compromette i principi dell’organizzazione



’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), uno dei club più prestigiosi del mondo economico, è stata fondata nel 1961. Essa conta attualmente 31 Stati membri: la maggior parte degli Stati dell’UE ed altri paesi sviluppati, inclusi gli Stati Uniti. Attualmente, i membri dell’organizzazione rappresentano il 60% della ricchezza globale.
Il suo coinvolgimento nella distribuzione degli aiuti del Piano Marshall, per implementare la quale fu fondata l’organizzazione che l’ha preceduta – l’Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica (OECE) – l’ha esposta alle critiche. Nella sua carta, l’OCSE afferma che essa ‘riunisce i governi dei paesi impegnati a favore della democrazia e dell’economia di mercato’ allo scopo di ‘aiutare i governi e la società a sfruttare appieno i vantaggi della globalizzazione, affrontando le sfide economiche, sociali e di governo che l’accompagnano’. Si stabilisce che suoi valori siano ‘il rispetto dei diritti umani’,'l’impegno a favore della democrazia’ e il ‘principio delle Nazioni Unite’.
Anche se l’OCSE è stata a lungo criticata per il suo impegno a supporto dell’egemonia statunitense nell’arena economica, essa non aveva mai violato in maniera così sfacciata i propri principi fondamentali, nonché il diritto internazionale.
Il 10 maggio scorso, i 31 membri dell’organizzazione hanno votato a favore dell’adesione di Israele, che cercava di entrare nell’OCSE da circa 20 anni. A causa delle eclatanti violazioni dei diritti umani compiute da Israele e del suo atteggiamento bellicoso nei confronti dei palestinesi e di altri paesi vicini, l’OCSE aveva ritardato l’ammissione di Tel Aviv in questo club esclusivo.
Tuttavia, l’OCSE ha recentemente modificato la sua posizione e ha concluso il processo per l’ammissione di Israele. Il 27 maggio, i ministri dei paesi membri hanno firmato i documenti ufficiali e Israele è diventato uno Stato membro dell’organizzazione insieme alla Slovenia e all’EstoniaNon vi è alcun beneficio immediato di cui Israele possa godere in seguito alla sua adesione. Tuttavia, vi saranno vantaggi a lungo termine per l’economia di Israele e, naturalmente, un’iniezione di fiducia. E’ molto probabile che, a seguito di questa adesione, l’affidabilità creditizia (rating) di Israele verrà innalzata. Di conseguenza, sarà più facile per le aziende israeliane raccogliere fondi e ottenere sovvenzioni. La scelta di tempo per la concessione dell’adesione è particolarmente significativa per Israele, in quanto giunge in un momento in cui Tel Aviv aveva cominciato ad avvertire la pressione della campagna internazionale di boicottaggio economico.
Da questo punto di vista, l’adesione ha deliziato il ministro delle finanze israeliano Yuval Steinitz. Egli ha dichiarato in un’intervista radiofonica: è “un successo storico … perché dà legittimità a Israele come paese avanzato e sviluppato”. Purtroppo, l’adesione non si limita a dare legittimità alle prospettive economiche di Israele. Essa ha anche dato legittimità all’occupazione illegale delle terre palestinesi e delle alture del Golan, ed alla creazione/annessione degli insediamenti ebraici. Inoltre ha dato legittimità al regime di apartheid che è stato ferocemente discriminante nei confronti dei palestinesi.
Un noto ed esperto avvocato di diritto internazionale , Guy S. Goodwin-Gill dell’Università di Oxford, aveva presentato il suo parere legale all’OCSE, nel tentativo di mettere in guardia contro le terribili conseguenze dell’ammissione di Israele all’OCSE. Egli aveva affermato che l’adesione di Israele “solleva gravi preoccupazioni giuridiche per tutti gli Stati che aderiscono” a grandi convenzioni internazionali, comprese la Quarta Convenzione di Ginevra del 1949, la Convenzione dell’Aia, il regolamento del 1907 e, ovviamente, il diritto internazionale consuetudinario in materia di occupazione. Inoltre, Goodwin-Gill ha avvertito che gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia sulle conseguenze legali della costruzione del muro nel territorio palestinese occupato. L’OCSE non ha riservato alcuna attenzione agli ammonimenti di Goodwin-Gill e di molti attivisti e ONG di tutto il mondo che hanno portato avanti una campagna contro l’ammissione di IsraeleLe statistiche israeliane che sono state presentate all’OCSE includono i coloni israeliani in Cisgiordania e sulle alture del Golan ed escludono la popolazione palestinese. Questo senza dubbio rappresenta una violazione delle politiche dell’UE in quanto questi insediamenti non sono riconosciuti dal diritto internazionale.Prima dell’annuncio dell’adesione di Israele, un rapporto confidenziale successivamente trapelato ha mostrato che l’OCSE ha chiesto ad Israele di includere sia i palestinesi che i coloni della Cisgiordania, o in alternativa di non includere né gli uni né gli altri. La stessa richiesta è stata fatta anche per le alture del Golan. Tuttavia, secondo lo stesso documento, questo problema non è stato considerato un ostacolo all’adesione di Israele all’OCSE. La soluzione proposta ha concesso a Israele di presentare i dati richiesti un anno dopo il proprio ingresso nell’OCSE. Ciò significa che, in qualità di membro a pieno titolo, Israele avrà il potere di veto sulle richieste dell’OCSE, e potrà così evitare di presentare statistiche aggiornate sulla Cisgiordania e sulle alture del Golan.
Shir Hever, un economista residente a Gerusalemme, aveva smascherato in precedenza l’imbroglio politico che l’OCSE e Israele stavano compiendo nel processo di adesione. Egli ha rivelato che l’OCSE ha omesso i quattro milioni di palestinesi che vivono sotto la spaventosa occupazione israeliana, ed ha accettato che la popolazione di Israele venisse stimata in sette milioni di abitanti. Sia l’OCSE che Israele volevano abbassare il numero di abitanti, omettendo i palestinesi, in modo che la distribuzione sproporzionata della ricchezza non fosse un ostacolo nel processo di adesione di Israele, che secondo la BBC ha il più alto livello di povertà (20%) dei membri dell’OCSE.La Convenzione di Ginevra obbliga Israele ad assumersi la responsabilità del benessere economico di quattro milioni di palestinesi che vivono sotto l’occupazione israeliana. Tuttavia, Tel Aviv nega costantemente i diritti dei palestinesi in qualità di soggetti occupati. Eppure, consentendo ad Israele di entrare nell’OCSE, la comunità internazionale conferisce legittimità alle atrocità di Israele.L’OCSE , nella sua valutazione della situazione socio-economica di Israele, ha ammesso che le leggi israeliane sono essenzialmente discriminatorie. Attualmente , Israele ha trenta leggi che danno agli ebrei privilegi sui non ebrei. Queste leggi da sole sarebbero state sufficienti a impedire a Israele di accedere all’OCSE in quanto violano i valori fondamentali dell’organizzazione: il ‘rispetto dei diritti umani’ e ‘l’impegno a favore della democrazia’.Infine, come è stato affermato dal Tribunale Russell, la legge europea vieta ai paesi europei di riconoscere l’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Tuttavia, consentendo l’adesione di Israele all’OCSE, gli Stati membri hanno di fatto avallato il regime di apartheid economico imposto da Tel Aviv. Riconoscendo – seppure indirettamente – l’occupazione illegale, essi diventano complici dei crimini di guerra israeliani documentati nel rapporto Goldstone.Gli stati membri dell’OCSE, e in particolare i paesi dell’UE, che apparentemente hanno sempre difeso i diritti umani e la democrazia, hanno gravemente violato il diritto internazionale, così come i principi fondamentali dell’OCSE. Così, ancora una volta essi hanno rivelato la loro ipocrisia e la loro vulnerabilità di fronte alle pressioni dell’alleanza israelo-americana.
Non sorprende che la Turchia sia stato l’unico stato membro dell’OCSE a protestare contro l’ammissione di Israele. Sebbene i turchi abbiano ceduto alle forti pressioni degli Stati Uniti e di conseguenza non siano andati fino in fondo opponendo il veto all’ingresso di Israele, essi hanno avuto il coraggio di dar voce ufficialmente alle preoccupazioni dei palestinesi poco prima che la riunione dell’OCSE votasse. Lo stesso primo ministro Recep Tayyip Erdogan ha letto la dichiarazione ufficiale della Turchia ai membri della delegazione dell’Islamic Human Rights Commission, di cui ho fatto parte, in un incontro presso il Palazzo Dolmabahce ad Istanbul.
La dichiarazione comprendeva la seguente richiesta:
“Israele deve rispettare i principi dell’OCSE e porre fine alla violazione del diritto internazionale. Pertanto, come si afferma nella risoluzione ONU 1860, Israele deve cessare immediatamente l’assedio di Gaza e le tragiche violazioni dei diritti umani dei palestinesi. La politica degli insediamenti di Israele in Cisgiordania e a Gerusalemme Est è per noi inaccettabile. Israele deve cessare immediatamente queste attività e tutte le altre politiche che possono distruggere il benessere e l’armonia dei palestinesi … A questo proposito, vogliamo sottolineare che l’accettazione di Israele all’interno dell’OCSE non dovrebbe essere considerata come una legittimazione dell’occupazione”.
E’ evidente dalle sue parole che vi era una forte pressione proveniente dagli Stati Uniti e dai paesi europei, che la Turchia non è ancora in grado di ignorare. Tuttavia, è altresì evidente che non vi era alcuna pressione sostanziale o sostegno da parte dell’opinione pubblica musulmana, la quale avrebbe potuto convincerlo che è venuto il tempo di opporsi agli Stati Uniti.
Seyfeddin Kara è un ricercatore presso l’Islamic Human Rights Commission

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