"Vietato ai cani e agli italiani!" :emigrazione italiana in Svizzera


"Ritals", "Piafs", "Pioums", "Maguttes"… I nomignoli intraducibili affibbiati agli emigranti italiani nelle regioni di lingua francese sono moltissimiUn'immigrazione che, come testimonia questa lunga lista di spregiativi, è stata tutt'altro che semplice."Alcuni decenni fa, lo straniero, il corvaccio, l'uomo col coltello era l'italiano […], il capro espiatorio responsabile di tutto ciò che non funzionava bene in Svizzera, che doveva solo lavorare e chiudere la bocca", ricorda nel preambolo Raymond Durous. Nel suo libro, lo storico vodese ha raccolto le testimonianze di 22 emigranti o figli di emigranti italiani, giunti in Svizzera nel corso di una delle tre grandi ondate migratorie: nella seconda metà dell'Ottocento, nel primo dopoguerra e dopo la Seconda guerra mondiale.

Un passato fatto di povertà Le storie degli immigrati italiani sono spesso caratterizzate da un passato simile, fatto di povertà e a volte di soprusi, proseguite lungo un percorso sinuoso, doloroso. Storie che, comunque, si sono concluse frequentemente con la conquista di un posto al sole, guadagnato grazie "a una tenace volontà, a un lavoro accanito e al prezzo di grandi sacrifici", sottolinea DurousSacrifici come quelli fatti da Dante Baudrocco, nonno della scrittrice Mireille Kuttel-Baudrocco, partito nel 1896 da Sala Biellese, in Piemonte. Dopo anni passati a risparmiare e ad inviare denaro alla moglie, rimasta in Italia assieme ai cinque figli, riuscì a creare a Losanna assieme ai fratelli una sua ditta di costruzioni, diventando così benestante. Un agio che non poté mai cancellare gli anni di povertà, "una povertà che non conosceva più da tanto tempo, ma di cui continuava a serbare il ricordo angosciante", ricorda Mireille Kuttel-Baudrocco evocando la nonna.

Infanzie rubate Dai racconti emergono però soprattutto le pagine più buie della storia dell'emigrazione italiana in Svizzera. Come quella delle centinaia di bambini figli di stagionali (forse 5'000 all'inizio degli anni '70), che dovevano vivere nascosti, poiché in virtù del permesso di lavoro dei loro genitori non potevano risiedere, per legge, in Svizzera.Una realtà raccontata in un toccante film del regista operaio Alvaro Bizzarri ("Lo stagionale", girato nel 1971) e vissuta anche dall'attuale senatore della Repubblica Claudio Micheloni, che alla fine degli anni '50, quando aveva tre anni e mezzo, dovette rimanere rintanato per due anni in un appartamento di Boudry, nel canton Neuchâtel.Dal canto suo, Maria Paris, originaria di un villaggio nei pressi di Bergamo, non potrà mai dimenticare il 20 agosto 1946, data del suo viaggio in treno da Milano a Losanna. Arrivati alla stazione di Briga, tutti gli immigranti italiani furono fatti completamente spogliare in due tristi capannoni, dovettero farsi una doccia prima di essere cosparsi di DDT e passare la visita medica. Una donna incinta che rifiutava di svestirsi fu rispedita alla frontiera seduta stante.

Qualche anno dopo, la procedura del "controllo del bestiame" – come la definisce Maria Paris – dovette essere modificata: una 23enne italiana che rientrava a Neuchâtel dopo le feste di Natale prese freddo durante la visita medica a Briga e morì due settimane più tardi di broncopolmonite.


Iniziative Schwarzenbach

Se la vita per gli emigranti italiani non è mai stata facile, particolarmente penoso fu il periodo a cavallo tra gli anni '60 e '70, caratterizzato dalle iniziative Schwarzenbach contro "l'inforestierimento".

Anni grigi durante i quali "certe persone non hanno perso un'occasione per far sentire a noi, gli italiani, che valevamo molto meno degli altri", scrive Massimo Lorenzi, volto noto della Televisione della Svizzera romanda, nella sua prefazione intitolata in modo emblematico "Senza rancore, ma senza oblio".

Manuela Salvi, oggi giornalista alla Radio della Svizzera romanda, ricorda quando nel 1974, all'età di 14 anni, dei compagni si prendevano gioco di lei perché se l'iniziativa "Per la protezione della Svizzera" fosse stata accettata sarebbe forse stata rispedita in Italia.

A ormai quasi quarant'anni di distanza, Oscar Tosato, membro dell'esecutivo della città di Losanna, sente ancora salire la rabbia quando pensa al giorno in cui vide affisso all'entrata di una discoteca di Bienne un cartello con la scritta "Vietato ai cani e agli italiani"

Né di qui, né altrove Queste vicende hanno perlomeno avuto un pregio: molti emigranti e i loro figli sono stati immunizzati dal virus della xenofobia, un virus che oggi assume le forme del musulmano, del balcanico o dell'africano… Molti, ma non tutti però, come sottolinea Manuela Salvi, parlando dell'enorme buco di memoria di quegli italiani, emigrati e non, che oggi hanno paura e addirittura a volte odiano lo straniero.Le testimonianze raccolte da Durous hanno anche il merito di far venire a galla un sentimento di impossibile appartenenza. "Un piede sull'asfalto ginevrino, un altro in Veneto, non mi sento mai veramente al posto giusto", scrive sempre Massimo Lorenzi nella prefazione."Un sentimento d'estraneità, che a volte mi crea un certo malessere, ma che offre sicuramente un vantaggio: sono vaccinato contro ogni forma di patriottismo ad oltranza. Né patria da amare a dismisura, né bandiera davanti alla quale prostrarmi""Vietato ai cani e agli italiani!"

La fotografia dei "vecchi" immigrati italianiIl secolo degli italiani

Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

giorno 79: Betlemme cancella le celebrazioni del Natale mentre Israele continua a bombardare Gaza

Video:Defamation - di Yoav Shamir Film

La Spoon River degli artisti di Gaza. Scrittori, poeti, pittori: almeno 10 vittime nei raid. Sotto le bombe muore anche la cultura palestinese