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Paolo Motoli :Israele. L'incubo della scissione per i mastini della terra di Paolo Motoli



Da quando è salito per la prima volta al potere nel 1977, il Likud ha subito una serie di scissioni: due verso destra, la nascita nel 1979 di Tehiyah e nel 1998 la ricostituzione di Herut, e due verso il centro, con la nascita prima del partito di Gesher di David Levy nel 1996 e poi di Kadima nel novembre del 2005.Per comprenderne la genesi si prende come punto di riferimento la distinzione classica tra «falchi e colombe», che tiene conto solo dell'orientamento verso il processo di pace. Le cause di queste divisioni sono quasi sempre dovute ai tentativi di compromesso del Likud con i nemici arabi. La destra con i suoi quattro premier (Menachem Begin, Yitzhak Shamir, Benjamin Netanyahu e Ariel Sharon) è stata costretta a mitigare l'ideologia territoriale del neorevisionismo di Menachem Begin, che voleva un Israele dal mare Mediterraneo fino al fiume Giordano.Sul tema della pace con il mondo arabo le pressioni esterne sono state un elemento fondamentale nello spostamento del partito verso il centro. Le esigenze di politica internazionale e le pressioni americane hanno molto influito sui primi ministri del Likud. L'ideologia di Begin venne osteggiata dal presidente americano Carter, che lo portò a concludere il trattato di Pace con l'Egitto del 1979: Israele restituì il Sinai all'Egitto e sgomberò i coloni del Gush Emunim da Yamit nel nord-est della penisola. George Bush senior riuscì a costringere Shamir a sedersi al tavolo con i palestinesi per i primi colloqui ufficiali a Madrid nell'ottobre del 1991. Clinton riuscì a far proseguire Netanyahu sulla via degli accordi di Oslo, con il disimpegno da Hebron e il Wye memorandum del 1998. Per onorare la «Road map» di Stati Uniti, Russia e Unione Europea, Ariel Sharon ha compiuto il primo significativo smantellamento di insediamenti dalla striscia di Gaza, arrivando a una svolta pragmatica che lo ha fatto uscire addirittura dalla destra politica che contribuì a costruire. Ogni volta che il Likud tenta di arrivare ad accordi di pace con gli arabi si producono scissioni che lo indeboliscono. La disponibilità dei premier della destra a fare concessioni sui confini orientali di Israele è stata nulla, per ragioni ideologiche (Begin e Shamir), o troppo ridotta, per ragioni politiche (Netanyahu e Sharon), per accontentare i palestinesi e larga parte delle diplomazie occidentali.
Con i primi negoziati Camp David (1978-1979) che portarono alla pace con l'Egitto, il presidente americano Carter e il suo consigliere per la sicurezza, Zbigniew Brezinski volevano un accordo complessivo. Ma già dai primi incontri era chiaro che Begin aveva ben ferme tre rivendicazioni territoriali: Giudea, Samaria con Gerusalemme e la striscia di Gaza. Da Camp David uscirono due documenti, il primo, era l'«Accordo quadro per la conclusione della pace tra Egitto e Israele» che stabiliva le condizioni per la normalizzazione delle relazioni tra i due paesi, in cambio del ritiro dal Sinai; il secondo era il più generico «Accordo quadro per la pace in Medio Oriente» che teorizzava una mai realizzata autonomia funzionale per i palestinesi.

Il partito Tehiyah nacque proprio per contrastare il ritiro dal Sinai che pure non era considerato da molti come facente parte della terra di Israele. Dopo gli incontri di Madrid del 1991, Shamir dichiarò al quotidiano Maariv che avrebbe portato avanti i negoziati per l'autonomia palestinese per dieci anni nella speranza di evitarla. Il suo slogan preferito era «pace in cambio di pace» e non «pace in cambio di terra». Il meno ideologico Netanyahu ha dato seguito con difficoltà ai ritiri dalla Cisgiordania, patendo però la defezione di Benny Begin che rifondò Herut. Sharon ha traghettato i moderati del Likud verso Kadima per attuare il ritiro da Gaza mentre il suo consigliere Dov Weislglass parlava al quotidiano Ha'aretz del piano come di formaldeide utile per fermare la nascita di uno stato palestinese. I negoziati per il Likud sono rischiosi e il convitato di pietra accanto a Netanyahu è sempre lo stesso: la destra più ideologica e conseguente che nelle primarie havotato per Moshe Feiglin.

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