L’arcipelago israeliano di Seth J.Frantzman


    Un progetto artistico: prendete un grande foglio di carta bianca e scrivete “Israele” in alto. Non tracciatene i confini.Nei territori palestinesi e nel Golan disegnate dei puntini verde scuro in corrispondenza dei villaggi e delle città palestinesi. Disegnate dei puntini arancioni per i villaggi e le città ebraiche (insediamenti). Per i quattro villaggi drusi del Golan disegnate dei puntini viola. Per il villaggio di Ghajer, il solo villaggio alawita, mettete un puntino marrone chiaro.Dall’altra parte della Linea Verde, disegnate dei puntini rossi per i 268 kibbutz  e dei puntini blu scuro per le 500 moshav (comunità agrarie collettive (N.d.T.) ).Per ogni villaggio arabo musulmano, fate un puntino verde. Per i due villaggi circassi, mettete due puntini marrone scuro. Per i 17 villaggi e città druse, disegnate dei puntini in violetto. Per il villaggio maronita di Jish in Galilea, mettete un puntino azzurro. In corrispondenza dei villaggi cristiani, nella maggior parte dei quali vivono anche drusi e musulmani, ma molti dei quali hanno una maggioranza cristiana (Kafr Yasif, Eilabun e Mi’ilya), mettete dei puntini gialli. Per i 49 villaggi beduini illegali del Negev disegnate dei puntini grigio scuro.
In corrispondenza delle 30-40 “città di sviluppo” – le quali ospitano russi, etiopi ed ebrei Mizrahi –disegnate dei puntini grigiPer le città, quartieri e villaggi haredi (ebrei ultra-ortodossi (N.d.T.) ) mettete dei puntini neri. Per Gerusalemme, Haifa e Tel Aviv, disegnate dei grandi cerchi vuoti (se avete fatto questo progetto correttamente, in questi cerchi dovrebbero già esserci dei puntini che rappresentano le comunità musulmane, cristiane e haredi).La mappa che abbiamo disegnato è la carta geografica di Israele. Naturalmente non ci sono confini, non devono esserci. Questo non è l’Israele a cui comunemente pensiamo, quel lembo di terra tra il Giordano e il mare, con o senza i territori palestinesi. Questo è l’arcipelago di Israele, e rappresenta molto meglio la realtà di quanto non faccia qualsiasi altra mappa. Perché  Israele è più che altro un paese di isole, come quelle che si trovano nei Caraibi o nel Pacifico meridionale. Ogni comunità, ogni città, ogni villaggio, ogni quartiere è un’isola a sé stante. Dimenticate il mito secondo cui la gente si “mescolerebbe” nelle università o nell’esercito. Nella maggior parte dei casi non è così.

Ogni giorno dobbiamo affrontare la realtà dell’arcipelago israeliano. Si tratta di una realtà culturale e socio-economica, e riguarda molti fattori nella società. In un recente articolo, Israel Harel descriveva la più grande città del paese come “lo stato dei renitenti alla leva di Tel Aviv [che] … assomiglia alla città haredi di Bnei Brak nella sua percentuale di renitenti alla leva”.
Egli sottolinea che “la maggior parte dei renitenti alla leva di Bnei Brak, Gerusalemme e Tel Aviv ha studiato presso specifiche istituzioni educative – i primi in un certo tipo di yeshiva (scuole ebraiche (N.d.T.) ), gli ultimi in alcune scuole superiori [laiche]“.
Si scopre che Tel Aviv occupa un posto più basso rispetto alla città beduina di Rahat nelle statistiche sull’arruolamento elaborate dall’esercito. Il settore religioso fornisce un numero enormemente sproporzionato di ufficiali e soldati da combattimento nell’esercito. Ma, parallelamente al servizio di leva sproporzionato, vi è la sproporzionata assenza dal servizio di leva nei settori arabo, haredi e degli ebrei laici più abbienti.
Inoltre, quasi la metà delle donne ebree non servono nell’esercito.
In ultima analisi, il 52-55% dei cittadini non svolge alcun tipo di servizio militare nazionale.
Le statistiche mostrano che tali differenze impressionanti si riflettono in altri aspetti della società. Si consideri l’uccisione di donne da parte dei loro mariti e amanti; ne sono state uccise 18 quest’anno – fra cui sette arabe, tre etiopi e tre russe.
Per dirla in modo semplice, la possibilità che una donna venga uccisa per mano del proprio partner non è la stessa a Modi’in rispetto a Lod o a Ramle. E due diverse comunità nemmeno parlano allo stesso modo degli omicidi che hanno per vittime le donne – la comunità araba, in generale, nega persino l’esistenza dei delitti d’onore, mentre la comunità ebraica israeliana tende a giustificare gli omicidi come un problema culturale degli arabiE i suicidi; chi si suicida? Le statistiche mostrano che si tratta di persone che vivono in città ad alta concentrazione di immigrati, e di persone economicamente vulnerabili. Tra i 10 luoghi in cui ci si suicida più comunemente, sulla base di statistiche del 1998-2004, troviamo Kiryat Yam, Kiryat Motzkin, Hadera, Kiryat Bialik, Bat Yam e Kiryat Gat. I nuovi immigrati provenienti dall’Unione Sovietica e dall’Etiopia rappresentavano il 32% di tutti i suicidi nel 2004, cosa del tutto sproporzionata rispetto al loro peso demografico nella popolazione complessiva. Al contrario, poche persone di Nazareth o Bnei Brak rischiano di entrare in queste statistiche.Quindi ci sono delle isole di morte e di uxoricidio nella nostra società. Ma questi sono solo degli esempiCi sono isole anche nei mass media. Gli unici posti in cui si possono trovare persone provenienti dalle comunità più povere o minoritarie sono i reality show (Grande Fratello, Master Chef, È Nata Una Stella, ecc); il resto della TV israeliana è dominata, culturalmente e fisicamente, da piccole comunità di élite.

Ci sono isole di illegalità, di occupanti abusivi che vivono su terre statali senza pagare le tasse. Si tratta delle 49 comunità illegali/non riconosciute dei beduini nel Negev, da non confondere con le sette comunità legali che il governo ha costruito negli anni ‘70 e ‘80. E l’isola dei lavoratori stranieri, bloccati nella parte Sud di Tel Aviv, è sostenuta dagli isolani della parte Nord della città che si battono per i loro diritti.
Ci sono isole diverse per quanto riguarda le tasse sull’acqua. Mentre alla popolazione generale venne chiesto di pagare un extra per l’acqua nel 2009 a causa della scarsità idrica, i kibbutz non solo non pagano l’extra ma, secondo il giornalista Nehemia Shtrasler, non pagano nemmeno lo stesso ammontare degli altri per quanto riguarda il consumo domestico.Si consideri la disputa sul disegno di legge della Knesset che permetterà alle comunità di respingere determinate persone sulla base di propri criteri interni, o quello che sta avvenendo a Safed e Jaffa tra la comunità locale ed altre persone che vogliono trasferirsi laggiù. “Razzismo! razzismo! “, sentiamo dire. Ma perché per i 268 kibbutz che hanno sottoposto i potenziali membri a “criteri di selezione” per tutti i 62 anni di esistenza del paese non si parla di razzismo? Non c’è passatempo migliore di quello di puntare il dito contro un gruppo ed esigere che viva con l’ “altro”, mentre la tua comunità fanaticamente esclude gli altri.Israele è un arcipelago, ogni comunità è segregata dalle altre. Alcuni erigono recinzioni per tener fuori le masse indesiderate, alcuni vivono gratuitamente su terreni statali, ed alcuni a Karmiel o Safed sono definiti “razzisti” per aver, stranamente, chiesto il permesso di fare ciò che altri fanno da sempre, ed avere un’isola per sé. Nel bene o nel male, le cose vanno così; il minimo che possiamo fare è chiedere a coloro che vogliono rompere le barriere tra le isole, di abbattere prima le recinzioni intorno alle proprie comunità.
Seth J.Frantzman  è un ricercatore  presso l’Università Ebraica, con sede a Gerusalemme, ed è membro del Jerusalem Institute for Market Studies

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