Mischa Hiller :UN ROMANZIERE PALESTINESE RITORNA, 30 ANNI DOPO, A SABRA E SHATILA ■


«In Libano oggi vive una giovane generazione che ignora la sua storia. Eppure il campo profughi di Shatila è vicina al centro di Beirut. In Libano quel massacro è ancora tabù, non se ne parla, dà noia…Ci sono voluti più di vent’anni, perché Mischa Hiller, sceneggiatore anglo-palestinese che vive a Durham, in Inghilterra, riuscisse a prendere in mano la penna e scrivesse di quell’incubo che lo ha accompagnato per anni. Solo oggi la sua esperienza di quella guerra e della Beirut di quegli anni prende forma, e lo fa nel romanzo Fuga dall’inferno. Una storia palestinese (titolo originale Sabra- Zoo), uscito per Newton Compton. Con una voce mite e gentile, Mischa racconta la lunga gestazione di quelle pagine, spiegando di come per anni non si sia ritenuto pronto ad affrontare il racconto di un’esperienza che, per lungo tempo, sembrava ancoratroppo recente per raggiungere l’obiettività di cui aveva bisogno.«A volte è meglio prendere distanza dai fatti, soprattutto se troppo traumatici e forti. Quando nuovi elementi vengono alla luce, credo allora si possa essere più oggettivo e distaccato da quello che è successo. Io ho dovuto aspettare di sentirmimentalmente in un luogo sicuro per scriverne. Non si deve poi neanche dimenticare che avvenimenti storici come questi hanno ancora una risonanza nel presente». Importante perciò parlare di Sabra e Shatila oggi, quando le nuove generazioni non hanno memoria di quello che è accaduto. «Sono riuscito a cominciare a scriverne solo nel 2004. Per anni quei ricordi mi hanno letteralmente torturato, ma ho sempre pensato di non essere pronto. Non credo ci sia una ragione,ma ho dovuto aspettare di sentirmi più tranquillo rispetto a quella storia». La distanza temporale lo ha forse aiutato ad aprire quel vaso di Pandora in cui erano stipati immagini e ricordi che per molto tempo sono stati troppo violenti per poterne parlare. «Sì, credo che io abbia cercato una distanza che mi potesse permettere di essere più distaccato, forse più oggettivo. Non potevo scriverlo certo due anni dopo… non sarei riuscito a scriverne così».I cieli di Beirut, in quell’estate del 1982, erano attraversati da F16 israeliani che, rompendo la barriera del suono, bombardavano la città terrorizzandone gli abitanti. E il giovane Mischa camminava per quelle strade, faceva volontariato negli ospedali, si improvvisa interprete, i suoi occhi hanno visto direttamente quello che era successo nel campo di Sabra. La necessità di scriverne è forse stato il suo tentativo di raccontare e condividere quell’esperienza con il mondo ma, aggiunge, «questa non è assolutamente una risposta a Valzer con Bashir, come ha suggerito qualche quotidiano inglese. L’ho scritto molto prima. Credo comunque che, da entrambe le parti, ci sia stata la giusta necessità di fare domande e cercare risposte rispetto a quelle circostanze».continua qui

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