Carlo M. Miele :Gerusalemme Est Storia di una lenta annessione

    Gerusalemme Est Storia di una lenta annessione
febbraio 2011 a cura di Carlo M. Miele

Introduzione
Da quando Gerusalemme Est è stata occupata, nel 1967, l‟obiettivo primario che ha accompagnato ogni atto politico del governo di Tel Aviv è stato quello di creare una situazione di fatto in grado di impedire ogni tentativo futuro di mettere in dubbio la sovranità israeliana sulla città”.
Tra tutti gli strumenti adoperati a tale fine, la cosiddetta “leva demografica” (ossia le azioni dirette a incrementare il numero di abitanti ebrei nella città e, al tempo stesso, di ridurre quello dei palestinesi) è stato quello cui si è ricorso con più decisione e con più costanza nel tempo.
Il processo di espulsione della popolazione palestinese ha subito una significativa accelerazione nell‟ultimo decennio, in coincidenza con l‟attenuarsi della pressione internazionale sullo Stato ebraico. E, nonostante le tante dichiarazioni ufficiali di senso contrario, è proseguito anche dopo l‟avvicendamento tra George W. Bush e Barack Obama alla Casa Bianca.
Il risultato è che alla fine del 2008, la popolazione dell‟intera città di Gerusalemme aveva raggiunto le 763.600 unità, di cui 495mila ebrei (pari al 64,8 per cento) e solo 268.600 palestinesi (35,2 per cento).
La popolazione palestinese resta maggioritaria nella parte Est, dove vivono oltre 456mila persone, ossia circa il 60 per cento della popolazione totale della Città santa.
Qui oggi la popolazione è divisa tra un 57 per cento di palestinesi e un 43 per cento di ebrei.
Il cambiamento avvenuto in meno di quarant‟anni, tuttavia, è evidente: basti pensare che prima dell‟occupazione israeliana, nel 1967, gli ebrei rappresentavano solo poche centinaia a fronte di quasi 200mila palestinesi1.
1 “Jerusalem, Facts and Trends 2009-2010”, Jerusalem Institute for Israel Studies, p. 11 [http://jiis.org/.upload/facts-2010-eng%20%281%29.pdf]
3
A compensare le politiche israeliane contribuisce il fatto che i palestinesi possano contare su un tasso di natività più alto rispetto agli ebrei.
Tel Aviv, tuttavia, ha messo in atto anche altre strategie per isolare Gerusalemme Est dal resto dei Territori occupati e spingere la popolazione palestinese ad abbandonarla.
Tra queste la costruzione, attorno alla città, di una cintura di colonie e della “barriera di sicurezza” (o “muro dell‟apartheid secondo la definizione dei palestinesi), l‟espropriazione delle terre e la demolizione di case palestinesi, la revoca dello status di residente.
Dall’occupazione alle politiche di annessione
Dopo la creazione dello Stato di Israele (1948) e fino alla fine della Guerra dei sei giorni (1967), Gerusalemme è stata divisa in due parti:
Gerusalemme Ovest, che si estendeva su un‟area di circa 38 chilometri quadrati, sottoposta al controllo israeliano, e Gerusalemme Est, che occupava un‟area pari a 6 chilometri quadrati, controllata dalla Giordania.
Prima della Guerra del „67, la maggior parte del territorio che oggi viene compreso nella municipalità di Gerusalemme (sia Est che Ovest) faceva in realtà parte della Cisgiordania.
Ma nel corso del conflitto Israele occupò circa 70 chilometri quadrati, ossia i 6 chilometri di Gerusalemme Est più altri 64 appartenenti a 28 villaggi palestinesi della Cisgiordania e, in parte, alle municipalità di Betlemme e Beit Jala.
Alla fine del conflitto l‟area di Gerusalemme Ovest era triplicata.
Nel novembre dello stesso anno, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 242 chiede a Israele il ritiro “dai territori occupati nel recente conflitto”.
Lo Stato ebraico, tuttavia, non ha mai ottemperato alla risoluzione Onu.
4
I nuovi confini, tracciati da una commissione guidata dal generale Rehavam Ze'evi, ottennero l‟approvazione del governo di Tel Aviv.
E già allora – come sottolinea2 l‟ong israeliana B’Tselem – era evidente “l‟obiettivo delle autorità israeliane di rafforzare la propria sovranità sulla Città santa, mediante la creazione di una maggioranza di popolazione ebraica”.
In quest‟ottica si spiega la decisione di non includere nel territorio della “nuova” Gerusalemme alcune zone ad alta densità di popolazione palestinese. La commissione Ze‟evi escluse infatti diversi villaggi palestinesi (come Beit Iksa e Beit Hanina), inglobando però le terre di loro pertinenza. Da qui le divisioni tra villaggi e zone circostanti (una parte posta all‟interno della Cisgiordania e l‟altra in territorio israeliano) che tuttora affliggono l‟esistenza di migliaia di palestinesi.
Sempre dopo la guerra del ‟67 Israele attuò una serie di iniziative volte a rendere effettivo il proprio controllo sulle aree occupate e sulle loro risorse. Il più importante è il cosiddetto “Piano Allon”.
Il progetto, proposto dal vice primo ministro e generale Yigal Allon, prevedeva la costruzione di una nuova cinta di insediamenti israeliani nella valle del Giordano, lungo un asse nord-sud, e di un‟altra sulle colline che dominano la valle stessa, con lo scopo di isolare i palestinesi rimasti a Gerusalemme Est dal resto della Cisgiordania3.
Nel 1980, la Knesset approva la cosiddetta “legge di Gerusalemme” nella quale si dichiara che “Gerusalemme, intera e unita, è la capitale di Israele”4.
Dal canto suo, l‟Autorità nazionale palestinese (Anp) rivendica Gerusalemme Est come capitale del futuro Stato palestinese.
2 Cfr. http://www.btselem.org/english/Jerusalem/ 3 Nel 1977, con l‟approdo al governo di Tel Aviv del partito Likud, il progetto del generale Allon fu integrato dal cosiddetto “Piano Sharon”, che prevedeva una nuova cintura di insediamenti israeliani sulla riva occidentale della Cisgiordania, da Jenin fino a Betlemme, che di fatto cancellava il confine ufficioso della Linea Verde cfr. “Storia della Palestina: Road Map”, Infopal, 14 novembre 2006 [http://www.infopal.it/testidet.php?id=3237] 4 La dichiarazione fu dichiarata “nulla e illegale” dal Consiglio di sicurezza Onu con la risoluzione 478, emanata nello stesso anno.
5
Negli Accordi di Oslo firmati il 13 settembre del 1993 dalle delegazioni israeliana e palestinese, la questione dello status finale della Città santa viene rinviato alla “fase finale dei negoziati” tra le due parti.
Le colonie
Dal ‟67 a oggi Tel Aviv ha utilizzato diversi strumenti per portare a compimento la separazione di Gerusalemme del resto della Cisgiordania e il suo inglobamento all‟interno dello Stato ebraico.
Un ruolo di primo piano è stato rivestito dalle “colonie”, ossia dagli insediamenti ebraici costruiti dal governo su quella porzione di territori occupati da Israele nel corso della guerra del ‟67 e poi annessi alla municipalità di Gerusalemme (in cui vivono circa 200mila coloni) e dagli altri di minore estensione realizzati all‟interno dei quartieri palestinesi che costeggiano la Città vecchia (dove abitano circa 2mila coloni sorvegliati da quasi altrettante guardie private).
In questo caso, la funzione esplicita delle colonie è stata quella di creare una presenza ebraica all‟interno di aree abitate esclusivamente da palestinesi, in modo da rendere impossibile – con una situazione di fatto – ogni eventuale futura spartizione di Gerusalemme5.
Oggi, le colonie ebraiche a Gerusalemme Est circondano interamente l‟area della Città vecchia e controllano le principali vie d‟accesso allo stesso sito. Insediamenti sono presenti anche nel quartiere musulmano e in quello cristiano della Città vecchia, attorno all‟area del Monte del Tempio.
Circa 2mila ebrei vivono poi nel quartiere musulmano della Città vecchia, creando forti tensioni con i residenti palestinesi. Gli insediamenti più importanti sono quelli di Ir David (a Silwan), Ma‟ale Zeitim e Ma‟ale David (a Ras al-„Amud), Beit Orot (ad a-Tur), Kidmat Zion (ad Abu Dis) e Nahalat Shimon (a Sheikh Jarrah).
5 “Peace Now” [http://peacenow.org.il/eng/content/east-jerusalem]
6
Pur essendo sorti “spontaneamente”, per iniziativa delle stesse organizzazioni di coloni, gli insediamenti hanno sempre beneficiato del sostegno, più o meno esplicito, dello Stato ebraico.
In questa direzione vanno alcuni istituti, come il celebre Custodian of Absentee Property6, che prevede il sequestro e la rivendita dei beni mobili e immobili dei profughi palestinesi del 1948.
Ancora, il governo e la municipalità di Gerusalemme proteggono i coloni insediati nella parte Est e nella Città vecchia fornendo loro guardie di sicurezza privata, garantendo la presenza dei propri militari in occasione dell‟occupazione di abitazioni palestinesi e finanziando nelle stesse aree attività edilizie e infrastrutture.
Il Muro
Un contributo decisivo alla separazione di Gerusalemme dal resto della Palestina (e al suo inglobamento all‟interno dello Stato ebraico) è stato garantito dalla cosiddetta “barriera di sicurezza”, ossia il muro costruito dalle autorità israeliane oltre il confine della linea verde7, all‟interno della Cisgiordania, con lo scopo dichiarato di “fermare gli attacchi terroristici”.
In realtà, in alcuni punti la barriera si discosta di oltre 28 chilometri dalla Linea verde, in modo da inglobare la maggior parte delle colonie israeliane e quasi la totalità dei pozzi.
Il processo di approvazione del tracciato della barriera è stato compiuto da Israele in tre fasi successive, dal 2002 al 20058.
Per quanto riguarda la sola Gerusalemme, il percorso del Muro è posto all‟interno della Cisgiordania, superando la Linea verde anche fino a dieci chilometri.
6 Approvata con legge della Knesset nr. 20 del 1950, emendata diverse volte fino al 1967. 7 Il confine dello Stato di Israele, tracciato al termine della guerra arabo-israeliana del 1948. 8 La modifica del tracciato compiuta nel 2005, per ottemperare a una storica sentenza dell‟Alta corte di giustizia del 2004, pur comportando modifiche importanti, non ha sostanzialmente riguardato l‟area circostante Geruslalemme. L‟unica eccezione riguarda il tracciato che circonda la colonia di Ma'aleh Adumim e le colonie vicine di Kfar Adumim, Anatot, Nofei Prat e Qedar; in questa zona, tuttavia, il governo di Tel Aviv non ha avviato i lavori in attesa di “ulteriori pareri legali”. [B‟Tselem]
7
A detta di Israele, il Muro non impedisce, a coloro che ne hanno diritto, di spostarsi da una parte all‟altra. L‟esperienza quotidiana dei residenti palestinesi, tuttavia, dimostra l‟esatto contrario.
Il Muro ha tagliato fuori gli abitanti di città come Ramallah e Betlemme e dei villaggi di Ram, Dahiyat al-Barid, Hizma, 'Anata, al-'Eizariya, Abu Dis, Sawahreh a-Sharqiya e Sheikh Sa'ad, ossia centinaia di migliaia di persone che hanno legami economici e personali con Gerusalemme, che nella città santa studiavano o lavoravano, che si servivano dei suoi ospedali, o che lì hanno i propri parenti.
B’Tselem fa l‟esempio del passaggio realizzato nella porzione settentrionale della barriera. Qui gli attraversamenti sono condizionati al possesso di uno speciale permesso, e spesso gli ingressi vengono consentiti o negate in maniera arbitraria. Inoltre le autorità aprono i cancelli solo per poche ore al giorno, causando così file interminabili e disagi enormi alla popolazione.
Di fatto, il confine della municipalità di Gerusalemme, che fino a pochi anni fa aveva solo valore simbolico e politico, adesso è diventato una barriera reale, che ha stravolto – in peggio – le vite di coloro che ne sono fuori.
Secondo le Nazioni Unite, “è difficile sovrastimare l‟impatto umanitario della barriera, che divide le comunità e impedisce l‟accesso delle persone ai servizi”9.
Deboli appaiono anche le ragioni “securitarie” accampate da Tel Aviv.
“La decisione di tracciare la barriera lungo il confine municipale e I deboli argomenti dati per motivarla – accusa B’Tselem – portano alla conclusione che la ragione primaria sia stata politica: l‟assenza di volontà, da parte del governo israeliano, di pagare il prezzo politico per scegliere un tracciato che contraddicesse il mito secondo cui “Gerusalemme unità è la capitale eterna di Israele”.
9 “The Humanitarian Impact of the West Bank barrier on Palestinian Communities”, United Nations, March 2005 [http://www.humanitarianinfo.org/opt/docs/UN/OCHA/OCHABarRprt05_Full.pdf]
8

Edilizia “politica”

A Gerusalemme Est, concedere o negare una concessione edilizia acquista un valore strettamente politico.
Sin dalla sua occupazione, nel 1967, il governo di Tel Aviv ha incoraggiato progetti edilizi su ampia scala in ogni quartiere a maggioranza ebraica, ostacolando invece in ogni modo quelli della popolazione palestinese.
Del territorio annesso nel 1967 (70.500 dunam10) e inglobato nei confine della municipalità di Gerusalemme, Israele ne ha espropriato oltre un terzo (24mila dunam), appartenente per la stragrande maggioranza a privati palestinesi, e lo ha utilizzato quasi esclusivamente per progetti di edilizia residenziale destinati alla popolazione ebraica11.
Fino al 2001, lo Stato ebraico aveva realizzato su questo terreno 46.978 unità abitative, di cui nessuna destinata ai palestinesi, che pure costituiscono un terzo della popolazione cittadina.
Di senso contrario le politiche adottate nei distretti a maggioranza palestinese, dove gli ostacoli alle nuove costruzioni hanno rappresentato la regola.
La municipalità di Gerusalemme ha per lungo tempo evitato di elaborare veri e propri piani per le aree palestinesi. E i pochi piani approvati, a partire dagli anni ottanta, sono volti a prevenire la realizzazione di nuove case, mediante l‟adozione di una serie di stratagemmi, come quello di ridurre il suolo edificabile e destinare ampie zone ad “aree verdi”12.
Il risultato di tali politiche portate avanti negli anni è oggi evidente. Nei quartieri palestinesi (alla fine del 2002) la densità abitativa è pari al doppio di quella dei quartieri ebraici: 11,9 metri quadrati per persona nel primo caso, e 23,8 metri quadrati nel secondo.
10 1 dunam equivale a 1000 metri quadrati 11 Per un quadro statistico completo sulla materia, vedi: http://www.btselem.org/english/Jerusalem/Land_Expropriation_Statistics.asp 12 Fino al 1999, solo 5.100 dunam di terreno (pari all‟11 per cento del territorio di Gerusalemme Est espropriato a partire dal „67) era destinato ai palestinesi ad uso edilizio.
9
Tale quadro normativo spiega anche l‟alto tasso di abusi edilizi presenti nei quartieri palestinesi di Gerusalemme Est, così come l‟elevato numero di costruzioni non autorizzate, e puntualmente demolite dalle autorità israeliane13.
Ma, oltre che con le mancate concessioni edilizie e gli abbattimenti, l‟utilizzo politico dell‟edilizia si esplica in altri modi.
A fronte di tasse uguali per tutti, i residenti di Gerusalemme Est ricevono servizi molto diversi14. I quartieri palestinesi della città mancano delle necessarie infrastrutture, come strade, marciapiedi, rete idrica e fognaria15.
Particolarmente grave è la situazione nel settore scolastico16. Per un bambino palestinese vengono spesi annualmente 557 shekel (poco più di 100 euro) mentre un israeliano 2.373 (440 euro). Il risultato è che a Gerusalemme Est mancano circa mille aule, e la metà di quelle esistenti non rispettano gli standard minimi sanitari e di sicurezza.
Prendendo in esame – a titolo di esempio – l‟anno 1999, si scopre che ai palestinesi (1/3 dei residenti della città) è stato assegnato meno del 10 per cento del budget municipale destinato ai progetti di sviluppo urbano.
Altri dati contribuiscono a offrire un quadro più chiaro: Gerusalemme Ovest ha circa mille parchi pubblici, contro i soli 45 della parte Est; 34 piscine contro 3; 26 librerie contro 2; 531 infrastrutture sportive contro 33.
Infine, funzionale alla politica israeliana di trasferimento forzato dei palestinesi è anche il progetto per la ferrovia ad alta velocità A1 Gerusalemme-Tel Aviv, che nelle intenzioni del governo dovrà attraversare illegalmente una vasta area dei territori palestinesi occupati, danneggiando in particolare i villaggi di Beit Surik e Beit Iksa.
Come denunciano diverse ong, “il progetto dell‟A1 si inscrive nella politica israeliana di lungo periodo, che mira ad attuare il trasferimento forzato della popolazione palestinese,
13 Per un quadro statistico complete sulla materia, vedi: http://www.btselem.org/english/Planning_and_Building/East_Jerusalem_Statistics.asp 14 “Gerusalemme Est, terra di nessuno”, Inter Press Service, 10 novembre 2010 [http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=9985] 15 “Gerusalemme, la popolazione araba pesantemente discriminata da Israele”, Osservatorio Iraq, 21 maggio 2009 [http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=7645]
16 “Gerusalemme l'indivisibile, separata anche nelle scuole”, Il Manifesto, 5 settembre 2009 [http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=8183]
10
che dovrà, ancora una volta, andarsene, dal momento che la sottrazione di altra terra porterà all‟annientamento delle fonti di sussistenza, già ridotte, a seguito degli espropri eseguiti dalle autorità israeliane per la costruzione di infrastrutture a favore dei cittadini israeliani e per la costruzione del muro di separazione”17.

Uso “coloniale” dell’archeologia

Valore politico, a Gerusalemme, acquista anche l‟archeologia, che viene puntualmente strumentalizzata al fine di avvalorare la tesi delle “radici ebraiche” della Città e, di pari passo, per rimuovere l‟impronta e la memoria palestinese.
Significativo è ciò che sta avvenendo da circa un decennio a Silwan, il sobborgo palestinese di Gerusalemme Est in cui si troverebbe gran parte dei resti della cosiddetta “Città di Davide”, ossia della Gerusalemme più antica.
Come spiega l‟organizzazione Emek Shaveh18, composta da archeologi e attivisti interessati al ruolo dell‟archeologia all‟interno del conflitto israelo-palestinese, gli scavi e la presentazione dei reperti e del sito sono totalmente in mano a una organizzazione di coloni israeliani di destra, chiamata Elad.
Il risultato è che i palestinesi di Silwan devono fare quotidianamente i conti con massicci interventi in cui gli interessi storici e archeologi si mescolano in maniera indissolubile con quelli politici e religiosi.
La più importante di queste operazioni va sotto il nome di “Il giardino del re”19, un parco archeologico e turistico che dovrebbe sorgere nella zona del Monte del Tempio (al-Bustan per i palestinesi), comportando l‟espulsione di centinaia di famiglie palestinesi20.
17 Vedi anche la campagna “Stop that Train” [http://www.unponteper.it/sostienici/article.php?sid=1935] 18 http://www.alt-arch.org/ 19 “La „nuova‟ Gerusalemme Est”, Osservatorio Iraq, 3 marzo 2010 [http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=8916]
20 Vedi anche “L'uso coloniale dell'archeologia a Gerusalemme Est”, Associazione di amicizia italo-palestinese, 21 gennaio 2010 [http://rete- eco.it/it/approfondimenti/gerusalemme/11192-luso-coloniale-dellarche%5C]
11
Status “a termine”
I
n seguito all‟occupazione dei territori di Gerusalemme Est e quelli dei villaggi circostanti, Israele ha condotto un censimento nelle zone interessate e ha garantito lo status di “residenti permanenti” agli abitanti presenti all‟epoca, escludendo invece tutti coloro che – per qualunque ragione – fossero assenti.
Agli stessi “fortunati” è stato riconosciuto il diritto di ottenere la cittadinanza israeliana. Il tutto a patto di giurare fedeltà allo Stato ebraico, provare di non essere in possesso della cittadinanza di un altro Stato e dimostrare la conoscenza della lingua ebraica.
La distinzione di status ha creato un‟ulteriore divisione all‟interno della popolazione palestinese di Gerusalemme, tra coloro che detengono lo status di residenti e quelli che ne sono rimasti esclusi, in quanto abitanti della Cisgiordania, soggetti alle autorità militari di Tel Aviv.
Va peraltro sottolineato che lo status di “residente permanente” riconosciuto ai palestinesi presenti all‟epoca del censimento del ‟67 è lo stesso riconosciuto a qualunque cittadino straniero che si sia trasferito nello Stato ebraico e abbia deciso di viverci21.
Di fatto, come fa notare B’Tselem, “Israele tratta i palestinesi residenti a Gerusalemme Est come immigrati che vivono nelle loro case grazie alla benevolenza delle autorità e non per diritto”. Tutto ciò, nonostante “questi palestinesi siano nati a Gerusalemme, abbiano vissuto nella città, e non abbiano altra casa”.
La situazione dal punto di vista legale, per i palestinesi, è anche peggiorata nel corso degli ultimi decenni.
A partire dal 1995 Israele ha infatti iniziato a revocare lo status di residente a tutti coloro che si fossero spostati fuori dai confini della municipalità, e anche per un periodo inferiore ai sette anni, con tutte le conseguenze derivanti22.
21 Lo status di “residente permanente” non può essere equiparato in nessun modo alla cittadinanza. I residenti, infatti, possono vivere e lavorare nello Stato ebraico senza il bisogno di permessi speciali e hanno (formalmente) accesso alle prestazioni dei servizi sociali e del sistema sanitario nazionale, ma possono votare solo alle elezioni locali e non a quelle per i membri della Knesset (il Parlamento israeliano) e – al contrario dei cittadini – non hanno il diritto a tornare in Israele in qualunque momento.
22 Per ricevere l‟assistenza sociale e le prestazioni sanitarie del National Insurance Institute (Nii) è necessario essere un “residente israeliano”. Lo stesso Nii, tuttavia, in assenza di prove contrarie, considera i palestinesi che vivono a Gerusalemme est come “non residenti”. Secondo una stima
12
La misura, adottata senza alcun preavviso dal ministero dell‟Interno di Tel Aviv, ha colpito migliaia di palestinesi che in quegli anni – e anche a causa delle politiche ostili di Israele – hanno abbandonato la Città santa per trasferirsi in Cisgiordania o altrove.
Il provvedimento, duramente contestato, è stato revocato nel 2000, quando sono rientrate in vigore le norme precedenti al ‟95. Ma – secondo fonti ufficiali – sono stati 3mila i palestinesi che nel frattempo hanno perso il proprio status di residenti di Gerusalemme.
Negli ultimi anni, poi, il ministero degli Interni ha di fatto ricominciato a revocare la residenza permanente, accampando diversi pretesti. Il numero di palestinesi privati dello status è passato dai 222 del 2005 ai 1.363 dell‟anno successivo (+ 600 per cento)23.
Lo stato dell’opera
L‟incontestabile realtà dell‟annessione viene denunciata oggi anche da attori internazionali solitamente molto “pacati” nell‟affrontare le questioni relative al conflitto in Palestina.
Significativo in tal senso è un rapporto segreto dell‟Unione europea24, datato 15 dicembre 2008, che accusa il governo israeliano “di perseguire con determinazione l'annessione illegale di Gerusalemme Est” promuovendo il Muro in Cisgiordania, l'espansione degli insediamenti, le demolizioni di case e una politica discriminatoria sul rilascio delle licenze.
Il documento Ue esprime, in particolar modo, preoccupazione per quanto sta avvenendo negli ultimi anni, affermando che Israele, accelerando i suoi piani su Gerusalemme Est, sta minando la credibilità dell'Autorità palestinese e sta indebolendo il sostegno ai colloqui di pace.
Denunce simili sono arrivate dagli Stati Uniti, dopo l‟approdo alla Casa Bianca del presidente Barack Obama, senza tuttavia ottenere alcun riscontro in termini pratici.
dell‟ong Physicians for Human Rights [http://physiciansforhumanrights.org/], attualmente sono circa 10mila i bambini residenti a Gerusalemme Est non coperti da assicurazione medica. In tal senso, accusa B’Tselem, “il Nii sostiene Israele nel raggiungimento dell‟obiettivo di ridurre il numero di palestinesi residenti a Gerusalemme. Perciò, il Nii è diventato uno strumento per portare Avanti obiettivi politici illegittimi”. 23 Per un quadro statistico completo in materia, vedi: http://www.btselem.org/english/Jerusalem/Revocation_Statistics.asp
24 “Israele si sta annettendo Gerusalemme Est, lo dice un rapporto dell'Unione Europea”, The Guardian, 7 marzo 2009 [http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=7310]
13
Negli ultimi anni, anzi, Israele ha ribadito l‟intensione di mantenere il controllo di Gerusalemme, sua “capitale unita e indivisibile”, arrivando a definirla ufficialmente “zona di priorità nazionale”25 e a complicare il percorso legale per una sua eventuale restituzione ai palestinesi26.
Ancora, negli ultimi anni – come denuncia l‟ong Hamoked27 - è aumentato il numero di palestinesi privati del proprio diritto di residenza a Gerusalemme Est, che nel 2008 hanno raggiunto la cifra record di 4.57028.
Infine a Gerusalemme Est sono andati avanti con rinnovato impulso i progetti edilizi. La città santa, infatti, è stata esclusa29 anche dalla breve moratoria sulle colonie lanciata nel novembre 2009 dal primo ministro Netanyahu per “incoraggiare la ripresa dei negoziati di pace‟‟
Le politiche condotte da Tel Aviv a partire dall‟occupazione non hanno mancato di far sentire i propri effetti.
In meno di quarant‟anni (dal ‟67 al 2008) il numero di palestinesi residenti all‟interno dei confini dell‟attuale municipalità di Gerusalemme sono passati da 66mila a 260mila; nello stesso arco di tempo gli ebrei sono saliti da poche centinaia a 195mila unità30.
Oggi i palestinesi rappresentano solo il 57 per cento della popolazione di Gerusalemme Est (stimata nel complesso in 456.300 unità), mentre prima dell‟occupazione ne costituivano la quasi totalità.
25 D‟ora in avanti, la città godrà di ulteriori benefici finanziari e, soprattutto, i lavori edilizi da compiere sul suo territorio, compreso quello della parte orientale, otterranno la priorità cfr. “Israele: “Gerusalemme è indivisibile”, Osservatorio Iraq, 25 ottobre 2010 [http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=9860] 26 Con la nuova normativa, qualsiasi proposta di ritiro - totale o parziale dalla Città santa - dovrà passare attraverso la Knesset e ottenere il parere favorevole di due terzi dei suoi membri. Nel caso di un mancato accordo in parlamento, la decisione verrà rimandata agli elettori, che si esprimeranno attraverso un referendum nazionale cfr. “Israele pone un nuovo macigno sul processo di pace in Medio Oriente”, Osservatorio Iraq, 23 novembre 2010 [http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=9970]
27 “Hamoked” [http://www.hamoked.org/home.aspx] 28 “Gerusalemme Est, nel 2008 record di palestinesi “cacciati” da Israele”, Osservatorio Iraq, 3 dicembre 2009 [http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=8571] 29 Israele propone uno stop temporaneo alle colonie. Ma non a Gerusalemme, Osservatorio Iraq, 26 novembre 2009 [http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=8548] 30 “Jerusalem, Facts and Trends 2009-2010”, Jerusalem Institute for Israel Studies, p. 11 [http://jiis.org/.upload/facts-2010-eng%20%281%29.pdf]
14
Alla fine del 2008, i principali quartieri a maggioranza ebraica di Gerusalemme Est erano costituiti da Ramot Alon (42.200 abitanti), Pisgat Ze'ev (42.100), Gilo (26.900), Neve Yaakov (20.400), Ramat Shlomo (15.100) e East Talpiot (12.200)31.
Nello stesso anno nella città vecchia risiedevano 3.847 ebrei, a fronte di 36.681 palestinesi32.
31 “Table III/14 - Population of Jerusalem, by Age, Quarter, Sub-Quarter and Statistical Area, 2008”, Statistical Yearbook of Jerusalem 2009/10 - Jerusalem Institute for Israel Studies [http://jiis.org/.upload/web%20C1409.pdf] 32 Ibidem
15
1 “Jerusalem, Facts and Trends 2009-2010”, Jerusalem Institute for Israel Studies, p. 11 [http://jiis.org/.upload/facts-2010-eng%20%281%29.pdf]

Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

giorno 79: Betlemme cancella le celebrazioni del Natale mentre Israele continua a bombardare Gaza

BDS : A guide to online security for activists

La Spoon River degli artisti di Gaza. Scrittori, poeti, pittori: almeno 10 vittime nei raid. Sotto le bombe muore anche la cultura palestinese