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PRIGIONIERI PALESTINESI: A RISCHIO LA SALUTE DI AHMAD SA’DAT e intanto Hamas...


Nel quindicesimo giorno di protesta, 420 nuovi prigionieri si sono uniti allo sciopero della fame. Tra strategie da adottare e solidarietà, è allarme per lo stato di salute di Ahmad Sa'dat, segretario del Fronte popolare per la liberazione della Palestina in isolamento dal 2009.


Di GIORGIA GRIFONI, Betlemme (Cisgiordania), 11 ottobre 2011, Nena News /La protesta non si fermerà fino a quando i carcerati non avranno raggiunto tutti gli obiettivi che si sono prefissi due settimane fa. E’ quanto ha riportato oggi il quotidiano al-Ayyam, citando anche una dichiarazione del ministro palestinese per gli affari dei prigionieri, Issa Qaraqei secondo cui  420 detenuti della prigione di Gilbou si sarebbero uniti allo sciopero della fame iniziato il 27 settembre scorso.  Sempre secondo il quotidiano di Ramallah, anche i detenuti appartenenti ad Hamas potrebbero unirsi alla protesta per far pressione in favore dei loro compagni che sono in isolamento. Perché i membri di Hamas non abbiano ancora formalmente aderito allo sciopero della fame, è fonte di sconcerto tra gli altri detenuti. In un’intervista rilasciata a Radio Voce della Palestina,  Feras Qadura , leader del club degli ex-prigionieri politici palestinesi si è detto allibito per il comportamento di Hamas. “Stanno esitando. E io credo –ha affermato Qadura- che non ci sia posto per l’esitazione ora. L’impatto dello sciopero sarebbe molto più forte se Hamas e la Jihad Islamica partecipassero”.
Secondo Qaraqei, la protesta si starebbe intensificando e i prigionieri starebbero minacciando di eliminare persino l’acqua, l’unica fonte di sostentamento disponibile dopo che l’amministrazione carceraria israeliana li ha privati di succhi, latte e sale per proteggere lo stomaco dagli effetti del digiuno. Già qualche giorno fa alcune associazioni per i diritti umani avevano lanciato un allarme per le condizioni di salute in cui potrebbero versare gli scioperanti: allarme a cui la portavoce dell’amministrazione carceraria israeliana Sivan Weizmann ha risposto ieri con una rassicurazione sul buono stato di salute dei prigionieri.
Si teme soprattutto per Ahmad Sa’dat, segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, uno dei  50 detenuti ad aver dato inizio allo sciopero il 27 settembre. L’organizzazione palestinese per il supporto e i diritti dei prigionieri “Addameer” ha lanciato ieri un appello in favore di Sa’dat  perché venga ricoverato subito in ospedale e la Croce rossa internazionale possa visitarlo in prigione. Alcuni avvocati che sono riusciti a fargli visita il 6 e il 9 ottobre segnalano la sua forte perdita di peso, la mancanza di concentrazione e i frequenti svenimenti, accompagnati da vomito. Secondo un medico indipendente, si tratterebbe di sintomi legati alla confisca del sale che, se non trattati, potrebbero portarlo rapidamente alla perdite del 23% della sua massa corporea e a mettere seriamente in pericolo la sua vita. Oltre alle pressioni fisiche, anche quelle psicologiche contribuiscono ad indebolirlo: Ahmad Sa’dat, arrestato dall’Autorità palestinese nel 2002 –sotto pressione israeliana- per essere il presunto mandante dell’omicidio dell’allora ministro del turismo Ravaham Zeevi, è stato condannato nel 2008 dal tribunale militare israeliano a 30 anni di carcere per essere il capo di un’organizzazione terroristica illegale e quindi responsabile di ogni sua azione. Dal 2009 è detenuto in completo isolamento nel carcere di Nahfa: oltre a leggere, gli è proibito ricevere visite di familiari, amici, compagni di prigione e consulenti legali.
Cresce intanto la solidarietà popolare per la lotta dei prigionieri palestinesi. Per domani è previsto uno sciopero generale in Cisgiordania e, secondo quanto riporta l’attivista italiana a Gaza Silvia Todeschini, anche in Italia qualcuno si starebbe mobilitando: un sit in è stato organizzato a Roma il 14 ottobre davanti all’ambasciata israeliana in via Michele Mercati, mentre a Milano ne è previsto uno per il pomeriggio del 22, dalle 17 alle 18.30 in piazza dei Mercanti. E tre cittadini italiani, tutti di Udine, starebbero portando avanti il loro sciopero della fame in sostegno dei prigionieri politici, che va a unirsi a quello di decine di persone in Israele e nei Territori palestinesi. Nena News

2 e Hamas con somma ipocrisia si sente imbarazzato

Gerusalemme, 13 ottobre 2011, Nena News – Avverrà martedì 18 o mercoledì 19 lo scambio tra il caporale israeliano Ghilad Shalit e il primo scaglione di detenuti politici palestinesi previsto dall’accordo raggiunto due giorni fa da Israele e Hamas. Lo dicono fonti israeliane. Ma dopo i festeggiamenti in Cisgiordania e Gaza per il prossimo ritorno a casa di mille detenuti (una quarantina di questi però sono destinati all’esilio), ora cominciano le polemiche per la mancata inclusione nella lista di prigionieri da liberare di Marwan Barghouti e Ahmed Saadat, rispettivamente il segretario in Cisgiordania del partito Fatah e il segretario generale del Fronte popolare per la liberazione della Palestina.
Da parte di Fatah si sostiene che Hamas abbia, per puro calcolo politico, deciso accettare un accordo minimo con Israele rinunciando ad insistere sulla liberazione di Marwan Barghouti, il più stimato e popolare dei dirigenti del partito guidato dal presidente dell’Anp Abu Mazen. Il Fronte popolare non commenta in pubblico ma nei suoi ranghi regano delusione e malumore per la mancata scarcerazione di Saadat. Hamas respinge le accuse. L’agenzia di stampa palestinese “Maan” sostiene che la lista dei detenuti che Israele si è impegnato a scarcerare in cambio di Shalit avrebbe compreso fino a poche ore dalla firma anche i nomi di Barghouti e Saadat. All’ultimo momento però i negoziatori israeliani li avrebbero cancellati e Hamas pur di non far saltare l’accordo ha deciso ugualmente di firmarlo.
Qualcuno però nota che questa improvvisa scelta «pragmatica» di Hamas è avvenuta sui nomi di leader di altre fazioni. Altri aggiungono che la lista dei detenuti che verranno scarcerati è stata resa nota dal movimento islamico solo dopo l’annuncio dell’accordo raggiunto con Israele, una mossa, dicono, volta proprio a prevenire le polemiche per la mancata liberazione di detenuti politici di primo piano. Non è sfuggito peraltro il fatto che Hamas abbia rinunciato anche alla scarcezione di alcuni dei suoi capi militari e accettato l’esilio per decine di detenuti  imposto da Netanyahu. Da parte loro i leader del movimento islamico spiegano di non aver diffuso la lista dei detenuti in anticipo soltanto per «ragioni tecniche». Nena News

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