Organizzazioni per i diritti umani:“Le violazioni dei diritti umani in Israele non sono una questione interna, ma internazionale”

La Coalition of women for peace (CWP) è un’organizzazione femminista pacifista israeliana nata nel 2000, che si batte contro l’occupazione, il razzismo, le violazioni dei diritti umani in Israele, nei Territori Occupati e a Gaza.
di Cecilia Dalla Negra
In merito alla proposta di legge per il taglio ai finanziamenti esteri alle Ong israeliane, abbiamo sentito il parere della coordinatrice del CWP, Ma’ayan Dak.
 La Knesset è pronta ad approvare un nuovo disegno di legge contro le Ong israeliane per limitare i finanziamenti esteri, ma ha proposto una distinzione tra quelle che hanno un’agenda “politica” e quelle che invece si occupano di “diritti umani”.
Non è possibile fare una distinzione, i diritti umani sono una questione politica. La nostra è una battaglia per porre fine alle violazioni, e definirla “politica” è inevitabile. 
Violazioni che non sono una questione interna israeliana, ma anche internazionale. È evidente che il governo sta compiendo ogni sforzo possibile per paralizzare il lavoro quotidiano delle Ong.

Si può quindi parlare di interferenza nel vostro lavoro e di criminalizzazione del dissenso interno?
L’aspetto più importante non è l’effetto che potrà avere la nuova legislazione sul nostro lavoro quotidiano, ma il suo significato profondo per la direzione che la “democrazia” in Israele sta prendendo.
Durante gli ultimi anni siamo stati testimoni di molte leggi anti-democratiche, come quelle sulla Nakba o contro il Boicottaggio.
Ci battiamo contro tutto questo e continueremo a farlo. Qualunque legge che questo parlamento anti-democratico tenterà di approvare non fermerà il nostro lavoro, piuttosto ci farà cambiare strategia perché sia ancora più efficace.
La CWP, insieme ad altre Ong, sta cercando di immaginare nuovi scenari se queste restrizioni verranno effettivamente approvate.

Un ruolo importante, il vostro, a livello di società civile.
Noi continueremo a batterci. Non ci sono leggi o restrizioni che possano fermare le nostre battaglie, ma solo la fine dell’occupazione e della militarizzazione della società israeliana. Continueremo a resistere.
Siamo parte di diverse reti di difesa dei diritti umani e attivisti che collaborano su questioni specifiche, leggi o eventi particolari in Israele e nei TPO.
Siamo convinte che, proprio per la direzione che sta prendendo il Parlamento israeliano, la comunità internazionale possa e debba mantenere alta l’attenzione e giocare un ruolo centrale per aumentare le pressioni su Israele, prendendo una posizione chiara e cercando di prevenire i provvedimenti pericolosi che si stanno profilando.
Sono tempi difficili, ma proprio per questo è ancora più importante il nostro ruolo all’interno della società civile israeliana.

Israele: la Knesset prepara l’ultimo attacco alla democrazia   Atteso per la prossima settimana il voto del Parlamento israeliano (Knesset) sulla proposta di legge che limiterà i finanziamenti esteri alle Ong israeliane con un’agenda “politica” e non “umanitaria”. Fissato a quattro mila euro annui il tetto delle donazioni straniere: preoccupazione e proteste dalla società civile.

di Cecilia Dalla Negra

La prima caratteristica della democrazia è la libertà; quella di uno Stato democratico la presenza di organizzazioni e associazioni della società civile che garantiscano ed esercitino il proprio diritto di critica.
In Israele, da più parti definita “la sola democrazia del Medioriente”, la Knesset si prepara invece a votare una proposta di legge disegnata su misura per limitare l’azione delle tante organizzazioni non-governative impegnate nella difesa dei diritti umani nell’area.
Se non possono essere chiuse d’ufficio per non-allineamento alle politiche del governo, basta colpire al cuore della loro sopravvivenza: le donazioni e i finanziamenti esteri.
La discussione in Parlamento è prevista per la prossima settimana, ma la proposta di legge è stata approvata in via preliminare lo scorso 13 novembre dal comitato ministeriale incaricato.
Presentata dal governo di Benjamin Nethaniyahu, stabilisce un tetto massimo di 20 mila shekels ( quattro mila euro) per le donazioni straniere alle Ong israeliane.
Una seconda proposta di legge, presentata questa volta da Fania Kirshenbaum, esponente del partito di ultra-destra Yisrael Beiteinu, inserirebbe invece una tassazione del 45% su tutti i fondi esteri destinati a Ong locali che siano anche sostenute da versamenti statali interni.
Nel disegno si legge che la proposta non interesserà il mondo della cooperazione nel suo insieme, ma solo quelle organizzazioni che, dietro la “scusa della difesa dei diritti umani” e “sotto mentite spoglie”, nascondono in realtà un’agenda “politica” manovrata dall’esterno, facendo pesare l’interferenza di “entità statali straniere” nel dibattito interno.
Non viene specificato, per il momento, cosa si intenda esattamente per “politico”, ma la risposta è intuitiva: tutto quello che non è gradito alla destra in carica, e che non sia allineato con le politiche portate avanti da Israele tanto all’interno che all’esterno dei propri confini.
Si tratta solo dell’ultima tappa di un percorso non propriamente democratico iniziato con l’entrata in carica del governo Netanyahu - che è passato per l’emendamento alla legge sulla cittadinanza, che impone ai nuovi cittadini non ebrei di prestare giuramento di fedeltà allo stato “ebraico e democratico” discriminando così le minoranze non ebree residenti in Israele – e per la “Boycott Bill”, che prevede sanzioni contro tutte le persone e le organizzazioni che invitino al boicottaggio di Israele e delle sue colonie nei Territori Occupati, con risarcimenti danni fino a 10 mila euro.
Una mossa, quella della destra israeliana, che mostra anche tutta la sua debolezza, in un periodo di crisi economica che ha portato in piazza la società civile nel movimento degli “indignati” di Tel Aviv, e che tenta di alimentare la discordia interna mantenendo la separazione, oltre che tra israeliani e palestinesi, anche tra cittadini impegnati nella lotta contro l’occupazione.
A dispetto delle apparenze la società organizzata in Israele esiste, e fa sentire la propria voce anche attraverso l’azione delle organizzazioni non-governative che operano di concerto per impattare sulla Comunità internazionale e mettere in evidenza le contraddizioni presenti nel paese.
Ecco allora che per questo governo, particolarmente attivo nella promulgazione di leggi razziste e discriminatorie, si rende necessario il tentativo di imbavagliare le voci libere.
Tante le proteste, tra cui quelle del capo delegazione dell’Unione europea a Tel Aviv, Andrew Standley, che ha definito “antidemocratico” il provvedimento di legge presentato: solo dall’Ue, ogni anno, vengono donati alla società civile israeliana circa due miliardi di euro.
Allarmata anche la Association of civil rights in Israel (Acri), il cui direttore esecutivo, Hagai El-Ad, ha affermato che “il governo attuale sta portando avanti un attacco alle basi della democrazia, alla libertà di espressione e ai diritti dei cittadini arabi.
Uno stato democratico – ha aggiunto – dovrebbe assicurare libertà di espressione e pluralismo. Continueremo a batterci contro i tentativi del parlamento di deviare dall’assetto democratico del paese”.
Determinata a portare avanti le proprie battaglie anche la Coalition of women for peace, la cui coordinatrice, Ma’ayan Dak, in un’intervista a Osservatorio Iraq ha sottolineato come la proposta di legge sia rischiosa “non tanto per gli effetti che potrà avere sul nostro lavoro, ma per il significato profondo che ha rispetto al carattere democratico del paese”.
Elhanan Miller ; gli attivisti dei diritti umani non dovrebbero essere considerati anti-israeliani


3  Don Futterman : attacco alle associazioni israeliane per i diritti umani ,un atto di bullismo pericoloso per la democrazia sintesi personale  Il  governo sta giocando la carta del patriottismo  per   indagare quelle organizzazioni che osano criticare il comportamento delle Forze di Difesa Israeliane.In effetti  dovrebbe essere la stessa IDF a investigare  sul  perché così tanti manifestanti sono stati uccisi durante le manifestazioni legali contro la barriera di sicurezza, o sui presunti misfatti  dell'operazione "Piombo Fuso. L'IDF ha  un proprio avvocato:  Avichai Mendelblit, lodato da  B'Tselem, una delle ONG attualmente sotto accusa .L'anno scorso, il ministro della Difesa Ehud Barak ha definito l'esercito israeliano il più morale della terra. Le ONG che Yisrael Beitenu vuole minare , sono le stesse organizzazioni che lottano per assicurarsi che l'IDF sia all'altezza del suo standard.  I membri di Breaking the Silence (BTS)   sono veterani dell'esercito israeliano e riservisti  che hanno prestato servizio nei territori dal 2000 fino ad oggi. Molti continuano a prestare servizio  come riservisti  e assolvono  i loro compiti fedelmente,  garantendo, anche, la sicurezza dei coloni.BTS ha due obiettivi: denunciare il danno che stiamo facendo ai nostri soldati in servizio nei territori occupati ,impegnati  in atti di dubbia moralità o legalità e  il danno che stiamo facendo ai palestinesi. BTS dà voce a quei  soldati  disposti a mettersi  in discussione  e  che  ,conseguentemente, cercano di elevare gli standard morali della IDF.L'organizzazione raccoglie le testimonianze di ex militari, ma ne  pubblica solo una minima parte,perché  vuole  utilizzare anche altre fonti suppletive. Le testimonianze sono pubblicati in forma anonima per permettere ai soldati di parlare nel modo più trasparente possibile  ed evitare  eventuali ritorsioni dall'  IDF o da altre agenzie governative. Le pubblicazioni di  BTS sono destinate  a far conoscere  la verità al pubblico israeliano,  a fare pressione  sull' IDF  affinché   siano definiti i  comportamenti morali dell'esercito.In qualsiasi democrazia  i più grandi patrioti sono coloro che hanno osato  dire la verità al potere. Per più di 20 anni, l'Associazione per i Diritti Civili in Israele (Acri), ha avuto il coraggio di denunciare  le ingiustizie della società israeliana  per garantire diritti civili a tutti: ai poveri, ai nuovi immigrati, ai lavoratori stranieri , ai nostri cittadini arabi , ai  nostri vicini palestinesi. Mentre il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman lavora  per far tacere  il dissenso,le  organizzazioni per i diritti lottano per far nascere  un discorso serio e aperto sul futuro di questo paese. Le organizzazioni sotto inchiesta non hanno niente da nascondere, ma  le nostre risorse sarebbe  meglio utilizzarle per  indagare sulle  ingiustizie denunciate - in particolare l'abuso quotidiana sui palestinesi  .Gli estremisti che ci governano, credono  che il potere  dia loro il diritto di abusarne, trasformando in nemici dello stato chi critica  .Lieberman è ora al potere, ma non avrà sempre il potere. Se egli riesce a creare una società che punisce il dissenso, nulla esclude che ,in un domani, le stesse leggi siano utilizzate contro chi le ha create.Ma non vogliamo che ciò possa accadere . Noi vogliamo una democrazia aperta che tuteli  la libertà di parola e di dissenso.Dobbiamo anche dire "No." Non permetteremo che le nostre organizzazioni  siano  vittime di bullismo, minacciate e perseguitate  nel silenzio. La nostra democrazia non può permettersi di essere ulteriormente vittimizzata  Israeli democracy can't afford to be victimized any further

4   B'Tselem risponde alle accuse della giornalista Caroline Glick

5  Neve Gordon: l ’assalto di Israele ai diritti umani
 Immaginate la studentessa di un college che torna alla sua università dopo aver trascorso le vacanze di Natale a casa. All’aeroporto si connette a Internet per ricontrollare alcune fonti di cui si è servita per la preparazione dell’esame finale al corso “Introduzione ai Diritti Umani”. Si collega in rete e comincia a navigare sul web. Si rende subito conto che i siti AMNESTY INTERNATIONAL e HUMAN RIGHTS WATCH sono bloccati. Chiama il numero 800 del servizio provider e scopre che tutti i siti delle organizzazioni per i diritti umani sono in effetti stati messi sotto controllo e non vi si può accedere dall’aeroporto.Voi probabilmente state pensando che questo non potrebbe avvenire negli Stati Uniti. Queste pratiche sono comuni in Cina, nella Corea del Nord, in Siria ma non nelle democrazie liberali che si vantano del proprio basilare rispetto della libertà di espressione.
Negli Stati Uniti naturalmente gli studenti possono accedere ai siti sui diritti umani, non importa da dove essi navighino. Ma in Israele, che pure è conosciuto come la sola democrazia del Medio Oriente, ai siti sui diritti umani, così come a quelli di alcune organizzazioni dell’estrema destra, non si può accedere dall’aeroporto Ben Gurion, l’unico aeroporto internazionale del paese.Se questo attacco alla libertà di espressione fosse semplicemente un incidente isolato si potrebbe concludere che si è trattato di un errore, ma la chiusura dei siti sui diritti umani fa parte in effetti di un assalto ben orchestrato dell’attuale governo contro le istituzioni democratiche di Israele, le sue regole e procedure. Una serie di progetti di legge antidemocratici che stanno per essere ratificati alla Knesset prevedono che debba considerarsi reato il sostegno a qualsiasi ideologia che appaia alternativa alle interpretazioni conservatrici del sionismo come per esempio il concetto che Israele debba essere una democrazia per tutti i suoi cittadini.Ai primi di gennaio quarantuno membri della Knesset (contro 16) hanno votato a favore della proposta di formare una commissione parlamentare di inchiesta sui finanziamenti alle organizzazioni israeliane per i diritti umani. La deputata Fania Kirshenbaum, che ha presentato la proposta, ha accusato i gruppi per i diritti umani di procurare materiale alla Commissione Goldstone che aveva condotto l’inchiesta sull’offensiva di Israele a Gaza nel 2008-2009.Se si considera che il finanziamento a tutte le organizzazioni per i diritti umani in Israele è reso pubblico ogni anno e verificato dal revisore contabile di stato, l’idea di creare una commissione parlamentare per indagare sulle loro entrate è semplicemente una cortina fumogena. Il vero scopo della commissione parlamentare è quello di esercitare un’intimidazione contro i gruppi israeliani per i diritti e i loro sponsor, con il risultato di soffocare la libertà di parola.La Kirshenbaum stessa lo ha dichiarato quando ha accusato le organizzazioni per i diritti di stare “dietro alle accuse mosse contro gli ufficiali e i funzionari israeliani nel mondo”. La maggior parte dei membri della Knesset che sostengono la proposta della Kirshenbaum vogliono impedire alle organizzazioni per i diritti di appellarsi alla legge internazionale sui diritti umani e alla giurisdizione comune. Essi dunque vogliono privarli dei loro strumenti basilari, gli strumenti usati per criticare le politiche contro i diritti. Non possono opporsi ai gruppi per i diritti umani ma fanno in modo che essi non possano operare. Secondo il loro miope modo di vedere, il problema non sta nei comportamenti contrari all’etica di Israele ma nelle organizzazioni che li denunciano. La delegittimazione della democrazia in corso da parte di questi cani da guardia, contro le Organizzazioni Non Governative per i Diritti Umani, la stampa e gli intellettuali, sta conducendo Israele lungo una ripida e scivolosa china.La prossima volta che qualcuno si troverà a viaggiare dall’aeroporto Ben Gurion gli o le potrebbe capitare di non riuscire ad accedere ai siti israeliani per i diritti quali Medici per i Diritti Umani o B’Tselem, non perché i siti siano stati bloccati ma perché le organizzazioni sono state chiuse.La domanda che la Kirshenbaum e i suoi sostenitori devono porre a se stessi è: quale paese attacca le proprie organizzazioni per i diritti umani? La risposta è chiara.Neve Gordon
Università Ben Gurion
Politics and Government Department
Neve Gordon: l 'assalto di Israele ai diritti umani | bocchescucite


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