“I Fratelli Musulmani hanno due obiettivi: moralizzare lo Stato e non spaventare gli investitori stranieri”


Patrick Haenni, Senior Researcher all’Istituto di ricerca Religioscope e intervistato da “Le Monde” la settimana scorsa, spiega oggi a The Post Internazionale la politica economica dei Fratelli Musulmani in Egitto
Rashaad El Bayumi, professore di geologia all'università del Cairo e membro dei Fratelli Musulmani dagli anni Sessanta, è l'attuale vice-presidente dell'organizzazione. Foto di Carlo Gianferro, Slate.fr
Non sono stati pochi quelli che, dopo la loro vittoria alle ultime elezioni legislative, li hanno considerati pericolosi anche per il sistema economico del Paese. Ma Patrick Haenni (nella foto a sinistra), ricercatore all’Istituto indipendente Religioscope di Friburgo e autore di “L’Islam de marché” ci spiega che in realtà i Fratelli Musulmani sono dei liberali, difendono la proprietà privata e non si fidano della classe operaia.
L’universo politico dei Fratelli Musulmani è fondato sull’idea di uno Stato islamico. Come si traduce questa idea in termini economici?
Prima di tutto vorrei dire che oggi, tra i Fratelli Musulmani, non è ancora molto chiaro in che modo si traduca l’idea di uno Stato islamico in termini religiosi ed economici. L’unica cosa chiara è che la strategia dei Fratelli Musulmani è una strategia di potere: ovvero costruire un nuovo Stato avendo molto potere in Parlamento, in modo da poter controllare non tanto il governo quanto piuttosto il Presidente. E una volta fatto ciò, conferire al nuovo Stato un riferimento sia di tipo morale che etico. Ma comunque, anche se non hanno un vero e proprio programma economico, i Fratelli Musulmani sono dei liberali, difendono la proprietà privata, sono scettici nei confronti degli scioperi e non si fidano molto della classe operaia.
In una sua ricerca, pubblicata nel 2009 su Religioscope.fr, lei spiega che in realtà i Fratelli Musulmani non sono i portavoce dei “diseredati”, come si crede. Ma allora come giustifica la loro vittoria alle ultime elezioni legislative?
Il fatto è che la logica del voto non si è fondata sul programma economico della Fratellanza. La gente li vota perché sono organizzati, conosciuti e perché da un punto di vista etico non sono corrotti, al contrario di molti altri. I Fratelli hanno la capacità di intuire cosa vuole la gente: sono stati i primi a capire che il popolo egiziano non era per forza rivoluzionario. Hanno capito che dopo la caduta di Mubarak non tutti erano inclini ad una politica di pressione costante nei confronti del nuovo regime, in modo da arrivare ad una vera e propria rottura istituzionale sul modello tunisino, ma piuttosto che il popolo mirava ad una trasformazione del sistema più graduale, incominciando da una modifica parziale della Costituzione.
Quindi, secondo lei, nonostante il periodo difficile in cui versa l’Egitto, per gli egiziani il discorso economico è stato secondario rispetto a quello morale, istituzionale ed etico?
Assolutamente, gli egiziani giudicheranno la politica economica della Fratellanza solo una volta che sarà riorganizzato lo Stato. Ma in ogni caso -e questa è una scommessa- penso che la loro politica economica si svilupperà sul modello di quella dell’Akp turco.
Al contrario di molti analisti, lei sostiene che i Fratelli Musulmani hanno uno spirito imprenditoriale e manageriale. Gli investitori stranieri possono quindi star tranquilli?
Io credo che i Fratelli Musulmani siano estremamente prudenti e rigorosi sulle questioni internazionali. Non vogliono ripetere gli errori del Fis algerino (Il Fronte Islamico di Salvezza Nazionale) o di Hamas e sanno che il mondo li guarda con timore. Una delle loro strategie, sin dall’inizio, è stata quella di rassicurare tutti rispetto alla questione israelo-palestinese e di rassicurare gli investimenti stranieri. Inoltre, in termini di competenze manageriali, i Fratelli Musulmani ne hanno almeno come gli altri partiti più liberali e secolari. La loro è un tipo di organizzazione che funziona bene, ed è anche grazie a questo che sono stati in grado di formare nel mondo islamico una classe dirigente. E in tutta la regione nordafricana, in Marocco, in Tunisia e in Libia, le classi dirigenti che funzionano meglio sono sicuramente quelle islamiche. articolo A cura di Francesca Caruso



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7   Per al Qaradawi l'intervento in Libia era necessario  Sheikh Youssef al Qaradawi, egiziano legato ai Fratelli musulmani, ma trapiantato nel Qatar, ha affermato che l'intervento armato in Libia era "necessario" e non c'era altra strada che far ricorso all'Onu, visto che la Lega araba non ha un dispositivo per simili circostanze. Qaradawi, che in passato aveva duramente condannato le aggressioni ai palestinesi, ai libanesi, come le invasioni dell'Iraq, del Libano, della striscia di Gaza, ha detto ad al Jazeera che l'azione militare era inevitabile, perché l'esercito di Gheddafi uccideva degli innocenti.
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8  Egitto: Chiesa copta accetta dialogo Fratelli musulmani ]La Chiesa copta ortodossa d'Egitto accoglie favorevolmente l'iniziativa della guida suprema dei Fratelli musulmani, Mohamed Badie, per l'avvio di un dialogo diretto con i giovani cristiani. Ne ha dato l'annuncio il vescovo di al-Maasara e Helwan, Anba Basanti. La comunicazione del vescovo arriva in contemporanea con quella dei responsabili del partito in costruzione dell'Unione del Partito della Gioventù Cristiana, per la convocazione di un nuovo sit in davanti al palazzo della televisione (noto anche come Palazzo Maspero), per venerdì 25 febbraio.  La manifestazione proseguirà fino a quando non saranno soddisfatte tutte le richieste del nascente partito riguardanti l'arresto e la condanna dei responsabili dell'attacco che portò all'incendio della chiesa della Vergine, di Atfih, nel villaggio di Soul, nel comune di Helwan, a sud del Cairo,il 5 febbraio. "Diamo il benvenuto a tutti gli sforzi per la pace e l'amore nel mondo - ha dichiarato all'agenzia MENA il vescovo Basanti - e soprattutto nella nostra amata nazione, l'Egitto.Egitto: Chiesa copta accetta dialogo Fratelli musulmani

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