SINDACO TEL AVIV: CACCIAMO VIA I MIGRANTI. Un nuovo muro in costruzione


Sono circa 1200 i migranti africani che arrivano dal Sinai ogni mese. Una presenza sempre meno accettata dalle autorità israeliane, che per arginare l' "invasione" hanno accelerato i lavori di costruzione della barriera lungo il confine con l'Egitto.


GIORGIA GRIFONI
Roma, 7 dicembre 2011, Nena News. Il sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai, li chiama “infiltrati”. Per il premier Benjamin Netanyahu sono invece “una minaccia per il tessuto economico, sociale e demografico su cui si basa lo stato di Israele”. Il primo cittadino della capitale dichiara allarmato che “stanno cambiando il volto di interi quartieri”, mentre il presidente del Consiglio assicura la determinazione nel “difendere i nostri confini e l’esistenza dei nostri cittadini”. Si punta il dito di nuovo contro gli immigrati, in Israele. Non quelli ebrei che compiono l’aliya per tornare “a casa”, ai quali viene fornito un “Klita” (cestino) contenente tutti i benefici –dal lavoro, alla casa, ai corsi di ebraico- che un ebreo che immigra in Israele si merita. Ma quelli che vengono dall’Africa – principalmente Eritrea, Sudan e Congo- e varcano la frontiera con il Sinai da “rifugiati”. E che presto saranno tenuti fuori dai confini da una recinzione lunga 240 km.
E’ di sabato la lettera che il sindaco di Tel Aviv ha inviato al suo primo ministro, chiedendo un meeting urgente sui migranti stranieri in Israele.  Netanyahu ha risposto repentinamente dedicando la riunione di gabinetto di domenica 4 dicembre alla questione.  “Alcuni giorni fa ho visitato Eilat – ha esordito il premier davanti agli altri ministri- e ho ascoltato il pianto dei residenti per una città inondata dagli infiltrati illegali. Bisogna stare lì ad ascoltare la disperazione delle madri, dei padri, dei titolari di aziende, i cui lavori sono stati portati via e che sentono che stanno perdendo la loro città”. Ha promesso due cose: il completamento della barriera di separazione tra il Sinai egiziano e il deserto del Negev entro un anno, e multe salate per quei datori di lavoro che impiegano manodopera immigrata illegalmente.
Secondo fonti governative, ogni mese in Israele entrerebbero illegalmente circa 1200 migranti. Spesso superstiti dei “campi della morte” del Sinai, vengono condotti in centri di detenzione come la prigione di Saharonim. Le autorità non si preoccupano di verificare lo status del profugo, sia esso richiedente asilo o meno. Il risultato è che, una volta rilasciata, la fiumana di migranti si riversa nelle grandi città israeliane senza diritti né identità. Sostituti – a partire dallo scoppio della seconda Intifada- dei Palestinesi nei lavori agricoli ed edili, i “clandestini” sono stati tollerati dalle autorità fino a quando il loro numero non ha cominciato a minacciare la preponderanza demografica ebraica.
Le stime indicano infatti che, dal 2007 a oggi, il numero degli emigrati israeliani continua a crescere rispetto ai nuovi immigrati ebrei, principalmente provenienti dalle ex-repubbliche sovietiche. Netanyahu ha specificato più volte che vuole “preservare una maggioranza ebraica, tale da assicurare a Israele il suo carattere ebraico”. E il suo ministro degli esteri, il leader del partito ultra-ortodosso Shas Eli Yishai ha più volte tentato di espellere intere famiglie di immigrati africani, non riuscendoci solo per interposizione delle associazioni per i diritti umani. Durante l’era Mubarak, Israele era solito rimandare al mittente molti dei rifugiati, che dall’Egitto venivano rispediti nei loro paesi d’origine. Ma ora che il fidato vicino non c’è più, la situazione si complica. Ed è qui che interviene la barriera di separazione dall’Egitto, che viene costruita al ritmo di 800 metri al giorno.
Secondo il comune di Tel Aviv, sarebbero circa 40mila i lavoratori migranti e 20mila i richiedenti asilo presenti in città. Vivono quasi tutti nel sud di Tel Aviv, tra il quartiere di Neva Sha’anan e il sobborgo di Hatikva. Zone che, secondo Huldai, stanno cambiando aspetto e vanno salvate. “L’anno scorso –spiega Shula Keshet, attivista israeliana residente a Neve Sha’anan- durante le celebrazioni per il centenario della fondazione di Tel Aviv, Huldai è venuto qui ed è rimasto scioccato. Ha detto che questo quartiere necessita di molti fondi. Ci ha dato un milione di shekel, con cui puoi riparare qualche marciapiede, mettere delle panchine e un paio di lampioni. Per i festeggiamenti, invece, ha stanziato 64 milioni. Poi quest’estate, quando ha smantellato tutte le tendopoli delle proteste, ha deciso di lasciare in piedi solo quelle di Hatikva e di Jaffa, perché c’erano dei barboni. Gli ho fatto notare come qui fosse la stessa cosa. Lui ha risposto: tra di voi ci sono anche rifugiati. E non ci sono ebrei”.

Con cadenza annuale gli immigrati vengono utilizzati dalle autorità israeliane come spauracchio quando, spiega Oscar Olivier, attivista congolese immigrato in Israele, “un politico non adempie alle proprie promesse”. Come Huldai -odiato dal movimento di protesta degli “indignados” per le sue controverse politiche urbanistiche- che cerca mobilitare gli israeliani che vivono nei quartieri poveri contro i migranti, attribuendo loro la colpa di un degrado che è dovuto, in realtà, all’indifferenza del Comune. Una municipalità che verrà rinnovata nel 2013, della quale Huldai ha già perso la maggioranza in consiglio comunale e dove rischia di non essere eletto per la quarta volta consecutiva.  Oppure un diversivo, come specifica l’attivista Nadav Franckovich, “perchè si devono coprire un po’ gli occhi all’opinione pubblica sulla legislazione anti-democratica proposta dal Governo. Una legislazione che delegittima le organizzazioni -tra le altre- che aiutano i rifugiati”. Nena News  
 Continua


allegati

Israele: immigrazione straniera e rifugiati


Israele: razzismo sotto la copertura della Torah


Testimonianze : no alla deportazione dei bambini stranieri


La politica della paura (di Zvi Schuldiner)

2   ISRAELE. Padre Pizzaballa: «No al nuovo muro anti-immigrati»
«La barriera servirà ad accentuare la separazione,l’impenetrabilità del confine». E' quanto ha affermato padrePizzaballa, Custode di Terra Santa, in un'intervista alla “Radio Vaticana” in merito alla decisione delPrimo Ministro israeliano Benyamin Netanyahu di costruire una barriera lungo il confine con l'Egitto per impedire l'ingresso agli immigrati clandestini provenienti dall'Africa e a quelli che ha definito “terroristi”. Secondo il Custode, il muro – pensato sul modello di quelli già esistenti con la Striscia di Gaza e la Cisgiorndania – non avrà grandi ripercussioni sul confine: «Anche se adesso non c’è una barriera, è già piuttosto custodito». Il premier ha comunque affermato che Israele continuerà ad accogliere i profughi che provengono da zone di conflitto. Israele, ha ricordato, è ormai di fatto «un’enclave separata rispetto a tutto il resto del Medio Oriente».Questo atteggiamento, ha ammesso, «ha ottenuto degli effetti», visto che «bisogna riconoscere onestamente che gli attentati sono quasi del tutto scomparsi». I muri, ha denunciato padre Pizzaballa, sono comunque estremamente deleteri dal punto di vista sociale e umano.

 Per la popolazione palestinese, ha ricordato, gli effetti «sono drammatici, perché sono separati dalle scuole, dal lavoro, dalle attività: intere comunità sono divise. Il muro blocca la vita di centinaia di migliaia di palestinesi. Soprattutto nelle zone fra Gerusalemme e Betlemme il muro separa i bambini dalla scuola, la gente dall’ospedale, gli uomini dai posti di lavoro, creando seri problemi per la vita normale di ogni giorno». 

In questo contesto, ha commentato, è necessario «che la Chiesa continui, come il Papa sta facendo, e così anche i Vescovi, ad essere presente con la preghiera anzitutto, ma anche con un’azione forte sui mezzi di comunicazione e sulle autorità politiche, perché questa realtà non venga dimenticata e venga affrontata con la serenità necessaria». Il muro tra Israele e l'Egitto richiederà due anni di lavori, costando circa 270 milioni di dollari.Israele. Padre Pizzaballa: «No al nuovo muro anti-immigrati»



Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

Né Ashkenaziti né Sefarditi: gli Ebrei italiani sono un mistero - JoiMag

Gad Lerner : commento sulla vicenda del piccolo Eltan sequestrato dal nonno materno e ora in Israele

giorno 79: Betlemme cancella le celebrazioni del Natale mentre Israele continua a bombardare Gaza