Amira Hass :Le vignette di Bir Zeit


  • 1 giugno 2012
  •  
  • 09.00
Mi hanno chiesto di non scrivere niente su questa vicenda. Quindi scrivo. Alcuni studenti dell’università di Bir Zeit, in Cisgiordania, hanno minacciato di morte un professore, colpevole di aver appeso alla sua porta alcune vignette che prendevano in giro la poligamia e lo chador. Così si è sparsa la voce che un comunista (cioè un non credente) aveva disonorato Maometto e l’islam. Il professore si è rifiutato di rimuovere le vignette, ma qualcuno le ha strappate.
Alcuni studenti ne hanno approfittato per chiedere che i corsi universitari siano più consoni allo spirito dell’islam. Il sindacato degli insegnanti e una parte degli studenti hanno difeso il professore. Ma lui ha paura e si è rintanato in casa. Non vuole parlare con nessuno. Solo gli amici più stretti hanno potuto incontrarlo. L’università ha nominato una commissione d’inchiesta, che ha concluso i suoi lavori inviando un messaggio a tutti gli studenti: il professore non voleva ridicolizzare l’islam, ma solo avviare un dibattito su alcuni temi sociali. La commissione disciplinare punirà gli studenti accusati di aver minacciato il professore e i corsi non saranno modificati. L’università garantisce la libertà di ricerca, di espressione e di insegnamento, e il rispetto di tutte le religioni.
Un ex studente che sostiene il professore mi ha chiesto di non scrivere niente su questa vicenda. Il fatto che una giornalista israeliana si esprima in suo favore potrebbe essere strumentalizzato dai suoi nemici.
Traduzione di Andrea Sparacino.

Piccola manifestazione

  • 18 giugno 2012
  •  
  • 09.00
Quando sono scesa dalla macchina il mio cuore ha cominciato a battere forte. Sapevo di essere indesiderata e, da pessima attrice quale sono, sapevo anche che non sarei stata brava a mentire se mi avessero chiesto chi ero e cosa ci facevo lì. Com’era prevedibile, la guardia ha capito subito che ero una straniera. Ho borbottato il nome di una giovane impiegata universitaria che conosco. È andata bene e sono riuscita a entrare nel campus dell’università di Bir Zeit, dove si svolgeva una “grande manifestazione” contro la decisione di non punire un professore che aveva appeso alla sua porta delle vignette satiriche sull’islam.
Ho cominciato a vagare tra gli studenti. Alcuni indossavano una maglietta con la scritta “No alla diffamazione dell’islam in nome della libertà”. Altri si sono fermati per dare un’occhiata e poi hanno continuato per la loro strada. Altri ancora non li hanno degnati di uno sguardo. A un certo punto si è unito ai manifestanti un gruppo di donne con il velo. In tutto saranno state ottanta persone, compresi tre bambini. Poi hanno cominciato a marciare. Gli uomini davanti, le donne dietro, a distanza. I manifestanti scandivano slogan per chiedere le dimissioni del professore. Erano furiosi con il rettore, che non aveva esaudito le loro richieste. Quando si sono diretti verso il suo ufficio me ne sono andata, chiedendomi se quella di non scontrarsi con i manifestanti fosse stata solo una decisione prudente o un ordine dall’alto.
Traduzione di Andrea Sparacino.
Internazionale, numero 953, 15 giugno 2012

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