Muri in costruzione su tutti i lati della Fortezza Israele



Muri in costruzione su tutti i lati della Fortezza Israele. 
di Jillian Kestler-D’Amours  
Gerusalemme (IPS) – Mentre Israele continua a costruire muri e barriere, gli analisti sostengono che le politiche isolazioniste del paese e la riluttanza a trattare con i palestinesi e con gli altri vicini arabi, se non con la forza, lo predestinano alla catastrofe.
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“Da un lato chiudiamo dietro un muro i palestinesi, ma, dall’altro, se si guardasse da fuori come si fosse una sorta di zoom e si osservasse il Medio Oriente, si vedrebbe che ad essere murato dentro è proprio Israele. E’ questa isola che sta perdendo ogni contatto con i suoi vicini”, ha dichiarato il docente universitario e scrittore israeliano Neve Gordon. Il muro di Israele nella West Bank, alto otto metri, è ora al suo decimo anno di costruzione. A partire dall’aprile 2012, erano stati completati 434 km di muro, ovvero quasi il 62 % della sua lunghezza totale. 
Nel mese di giugno, Israele ha annunciato che sarebbe stata ripresa la costruzione del muro nel tratto del blocco di colonie di Etzion vicino a Betlemme. La costruzione della sezione attorno a Ma’ale Adumim, una tra le maggiori colonie della West Bank, si prevede debba iniziare con l’anno nuovo. 
“Tutto ciò che si trova sull’altro lato del muro è un mostro, qualcosa di sconosciuto, che si teme. In tal modo esso fa di certo salire il livello del risentimento, dell’odio e così via, perché ciò che non si conosce è un’incognita terrificante”, ha detto Gordon. 
Il governo israeliano promuove il muro come un mezzo per proteggere i civili israeliani dalla violenza palestinese. I palestinesi sostengono che il muro, che penetra in profondità nella West Bank occupata, è per Israele un modo per annettere sempre più terre palestinesi. 
Al termine, secondo l’Associazione Palestinese per i Diritti Umani Al-Haq, si prevede che il muro abbia incorporato 530 kmq di territorio palestinese, equivalenti alla superficie di Chicago, la terza tra le maggiori città degli Stati Uniti. 
Tenere fuori gli africani. 
Ma la decisione di Israele di erigere attorno a sé muri e recinzioni non si esaurisce nella West Bank; la costruzione di una barriera della lunghezza di 230 km lungo il confine meridionale di Israele con l’Egitto procede a ritmi frenetici, nel tentativo di non fare entrare i richiedenti asilo africani. 
Ironia della sorte, i richiedenti asilo in Israele, che ora ammontano a circa 60.000, sono a loro colta coinvolti nella costruzione della recinzione e delle sue infrastrutture. La maggior parte di loro è giunta in Israele attraverso il deserto del Sinai egiziano. 
“Mi sento come se stessi facendo qualcosa contro me stesso”, ha dichiarato il 29 enne Mohammad Anur Adam, un profugo proveniente dal Darfur, nella parte occidentale del Sudan, che ha impiegato otto mesi nella costruzione di una strada che verrà utilizzata dall’esercito e dalla polizia israeliana per pattugliare la barriera. 
“Non c’è lavoro, ecco il perché”, ha confessato Adam nella sua casa di Eilat, la città più meridionale di Israele, a pochi chilometri dall’Egitto. 
Il primo ministro Benjamin Netanyahu dichiara che la barriera è necessaria per conservare rapporti amichevoli con l’Egitto. “Per conservare la pace, ci deve essere sicurezza, e proprio per questo motivo la recinzione è essenziale”, ha affermato. “La sua costruzione rapida è importante sia per la pace che per la sicurezza”. 
All’inizio di quest’anno, Netanyahu ha annunciato che non appena sarà completata la costruzione della barriera lungo il confine con l’Egitto, Israele ne avrebbe costruita una lungo il confine con la Giordania. 
Ancor prima di questa dichiarazione, nel settembre dello scorso anno, in un’intervista al il Wall Street Journal, il re giordano Abdullah II ha affermato che “Israele deve decidersi, se vuole far parte della zona o preferisce essere la Fortezza Israele?” 
Il desiderio di essere recinto. 
Lo storico israeliano Ilan Pappe ha dichiarato che la concezione della “fortezza” di Israele non è una novità, è un prodotto della primitiva concezione sionista. 
“La principale leva sionista e successivamente israeliana non è stata quella di fare parte del Medio Oriente, ma di appartenere all’Europa,” ha sostenuto Pappe. “Che ci siano nemici reali o immaginari all’interno del proprio stato o ai suoi confini, la società ebraica israeliana di sua propria volontà desidera essere recintata in modo da non confondersi con l’ambiente ‘primitivo’ palestinese o arabo”. 
Pappe ritiene che la mentalità israeliana da assedio costringe lo stato a trattare con i suoi vicini solo tramite la forza, che, a sua volta, lo isola ancor più dall’intero Medio Oriente. 
“L’abbattere i muri reali e immaginari potrà essere fatto solo quando Israele, ragionando per assurdo la più grande potenza militare della regione, avrà il coraggio di rinunciare ad alcuni dei suoi privilegi, trasformare Israele e Palestina in uno stato più equo, e accettare di far parte del Medio Oriente, del suoi problemi e delle sue soluzioni.” 
Nel mese di giugno, le autorità israeliane hanno completato la costruzione di un muro di sette metri di altezza che separa il paese dal Libano. La barriera – dotata di telecamere e di sensori per il rilevamento del movimento – si estende per circa 1.200 metri. 
(tradotto da mariano mingarelli)

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