Arabia Saudita e Qatar: un matrimonio imperfetto

La rinascita dei partiti islamici ha acceso la rivalità tra le 'regine' del Golfo: l'Arabia Saudita e il Qatar. Le due monarchie si contendono oggi il ruolo di "baluardo del conservatorismo islamico" e quello di forza motrice del Consiglio di cooperazione del Golfo.



di Giorgio Cafiero* - traduzione a cura di Rino Finamore
Rivalità storiche 
Storicamente, il rapporto tra Arabia Saudita e Qatar è stato permeato da un sentimento di reciproca diffidenza, anche se temperato da un interesse comune a mantenere la stabilità nel Golfo Persico.
Prima dell'indipendenza del 1971, le connessioni della famiglia reale saudita con gli imprenditori, i membri della famiglia regnante e le tribù beduine favoriscono una forte influenza negli affari del piccolo Qatar.
Nel 1992, con l'uccisione di due agenti del governo di Doha in uno scontro a fuoco lungo la frontiera saudita, le relazioni tra i due paesi precipitano per circa un decennio.
Nel 1996, il governo del Qatar accusa infatti Riad di aver favorito un colpo di Stato ai danni dell'emiro Sheikh Hamad bin Khalifa Al Thani, che aveva appena rovesciato suo padre senza spargimento di sangue.
Dieci anni dopo, i funzionari sauditi si oppongono a Dolphin, un progetto per la realizzazione di un condotto sottomarino di gas naturale da 3,5 miliardi di dollari, costruito per collegare il Qatar agli Emirati Arabi attraverso le acque territoriali saudite (senza il consenso di Riyadh). Il gasdotto tra Qatar e Kuwait crea tensioni simili.
Tuttavia  nel settembre del 2007, l'emiro del Qatar decide di recarsi dalla famiglia reale saudita, gesto ricambiato da una visita del re saudita Abdullah bin Abdulaziz a Doha, nel mese di dicembre. Nel corso del 2008-2009, i funzionari dei due paesi continuano a scambiarsi visite diplomatiche, nonostante i legami del Qatar con l'Iran restino una spina nel fianco nei rapporti di 'buon vicinato'.

Il risveglio arabo

Il risveglio arabo riaccende inevitabilmente le tensioni. L'Arabia Saudita - spesso etichettata come lo "Stato contro-rivoluzionario" per il suo ruolo di opposizione ai movimenti democratici in tutta la regione - teme che l'ondata di rivolte popolari possa minacciare la sua posizione di 'àncora' di un ordine conservatore della regione.
Al contrario, salvo che nel caso del Bahrein, il Qatar si schiera con le 'forze rivoluzionarie'. E le posizioni opposte sui Fratelli musulmani diventano fonte di grande tensione.
La famiglia reale saudita ha una visione quantomeno ridimensionata delle vittorie democratiche dei vari affiliati dei Fratelli musulmani nella regione, la loro politica 'democratica' rappresenta una minaccia per il suo sistema autocratico e monarchico.
David Ottaway, studioso presso il Woodrow Wilson Center, spiega: "In Arabia Saudita non ci sono partiti politici, né sindacati, e una partecipazione insignificante della società civile".
"L'Egitto è quasi l'esatto contrario. Ci sono tanti partiti politici, sindacati ed una grande partecipazione della società civile. I Fratelli musulmani rispettano la realtà dell'Egitto, realtà che il regime saudita non può accettare per la propria società".
Anche la Fratellanza musulmana egiziana è in stridente contrasto con la monarchia di Riyadh, considerata ormai il 'burattino decadente e corrotto nelle mani delle potenze occidentali'.
Al contrario, il Qatar punta sull'alleanza con i Fratelli: l'entusiasmante copertura della rivolta egiziana di al Jazeera contribuisce di fatto alla caduta del dittatore Hosni Mubarak.
"Una volta cominciato a costruire il 'momentum' della rivolta, la comunicazione e il coordinamento sono diventati meno essenziali. Tutti guardavano al Jazeera per scoprire dove e quando le proteste stavano accadendo", sottolinea Marc Lynch, direttore dell'Institute for Middle East Studies presso la George Washington University.
Al Jazeera "diventa la sede indiscussa della rivoluzione nell'etere", "un punto di riferimento per il pubblico di tutto il mondo nella condivisione della protesta rivoluzionaria".
L'influenza del Qatar continua anche dopo la caduta del regime. Nel marzo del 2011, Khairat al Shater, allora candidato dei Fratelli musulmani per la presidenza, si reca a Doha per diversi giorni, con l'obiettivo di discutere "il coordinamento tra la Fratellanza nei due paesi", come scrive I'Egiptian Independent.
Inoltre, un volto popolare di al Jazeera, Yusuf al-Qaradawi - cittadino del Qatar di origine egiziana, è un noto membro dei Fratelli musulmani.
E mentre la tv satellitare tenta di diventare la paladina della rivolta di piazza Tahrir, il re saudita Abdullah offre denaro a Mubarak, pretendendo che l'amministrazione Obama restasse fedele al dittatore fino alla fine, anche dopo che le forze di polizia avevano iniziato a uccidere i manifestanti disarmati.
Quando il presidente americano si rifiuta di tener conto del desiderio di Riyadh, il regime saudita accusa Washington di disfarsi di Mubarak "come di un fazzoletto usato".
Anche in Tunisia, il luogo di nascita della Primavera Araba, molti attribuiscono il successo del partito islamista Ennahda ad un'iniezione di petrodollari provenienti dal Qatar.
Il fatto che la prima visita internazionale post-elettorale del primo ministro Rashid Ghannouchi sia stata proprio a Doha, e che suo genero, un ex ricercatore di al Jazeera sia diventato il suo il ministro degli Esteri, non può che aumentare i sospetti. 
Sospetti che hanno portato anche a proteste di piazza, contro le presunte interferenze del Qatar negli affari tunisini. Al contrario, Ghannouchi non è mai stato ben accetto in Arabia Saudita, dove il deposto dittatore Zine El Abidine Ben Ali ha immediatamente ricevuto asilo politico.

Fratelli musulmani vs Salafiti

Per contrastare l'ascesa degli islamisti moderati affiliati ai Fratelli musulmani, l'Arabia Saudita sostiene i salafiti, che accusano la Fratellanza di non essere "sufficientemente radicale e di essere troppo incline al compromesso", come spiega Khalil al Anani, studioso di politica mediorientale alla Durhan University.
"I Fratelli, a loro volta, definiscono le posizioni dei salafiti come ingenue, troppo rigide, non abbastanza centriste e soprattutto inadeguate al contesto egiziano. I Fratelli hanno dimostrato durante la partecipazione sporadica nei parlamenti passati, che il loro obiettivo primario è la politica e non le questioni religiose o culturali".
In seguito alle elezioni del 2011-2012, uno dei leader dei Fratelli Musulmani ribadisce che le priorità del suo partito sono "la riforma economica e la riduzione della povertà ... e non certo la lotta al bikini e all'alcol". 
Da parte loro, i salafiti - osserva Christopher Alexander, professore a Davinson - si sono mobilitati per "un ritorno al velo nelle università e negli uffici pubblici", così come per "la segregazione di genere e la preghiera pubblica nei campus universitari" e "per l'eliminazione dei partiti politici e delle elezioni come violazioni della sovranità di Dio".
Secondo Mara Revkin, una studiosa del Centro per il Medio Oriente Rafik Hariri, il partito salafita Al Nour, che è arrivato secondo dietro al Partito Libertà e Giustizia (con il 24,3% di voti), riceve un "flusso costante di finanziamenti, in gran parte dagli Stati del Golfo, che ha dato ai candidati salafiti un vantaggio economico significativo sugli avversari". Revkin aggiunge che il sostegno saudita ai salafiti è "sia spirituale che materiale".

Il punto di vista di Riyadh

Il "risveglio arabo" non è il primo movimento a 'innervosire' il regime saudita. L'ascesa del nazionalismo arabo nel corso del 1950 e 1960, nonché la rivoluzione iraniana del 1979, hanno messo in serio pericolo la posizione di Riyadh come àncora dell'ordine regionale.
Proprio come la politica estera saudita ha contrastato in modo pro-attivo sia l'ascesa di Nasser, sostenendo i suoi nemici in Yemen, che il regime rivoluzionario di Khomeini, finanziando Saddam Hussein durante la guerra Iran-Iraq, il sostegno di Riyadh alle fazioni salafite nei 'paesi della primavera' rappresenta l'ultimo tentativo di contrastare l'ascesa di movimenti regionali in conflitto con gli interessi del regno.
Grazie alla sua ricchezza di risorse, il Qatar è però capace di contrastare la 'generosità' saudita nel 'Grande Medio Oriente'. 
Puntando su 'cavalli diversi', sia in Egitto che in Tunisia, Arabia Saudita e Qatar sono diventati rivali in un mondo arabo in piena transizione. E l'ascesa di una forma conservatrice ma democratica di islamismo potrebbe avere come guida il Qatar, con grande disappunto dell'Arabia Saudita.
Tuttavia, in futuro, l'influenza di Doha potrebbe essere offuscata proprio dall' Egitto o dallo stesso Iraq. Inoltre, se il risveglio arabo dovesse conquistare il Bahrein e altri emirati del Golfo, il Qatar potrebbe dover ridurre le sue ambizioni internazionali e affrontare il deficit democratico interno al paese.
Ed è proprio quando si parla di democrazia nel Golfo, che i due regni non sembrano più essere tanto rivali.

*Giorgio Cafiero è un collaboratore di Foreign Policy in Focus.

1 ottobre 2012
 Arabia Saudita e Qatar: un matrimonio imperfetto

2     Siria: analista, nuovi mercati per gas Qatar senza Assad   ANSAmed) - ROMA, 1 OTT - Perche' il Qatar - che nei giorni scorsi ha ha lanciato un appello all'assemblea generale dell'Onu per in intervento armato di Paesi arabi contro il "bagno di sangue" in Siria - vuole avere un ruolo nella crisi di un Paese dove ha investito cosi' poco? E' la domanda che si pone l'analista economico Felix Imonti in un recente articolo apparso sul sito specializzato Oilprice.com e riprese anche dal blog di Joshua Landis 'Syria Commment'. Perche' - spiega in sintesi l'autore, dopo aver ricordato gli importanti investimenti qatarioti nella Libia di Gheddafi - l'emirato e' ''imprigionato'' in una piccola enclave del Golfo Persico e vede nella vicina e potente Arabia Saudita un ostacolo all'espansione delle sue esportazioni di gas naturale verso il mercato europeo, sulla cui strada si trova proprio la Siria.

Il Qatar e' il primo esportatore di gas naturale liquido (lng) che vende in questa forma perche' limitato nell'accesso ai gasdotti dall'Arabia Saudita. Nel 2009 infatti, sostiene Imonti, un tentativo di raggiungere l'Europa tramite il Nabucco fu bloccato proprio da Riad, ''ostile verso il suo piccolo ma piu' rumoroso vicino''. Il mercato nordamericano si e' intanto saturato con otto nuovi impianti in Australia, operativi dal 2014 al 2020.

''La scoperta nel 2009 di un nuovo giacimento di gas vicino a Israele, Libano, Cipro e Siria ha aperto nuove possibilita' - osserva Imonti - di superare la barriera saudita e di assicurare nuove fonti di reddito''. Gasdotti gia' esistono in Turchia per ricevere il gas qatariota, aggiunge, ''Solo (il presidente siriano) Assad rappresenta un ostacolo''. Insieme ai turchi il Qatar vorrebbe dunque rimuovere Assad, prosegue l'analista, e insediare al suo posto il ramo siriano dei Fratelli Musulmani, con cui l'emirato e' in ottimi rapporti: il movimento sarebbe infatti il piu' organizzato per la confusa situazione siriana, oltre che capace di bloccare i tentativi sauditi di instaurare un piu' fanatico regime di marca wahabita.
  I combattimenti in Siria sono destinati a continuare per mesi ancora, prevede Imonti, ma alla fine ci saranno ''piu' contratti per la ricostruzione e lo sviluppo di giacimenti di gas. In ogni caso Assad se ne deve andare''. Insomma, niente di personale, ma 'business is business'. 
(ANSAmed).

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