Rabbini per i diritti umani: violenza dei coloni, loro impunità e terza Intifada
I palestinesi in Cisgiordania sono stati colpiti da molteplici attacchi da parte dei coloni ultimamente e ne hanno abbastanza. Ci sono coloro che vogliono proteggere la loro terra e la proprietà con le pietre. Credo in una lotta non violenta, ma non ho alternative da offrire loro. Non ho modo di convincerli. E la tensione sta montando . Proprio la scorsa settimana almeno quattro attacchi sono stati lanciati dall'avamposto estremista di Esh Kodesh contro i palestinesi: i contadini palestinesi che sono andati ad arare i loro campi con l'autorizzazione e l'accompagnamento della IDF sono stati attaccati : pneumatici e veicoli del vicino villaggio di Jalud stati dati alle fiamme, gli ulivi sono stati distrutti e le parole "Morte agli arabi" sono stati verniciate sui muri . La notte seguente un uomo anziano e un bimbo di quattro-anni sono stati picchiati in una casa in Jalud. I coloni estremisti degli avamposti stanno cercando di spingerci in un altro cerchio di violenza . Il campo vicino a Esh Kodesh è di proprietà di un palestinese di nome Fawzi che ha subito decine di attacchi dei coloni. Per anni Fawzi ha avuto difficoltà a entrare nella sua proprietà. I Rabbini per i Diritti Umani (organizzazione per la quale lavoro) ha presentato una petizione all'Alta Corte chiedendo che l'esercito protegga il proprietario terriero. In seguito a tale petizione l'esercito ha infine deciso di chiudere l'area agli israeliani.Il significato è chiaro: la direttiva indica che anche l'esercito israeliano ritiene che la terra appartenga a Fawzi e riconosce la necessità di proteggerlo dagli aggressori : gli estremisti di Kodesh Esh. Il danno finanziario causato a Fawzi nel corso degli anni è enorme. La scorsa settimana è arrivato al campo, accompagnato da soldati e guardie di frontiera e i coloni hanno attaccato lui e i soldati. Se non hanno paura delle forze di sicurezza israelianee e perché sanno che non saranno punitii.
Provate a immaginare di vivere sotto un regime militare, senza cittadinanza e un militare di 18 anni vi può trattare come meglio crede. Provate a immaginare cosa vuol dire vivere vicino alle comunità dove i residenti hanno diritti che sono negati a voi e agiscono come se fossero padroni e voi un cane , immaginare cosa si prova a vivere in mezzo a queste persone che portano armi e sequestrano terre.
In Cisgiordania i palestinesi non hanno altra scelta per sfuggire all'oppressione. Indipendentemente dal fatto che si sia estremisti o moderati, religiosi o laici, musulmani o cristiani, liberali o conservatori : si è un oggetto per il regime di occupazione militare e non si hanno i diritti civili fondamentali. Mi potete fare un esempio di una nazione che ha vissuto sotto il dominio militare e non ha cercato di ribellarsi ? Tale nazione non esiste. La situazione attuale è pericolosa come un vulcano che sta per eruttare. Tuttavia, la maggioranza dei palestinesi ha scelto una civile, non violenta lotta per ottenere i propri diritti, ma quando la battaglia civile e legale si dimostra inefficace, le persone sono tentati di ricorrere ad altri metodi. Quando l'esercito non impedisce ai coloni estremisti di far male ai contadini palestinesi ,inevitabilmente una risposta alla fine verrà e dopo ci sarà un'altra risposta israeliana. Finirà con morti e poi, Dio non voglia, la rabbia e il dolore si diffonderanno in tutta la Cisgiordania e saremo testimoni di un'altra intifada che molto probabilmente costerà a tutti un sacco di sangue. Nessuna persona sana di mente vuole questo. È per questo che dico agli israeliani: parliamoci chiaro , fermiamoci ora. Siamo tutti nella stessa barca. Non si può spingere la gente in un angolo. In un luogo in cui siano rispettati i diritti umani, l'atmosfera sarà diversa. E' possibile incontrarsi e parlare, modificare le posizioni degli estremisti.
Zakaria Sada è un residente palestinese della Cisgiordania e attivista dell'organizzazione Rabbini per i Diritti Umani
Hand that rocks the intifada
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Peres: se Netanyahu non si ferma, scoppierà la terza Intifada
Nena News11.01.2013
http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=47116&typeb=0&Peres-se-Netanyahu-non-si-ferma-scoppiera-la-terza-Intifada
Peres: se Netanyahu non si ferma, scoppierà la terza Intifada
Il presidente israeliano accusa il premier di impedire la ripresa del processo di pace e di voler provocare una nuova rivolta popolare palestinese.
dalla redazione
Betlemme, 11 gennaio 2013, Nena News - A pochi giorni dalle elezioni israeliane, le autorità di Tel Aviv si spaccano. Il presidente israeliano Shimon Peres torna ad attaccare il premier Netanyahu, alla caccia della rielezione il prossimo 22 gennaio.Betlemme, 11 gennaio 2013, Nena News - A pochi giorni dalle elezioni israeliane, le autorità di Tel Aviv si spaccano. Il presidente israeliano Shimon Peres torna ad attaccare il premier Netanyahu, alla caccia della rielezione il prossimo 22 gennaio.
A preoccupare Peres è il possibile scoppio di una terza Intifada palestinese a causa delle politiche di chiusura dell'attuale governo di Tel Aviv, incapace - o comunque non intenzionato - a tentare di raggiungere un accordo di pace con la controparte palestinese.
Le dure critiche del presidente arrivano a due settimane da un precedente intervento in cui Shimon Peres accusava Netanyahu di voler provocare una mobilitazione popolare nei Territori Occupati e indicava nel presidente palestinese Abbas un affidabile partner nel processo di pace: più volte Abbas ha rassicurato Israele, affermando che sotto la sua presidenza una terza Intifada non sarebbe mai permessa.
"Se non verrà presa una decisione diplomatica - ha detto il presidente Peres mercoledì - i palestinesi torneranno al terrore: attacchi suicidi, bombe, coltelli. Anche se la popolazione palestinese non vuole tornare alla violenza, subisce la pressione del mondo arabo. Il mondo oggi sostiene di più i palestinesi che lo Stato di Israele". "La diplomazia israeliana - aveva detto due settimane fa Peres in un incontro con gli ambasciatori israeliani all'estero - deve cambiare il suo approccio aggressivo con uno più moderato e volto al dialogo".
Da parte sua il premier Netanyahu, che necessita di rafforzare il consenso intorno alla sua figura in vista delle elezioni, preferisce le minacce e il pugno di ferro. Da settimane le autorità israeliane proseguono nell'implementazione di piani e progetti che, se attuati, scriverebbero la parola fine al processo di pace e alla soluzione a due Stati: costruzione di nuove colonie a Gerusalemme Est, avvio del piano E1 per il collegamento di Gerusalemme alla Valle del Giordano, congelamento del trasferimento delle tasse palestinesi nelle casse dell'ANP.
Una serie di politiche inaccettabili da parte palestinese e che da anni mantengono in stallo un inesistente processo di pace. Nena News
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