Gideon Levy : La sintassi interna della tempesta .

Venendo in difesa di Amira Hass dopo il suo controverso editoriale sul lancio di sassi palestinese, Gideon Levy sostiene che le critiche contro la Hass mettono a nudo l'ipocrisia, o l'ignoranza, di vaste aree dell’opinione pubblica israeliana.
di Gideon Levy

La tempesta che si è scatenata sull’importante parere di Amira Hass, "La sintassi interna del lancio di sassi palestinese," è stata benvenuta. Ha messo a nudo tutto in una volta l'ipocrisia, o l'ignoranza, di vaste aree dell’opinione pubblica israeliana.               

 L'ipocrisia, perché la folla indignata ignora l'originaria, fondamentale, istituzionalizzata e metodica violenza insita nel fatto stesso dell’occupazione e dei suoi meccanismi. L'ignoranza, perché è sottinteso che i ferventi oppositori potrebbero proprio non sapere quanto crudele sia la tirannia militare nei territori.
Inoltre, coloro che hanno accusato così furiosamente la Hass di "aver attraversato il confine" e di "incitamento all'omicidio" non hanno letto il suo pezzo fino in fondo. Non contiene istigazione a delinquere, ma piuttosto una preoccupazione leale e coraggiosa per la lotta di liberazione palestinese, che è assente nel dialogo israeliano. 
Se c'è qualche che propugna nel suo commento, è indirizzata principalmente alla lotta non violenta contro l'occupazione, sotto forma di appello alla documentazione, dell’andare a lavorare le terre rubate e del superare la paura degli interrogatori. Anche l'atto di prendere le pietre si giustifica soltanto come ultimo, inevitabile rifugio.
Il commento è stato pubblicato pochi giorni dopo che gli ebrei avevano letto sul Haggadah, che racconta la storia di una lotta per la libertà di un diverso popolo, una lotta che includeva calamità ben più terribili dei sassi lanciati contro i negatori della libertà. Generazioni di ebrei leggono questo testo con stupore e meraviglia, raccontandolo ai loro figli. Ma non sono disposti ad applicare la stessa regola di base - la stessa giustizia interna, secondo la quale la resistenza, inclusa la resistenza violenta, è un diritto di nascita e un dovere di ogni nazione sconfitta, come ha scritto la Hass - a tutti e non solo gli ebrei.
Radicata nel profondo del l'esperienza israeliana c’è l'idea che ciò che è permesso al popolo ebraico è vietato altri. Ma non c'è bisogno di andare indietro fino al tempo del faraone. Da allora, la storia umana è stata pavimentata da lotte per la libertà contro dominatori stranieri, lotte che hanno guadagnato il rispetto della storia e che sono state, nel complesso, violente, spesso più violente della lotta palestinese. Lo slogan "Ne abbiamo avuto abbastanza di te, occupante" non è un’esclusiva degli arabi, ed è stato espresso, nel corso della storia, in quasi tutte le lingue, tra cui l'ebraico moderno.
La Hass, come me, è contro la violenza. Mi prendo la libertà di scrivere questo scaturito da una profonda convinzione. Chi ha voglia di vedere bambini uccisi dai sassi,  cittadini lacerati da un ordigno esplosivo improvvisato, o adolescenti a cui è stato sparato?
Ma la resistenza alla violenza deve essere diretta, completa e corretta. Essa deve includere la resistenza alla violenza dell'occupante. Non c'è bisogno di contare i morti e i feriti, gli invalidi fisici e mentali - di entrambe le nazioni - per riconoscere che la maggiore e innata violenza è quella dell'occupante.
I sassi e gli ordigni esplosivi improvvisati palestinesi hanno causato grandi perdite a entrambi i popoli. L'unico modo per porre loro fine è la fine dell'occupazione. Purtroppo, questo non accadrà da solo. In 46 anni di occupazione, Israele ha dimostrato che non può essere obbligato a interrompere le sue azioni malvagie per mezzo di atti di bontà.Ora, dobbiamo chiedere ai detrattori della Hass: Che cosa vi aspettate? Cosa offrite, patrioti e presunti oppositori della violenza, ai palestinesi? Credete davvero che chineranno il capo in segno di sottomissione e obbedienza per altri 46 anni? C'è un precedente storico per tale comportamento?
E anche se dovessero farlo, che cosa accadrebbe? La loro lotta sarebbe solo ulteriormente dimenticata. Questa è la lezione che Israele ha insegnato loro - nel modo più duro.
Una pietra può essere davvero letale. Così come possono esserlo un proiettile con la punta di gomma, una granata di gas lacrimogeno, il fuoco vivo, le bombe e le granate. Il fatto che queste ultime armi siano usate da Israele non rende più tenue la loro violenza. L'affermazione che Israele li utilizza esclusivamente per autodifesa è tanto ridicola quanto l'affermazione, espressa anche nella foga delle emozioni, che Israele è la vittima di tutta questa storia sanguinosa e che l'occupazione gli è stata, di fatto, imposta (!) .
Tale è l’aspetto dell’arroganza, delle morali distorte e delle  menzogne, elementi della sintassi interna della tempesta provocata dalla Hass.
 (tradotto da barbara gagliardi per Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus)



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