Perché l’acqua dovrebbe essere sul tavolo
di Jews for Justice for Palestinians
In
questa pubblicazione internet, scheda informativa del Centro per i
Diritti Economici e Sociali; un estratto – Ordini Militari Israeliani –
dal rapporto di Amnesty International, Acque Agitate e una scheda informativa da Stop The Wall, Alimentando l’Apartheid dell’Acqua in Palestina, sulla compagnia idrica israeliana Mekorot.
IL DIRITTO DELL’ACQUA IN PALESTINA: UN RETROSCENA
Scheda informativa del Center for Economic and Social Rights
La
confisca e il controllo israeliano delle risorse idriche palestinesi è
una caratteristica dell’occupazione e un importante ostacolo per una
giusta risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Inoltre il
controllo di Israele delle risorse idriche palestinesi mina qualsiasi
possibilità di uno sviluppo sostenibile e viola i diritti umani dei
palestinesi all’acqua potabile sicura, disponibile, accessibile e
adeguata.
La
politica discriminatoria dell’acqua di Israele mantiene una
ripartizione diseguale dell’acqua tra Israele, le comunità illegali dei
coloni israeliani e i palestinesi che vivono nei Territori Palestinesi
Occupati (OPT), appropriandosi di una parte sempre maggiore delle
risorse idriche palestinesi per il proprio uso.
In
una regione con penuria d’acqua, la politica idrica israeliana si
impernia su come trovare più acqua per mantenere gli attuali livelli di
consumo – indipendentemente dalla sostenibilità degli attuali modelli
idrici usati da israeliani e coloni. Nel 1993, il controllore di stato
israeliano ha detto che la West Bank è il “serbatoio principale di acqua
potabile per la regione di Dan, Tel Aviv, Gerusalemme e Beersheba” e la
“fonte a lungo termine più importante nel sistema idrico [nazionale]”.
- Israele
condivide una quantità sproporzionata di due sistemi idrici cui
partecipa con la Palestina. Controlla efficacemente il 100% del bacino
del fiume Giordano e più dell’80% delle risorse idriche sotterranee
della falda occidentale (montagna).
- Israele
utilizza l’85% delle risorse idriche sotterranee disponibili nella West
Bank – rappresentano il 25% del consumo di acqua di Israele.
STORIA
- Nel
1964, Israele ha completato la costruzione del vettore nazionale
dell’acqua, iniziato nel 1953. Questo enorme progetto idrico, una rete
di stazioni di pompaggio per condutture, serbatoi e canali che si
estense dal Mar di Galilea al Negev, devia in Israele il 75% delle acque
del fiume Giordano. Mentre Siria e Giordania sono autorizzati a
utilizzare rispettivamente 160milioni di metri cubi e 320mcm all’anno,
ai palestinesi è interdetto in modo assoluto l’uso dell’acqua del fiume
Giordano.
- Dopo
il 1967, Israele ha esteso il controllo sopra tutte le risorse idriche
dei nuovi Territori Palestinesi Occupati con una serie di ordini
militari che hanno annullato tutti gli accordi preesistenti e in atto su
controversie idriche, ha istituito le quote di pompaggio e proibito la
costruzione di nuovi pozzi palestinesi senza l’autorizzazione del
comandante militare israeliano di zona. Dal 1967, sono stati concessi i
permessi per solo 23 nuovi pozzi.
Il fiume Giordano ora e prima
- Nel
1982, l’autorità nazionale israeliana per l’acqua Mekorot, ha assunto
il controllo dell’acqua palestinese. Mentre molti pozzi palestinesi
esistenti sono stati distrutti, è continuata la trivellazione e il
pompaggio di falde più profonde ad uso israeliano – di fatto vecchi
pozzi palestinesi essiccati.
- Nel
1986, Israele ha ridotto del 10% le quote delle quantità di acqua che i
palestinesi potevano pompare dai loro pozzi, con la conseguenza di una
penuria di acqua diffusa.
- Nel
1995, a seguito dell’accordo di Oslo II, la ripartizione delle risorse
idriche è stata designata come una questione per i “negoziati sullo
stato finale” – un dispositivo utilizzato da Israele per continuare ad
appropriarsi illegalmente delle risorse idriche palestinesi dal 1995
fino ad oggi (i “negoziati sullo stato finale” di Oslo non sono mai
stati effettuati). E’ stata istituita un’Autorità palestinese per
l’acqua (PWA), ma Israele ha mantenuto il controllo totale del flusso e
del volume dell’acqua degli OPT . Sebbene la PWA non abbia alcuna
capacità di gestire le risorse idriche e ripartisca solo le limitate
forniture messe a disposizione da Israele, è il PWA, invece
dell’occupazione, a venire accusato per la scarsità d’acqua. Inoltre
l’accordo Oslo II non interviene sulla ridistribuzione delle fonti
d’acqua esistenti, né richiede alcuna riduzione dell’estrazione o
consumo di acqua da parte di israeliani e coloni.
- Dal
2000, dopo l’inizio a settembre della Seconda Intifada, l’esercito
israeliano ha intensificato la distruzione delle infrastrutture idriche e
la confisca delle fonti d’acqua della West Bank e di Gaza.
CONFRONTO SULL’USO DELL’ACQUA
Sia
in termini assoluti che di proporzione, gli israeliani utilizzano una
quantità maggiore di risorse idriche totali della regione. Ogni giorno, i
coloni utilizzano quasi 600 litri di acqua per persona.
L’approvvigionamento idrico giornaliero palestinese non soddisfa neanche
lo standard minimo giornaliero di 100 litri come raccomandato
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO).
VIOLAZIONI DEL DIRITTO DEI PALESTINESI ALL’ACQUA
In
assenza di acqua distribuita dalla reti idrica, ragazzi palestinesi la
vanno a prendere e la caricano sul loro portatore d’acqua, un asino.
Mentre
gli israeliani e i coloni ottengono dalla Mekorot un continuo
abbondante approvvigionamento idrico a prezzi agevolati, i palestinesi
si trovano ad affrontare queste situazioni:
- Irregolare approvvigionamento idrico in tutta la West Bank, penuria d’acqua specie nei mesi estivi
- Acqua
ridotta/contaminata/salmastra nella Striscia di Gaza a causa del
sovrasfruttamento dell’Acquifero Costiero – dovuto al fatto che i
palestinesi non sono autorizzati a sviluppare o a riparare le
infrastrutture idriche.
- Perdite
del 30 – 50% di acqua dalla rete idrica a causa del deterioramento
delle reti e delle tubature che non tengono per il disperato bisogno di
riparazioni.
- Acqua
convogliata via rete, del tutto mancante per 215.000 palestinesi in 150
villaggi della West Bank (26% delle famiglie della West Bank)
- Molti
palestinesi devono acquistare l’acqua – o dalla Mekorot o da fornitori
privati che vendono costosa acqua in cisterna priva di qualsiasi tipo di
controllo. Anche all’interno degli OPT, i prezzi di Mekorot sono
diversi per palestinesi e per coloni israeliani
DALLA SECONDA INTIFADA: IN NOME DELLA “SICUREZZA”
- Distruzione
delle infrastrutture dell’acqua: dal settembre 2000, l’esercito
israeliano ha distrutto tubazioni e almeno 15 pozzi nella West Bank e a
Gaza – eliminando la maggiore fonte idrica per molti villaggi e città
palestinesi. Solo tra il marzo e il maggio 2002, la Banca Mondiale, UNDP
e l’USAID hanno stimato che il danno apportato dai militari israeliani
all’approvvigionamento idrico e alle infrastrutture fognarie ha
raggiunto i 7 milioni di dollari USA.
- Limitato
accesso all’acqua in cisterna. La politica di ‘chiusura’ di Israele
limita fortemente l’accesso ai trasportatori di acqua in un contesto
dove più di un terzo di tutti i palestinesi si basa sull’acquisto di
acqua da cisterne private o comunali per far fronte alle loro esigenze
idriche.
- Aumento
dei prezzi dell’acqua. Il ritardo ai checkpoint delle cisterne d’acqua
aumenta il prezzo di quasi l’80% a causa del maggiore tempo di trasporto
a causa della chiusura. Con un 70-90% dei lavoratori disoccupati, i
palestinesi spendono per l’acquisto di acqua l’equivalente del 39% della
loro spesa familiare.
- Divieto
di perforazione di pozzi. Nell’ottobre 2002, il ministro israeliano
alle infrastrutture Effi Eitan ha proibito ai palestinesi di trivellare
per l’acqua e ha posto un blocco sulla questione dei futuri permessi per
i pozzi.
- Separazione
da fonti idriche. Nel giugno 2002, il governo ha autorizzato un piano
per la costruzione di un muro di sicurezza – più precisamente indicato
come ‘Muro di separazione’ o ‘Muro dell’Apartheid’ – con recinzioni
elettrificate, trincee e pattuglie di sicurezza lungo l’intero tracciato
di 220 miglia della West Bank. Tuttavia, il muro non è stato costruito
lungo la Linea Verde ( il confine de facto tra Israele e la West Bank antecedente il 1967) – ma piuttosto all’interno della West Bank.
- Il
muro separa migliaia di palestinesi dalle rispettive fonti idriche e
dalla terra. Nella prima fase del muro, diversi villaggi dipendenti
dall’agricoltura nel nord della West Bank perderanno l’accesso a 30
pozzi di falda freatica.
- Aumento
delle malattie trasmesse dall’acqua: recenti sondaggi hanno rinvenuto
tassi elevati di infezioni da malattie apportate dall’acqua dell’ordine
del 64% in alcune comunità della West Bank. Uno studio recente dimostra
che oltre un quarto delle famiglie rurali della West Bank ha un membro
che soffre di diarrea; oltre la metà di queste famiglie non avevano
avuto una quantità d’acqua adeguata per il bagno da oltre due settimane.
INQUINAMENTO DELLE FONTI IDRICHE PALESTINESI DA PARTE DI ISRAELE
- Le
colonie israeliane nella West Bank e a Gaza sono situare principalmente
sulla sommità di colline e di discariche di letame, gli scarichi
fognari e le acque putride non trattate defluiscono nelle valli -
inquinando le sorgenti d’acqua e i campi palestinesi. Secondo i dati del
1997 dalla West Bank, i coloni sono stati 6 volti più inquinanti dei
palestinesi (300.000 coloni hanno prodotto 30mcm di acque reflue
all’anno, mentre nello stesso periodo il 1.870.000 di palestinesi ne ha
prodotto 31mcm).
- Industrie
israeliane altamente inquinanti si sono trasferite nella West Bank
(ancora una volta, sulla sommità di colline) per evitare le normative
ambientali israeliane. Almeno 200 industrie in 7 zone industriali della
West Bank inviano gli scarichi industriali e le acque reflue non
trattate nei corsi d’acqua e nei terreni agricoli palestinesi.
- Nel
febbraio 2001, Israele ha scaricato 3,5 milioni di metri cubi di acque
reflue non trattate, mescolate all’acqua piovana entro le città
settentrionali della Striscia di Gaza.
CHE COSA SI PUO’ FARE
Il Gruppo Ideologico Palestinese (PHG) ha lanciato in tutto il mondo la Campagna Palestine Water for Live
per sensibilizzare riguardo alla situazione dell’acqua e dei servizi
igienico-sanitari in Palestina, come pure per sviluppare risposte
coordinate, globali alla crisi dell’acqua tra le ONG di donatori, di
soccorso, sostegno, diritti umani e altro. Per favore, visita il sito
web della campagna su www.phg/campaign per ulteriori informazioni su com’è possibile sostenere i loro sforzi.
La rete palestinese delle ONG ambientali (PENGON) ha avviato la Campagna sul Muro dell’Apartheid
per aumentare la consapevolezza e organizzare l’opposizione al “Muro di
separazione” che minaccia l’accesso e il controllo sulle proprie
risorse idriche da parte dei palestinesi. Per saperne di più sulla
campagna e come supportare PENGON rivolgiti al www.pengon.org
Educate
le vostre comunità! Organizzate dibattiti sulle questioni dell’acqua in
Palestina con relatori esperti in scuole, centri di comunità e
congregazioni.
Contattate
i mezzi di informazione! Telefonate a programmi radiofonici, scrivete
lettere e articoli d’opinione e incontratevi con giornalisti e redattori
per assicurarvi che si occupino delle risorse idriche palestinesi.
Visitate
il nostro sito per saperne di più circa la crisi dell’acqua in
Palestina. Center for Economic and Social Rights| 162 Montague Street |
Brooklin, NY 11201 | 718-237-9145 |
Rights@CESR.org | www.CESR.org
Le
forze israeliane distruggono un serbatoio d’acqua di proprietà
palestinese nel villaggio di Dura, nei pressi di Hebron, nella West Bank
occupata, 2012
ACQUE AGITATE – NEGATO AI PALESTINESI UN EQUO ACCESSO ALL’ACQUA
Rapporto di Amnesty International (per leggere il rapporto completo connettersi con http://www.amnesty.org/en/library/asset/MDE15/027/2009/en/e9892ce4-7fba-469b-96b9-c1e1084c620c/mde150272009en.pdf ) 2009
ESTRATTO: Ordini Militari Israeliani
Quando
nel 1967 Israele ha occupato la West Bank e la Striscia di Gaza, nei
Territori Palestinesi Occupati (OPT) esisteva un sistema giuridico
multistrato, costituito da leggi ottomane, britanniche e giordane (nella
West Bank) ed egiziane (a Gaza) – il lascito delle potenze che in
precedenza avevano controllato l’area. L’esercito israeliano ha emesso
una serie di Ordini Militari con i quali ha assunto il controllo delle
risorse idriche e delle terre negli OPT.
Ordine Militare 92, emesso il 15 agosto 1967, assicurava l’autorità completa su tutti i problemi idrici negli OPT all’esercito israeliano.
Ordine Militare 158,
del 19 novembre 1967, stabiliva che i palestinesi non potevano
costruire qualsiasi tipo di nuove istallazioni per l’acqua senza
ottenere prima un permesso da parte dell’esercito israeliano e che
questi avrebbe confiscato qualsiasi installazione o risorsa idrica
costruita senza un permesso.
Ordine Militare 291,
del 19 dicembre1968, annullava tutte le disposizioni sulla terra e
sull’acqua che esistevano prima dell’occupazione israeliana della West
Bank
Questi
e altri ordini militari restano tutt’oggi in vigore negli OPT e si
applicano solo ai palestinesi. Non si applicano ai coloni israeliani
negli OPT, che sono soggetti al diritto civile israeliano.
L’esercito
israeliano ha pure preso il controllo della West Bank Water Department
(WBWD), che era stata istituita dalla Giordania nel 1966 per sviluppare e
mantenere il sistema di approvvigionamento idrico della West Bank. La
WBWD gestisce circa 13 pozzi che si trovano nella West Bank e sono per
lo più controllati da Israele. L’acqua di questi pozzi viene venduta
alle comunità palestinesi e alle colonie israeliane.
Nel
1982, l’infrastruttura idrica della West Bank controllata dall’esercito
israeliano è stata consegnata a Mekorot, la società nazionale
israeliana dell’acqua. La Mekorot gestisce circa 42 pozzi nella West
Bank, principalmente nella regione della Valle del Giordano, che
riforniscono in primo luogo le colonie israeliane.
La
Mekorot vende acqua alle aziende pubbliche per l’acqua palestinesi, ma
la quantità di acqua che vende è stabilita dalle autorità israeliane,
non dalla Mekorot.
Sotto
il nuovo regime militare israeliano imposto negli OPT, i palestinesi
non potrebbero più perforare nuovi pozzi o riabilitare o anche solo
riparare quelli esistenti o effettuare eventuali altri progetti legati
all’acqua (dalle tubature, reti e serbatoi ai pozzi, sorgenti e anche
cisterne d’acqua piovana), senza prima ottenere un permesso da parte
dell’esercito israeliano. In teoria, tali permessi per trivellare o
riabilitare i pozzi potrebbero essere ottenuti dopo un lungo e
complicato processo burocratico; in pratica, la maggior parte delle
richieste di tali permessi sono state respinte. In 29 anni, dal 1967 al
1996 (quando è stato istituito il PWA), sono stati concessi solo 13
permessi, ma questi erano tutti progetti solo per uso domestico e non
sufficienti a rimediare la sostituzione di pozzi che, dal 1967, si erano
prosciugati o caduti in rovina.
Nel
frattempo, Israele ha continuato a sviluppare la propria infrastruttura
idrica, all’interno dello stesso Israele o degli OPT, riducendo il
rendimento dei pozzi e delle sorgenti palestinesi esistenti negli OPT e
bloccando l’accesso dei palestinesi al Giordano e alle sorgenti lungo la
sponda del fiume. Israele ha impegnato notevoli risorse per sviluppare
le reti e le infrastrutture idriche ad uso delle colonie israeliane che
ha fondato negli OPT, mentre ha trascurato costantemente lo sviluppo e
la manutenzione delle infrastrutture idriche per i palestinesi, che
erano tenuti a pagare tasse per l’amministrazione militare israeliana,
senza ricevere alcun servizio in cambio. Per lo più, eventuali benefici
conseguiti dalla popolazione palestinese sono stati accidentali.
Per
esempio, alcune comunità palestinesi sono state connesse alla rete
idrica che serviva colonie o basi militari israeliane delle vicinanze.
Il
regime messo in atto da parte dell’esercito israeliano, non ha solo
impedito lo sviluppo di infrastrutture e di nuovi pozzi palestinesi, ma
ha pure limitato l’uso e la manutenzione di quelli esistenti. Ha
impedito il ricupero dei vecchi pozzi e ha imposto quote sulla quantità
di acqua che i palestinesi potevano estrarre dai loro pozzi, tappando
con chiusure metalliche la quantità presente in modo da mantenere il
livello del quantitativo che poteva venire estratto al punto di quando
il pozzo era stato misurato in precedenza. Ne primi anni ’70, sono stati
installati dei contattori per controllare il pompaggio e assicurare
l’ottemperanza da parte palestinese della quantità chiusa ammessa. Le
misure sono state semplicemente imposte; non c’è stato alcun processo di
consultazione con le comunità palestinesi locali riguardo alle loro
esigenze e su come avrebbero fatto fronte alle stesse.
I
contingenti sono stati fissati in un momento in cui i livelli di
estrazione per molti pozzi erano temporaneamente diminuiti a causa della
guerra del 1967 e dei cambiamenti da essa introdotti compreso il
trasferimento di molti palestinesi che erano fuggiti dalla West Bank al
tempo dei combattimenti e nel periodo immediatamente successivo. Dopo la
guerra, l’uso dell’acqua palestinese è sceso a causa della riduzione
delle aree irrigate da 100.000 a 57.000 dunam. In aggiunta, di ampie
estensioni di territorio palestinese se ne sono impossessati gli
israeliani ad uso militate e per colonie israeliane e sono state rese
inaccessibili ai palestinesi; e molti di questi che in precedenza erano
stati agricoltori nella West Bank, da allora, sono andati a lavorare in
Israele. Così molti pozzi erano caduti in rovina o si erano prosciugati,
anche a seguito delle profonde trivellazioni dei pozzi israeliani.
Oltre
a quelli citati sopra, l’esercito israeliano ha emesso una pletora di
ordini che miravano, o avevano l’effetto di, impedire o limitare
l’accesso dei palestinesi negli OPT all’acqua e alla terra. Per esempio l’Ordine Militare 1039 del 5 gennaio 1983 (Riguardante il Piantare Frutta e Verdura – che amplia l’ambito dell’Ordine Militare 1015 del 27 agosto 1982 per includere i vegetali così come le frutta) stabilisce che:
“Secondo
l’autorità attribuitami e nella veste di comandante delle forze di
difesa israeliane nella regione e perché credo che questo ordine è
necessario per il benessere dei residenti e con l’intento di preservare
le risorse idriche [enfasi di Amnesty International] e la produzione
agricola di questa regione per il beneficio generale……E’ vietato
sviluppare la cultura di qualsiasi verdura nel distretto di Jericho,
tranne dopo aver ottenuto un’autorizzazione scritta dall’autorità
competente secondo le condizioni richieste da quest’ultima (articolo
2°)”.
L’articolo 10 dell’ordine originale, l’Ordine Militare 1015,
stabilisce che: “qualsiasi persona che violi queste disposizioni è
punibile con un anno di reclusione o una multa fino a 15.000 NIS (circa
5.000 dollari USA) o entrambi e un’ulteriore multa di 500 NIS (circa 160
dollari USA) per ogni giorno in cui prosegue la trasgressione. Se il
tribunale ha ordinato alla persona di sradicare le colture, piantate
senza un permesso, la pertinente autorità può sradicare le colture e
imporre all’accusato il costo di sradicamento delle stesse.”
Per
quatto decenni, gli ordini militari israeliani emessi apparentemente
per “proteggere” le risorse e le riserve naturali, comprese quelle
idriche, hanno avuto un impatto rovinoso sulle attività agricole
palestinesi in tutta la West Bank, mentre , durante lo stesso periodo, è
stato dato ai coloni israeliani un accesso illimitato alle risorse
idriche per sviluppare e irrigare le grandi aziende agricole che
contribuiscono a sostenere le colonie israeliane illegali.
Casistica
L’11
marzo 2008, un delegato di Amnesty international ha sottoscritto come
testimone che soldati israeliani distruggono una fattoria palestinese
nella periferia di Jiftlik nell’area della Valle del Giordano, nella
West Bank. I coloni israeliani, nelle vicinanze, posseggono grandi
aziende agricole coltivate con colture irrigue verdeggianti.
Mahmoud
Mat’ab Da’ish, sua moglie Samar, i loro sette figli e altri parenti
hanno osservato con sgomento come un bulldozer dell’esercito israeliano
ha sradicato le loro colture – e il loro mezzo di sostentamento. Dopo
aver schiacciato rapidamente le giovani piante di verdura, il bulldozer
dell’esercito ha continuato ad andare su e giù per il campo, scavando e
facendo a pezzi il sistema di irrigazione a goccia che la famiglia aveva
installato con grande spesa. Decine di soldati israeliani in divisa,
accompagnati da uomini in borghese, hanno circondato l’area, impedendo
agli agricoltori di avvicinarsi al campo. Questi hanno supplicato i
soldati di lasciargli salvare almeno la loro costosa rete di irrigazione
a goccia, ma i soldati si sono rifiutati. L’esercito aveva sradicato lo
stesso campo due mesi prima, ma la famiglia aveva poi ripiantato
verdure nella speranza che queste avrebbe permesso loro di sopravvivere.
Un mese più tardi l’esercito è tornato di nuovo, questa volta per
distruggere la casa di famiglia – una semplice dimora costruita di
pietre, legno e fogli sottili di lamiera. Dopo di ciò, la famiglia è
stata lasciata vivere in una tenda fornita dal Comitato Internazionale
della Croce Rossa (CICR).
Samar
Da’ish ha detto ad Amnesty International: “Perché devono distruggere
quel poco che abbiamo? Quali danni abbiamo fatto coltivando questo
piccolo pezzo di terra, in modo che si potesse nutrire i nostri figli?
Guarda, non hanno risparmiato una sola piantina.
Perché tanta crudeltà nei confronti di esseri umani, della terra, della natura? “
L’esercito
israeliano ha rilasciato molti altri ordini militari che non si
riferiscono in particolare alle risorse idriche, ma che limitano le
attività nel settore dell’acqua. Questi includono ordini di requisizione
di terreni o dichiarando particolari aree “chiuse” sulla base di non
definiti “motivi di sicurezza”, rendendoli inaccessibili ai palestinesi.
Altri ordini hanno designato terre palestinesi come “poligoni di tiro”
per l’uso da parte dell’esercito israeliano, o come “terra di stato”,
che comprende le zone dove si trovano le colonie israeliane. Nella West
Bank, più di un terzo di tutte le terre cadono nell’una o nell’altra di
queste categorie, e le restrizioni imposte si applicano solo ai
palestinesi. I coloni israeliani, invece, hanno accesso a queste zone,
dove si sono appropriati illegalmente di grandi superfici di terra
palestinese ricca d’acqua.
La
politica di Israele è stata e rimane quella di limitare la quantità
complessiva di acqua (e di terra) disponibile per la popolazione
palestinese, mantenendo per sé, negli OPT, un accesso privilegiato alla
maggior parte dell’acqua e dei terreni. A tale fine, Israele ha cercato
di non cambiare il sistema di gestione locale delle risorse idriche da
parte dei consigli locali, notabili e famiglie che hanno la proprietà
dei pozzi che sono situati sulle loro terre o i modelli di utilizzo
dell’acqua assegnata ai palestinesi degli OPT. Israele ha imposto
piuttosto delle restrizioni sulla quantità complessiva di acqua
accessibile ai palestinesi negli OPT ad una misura che ha gravemente
compromesso la realizzazione del diritto dei palestinesi a un’adeguata
alimentazione, salute, lavoro e di conseguire un tenore di vita
dignitoso. Le restrizioni politiche israeliane sono servite per limitare
il progresso agricolo e industriale e hanno quindi ostacolato e
impedito seriamente lo sviluppo sociale ed economico. Secondo la Banca
Mondiale, “Il costo per l’economia delle previste opportunità di
un’agricoltura irrigua è notevole con un limite superiore delle stime
previsionali che potrebbe essere alto quanto il 10% del PIL e 110.000
posti di lavoro”.
Come
osservato, nel 1992, dal Segretario Generale delle Nazioni Unite: “La
diffusa politica coloniale di confiscare la terra e imporre restrizioni
alle risorse idriche ha fatto sì che una gran percentuale della
popolazione, che in condizioni normali si sarebbe guadagnata da vivere
con un’agricoltura tradizionale, a causa della mancanza di posti di
lavoro nei territori ha cominciato gradualmente a cercare lavoro in
Israele come manovali. Questo sembra essere parzialmente responsabile
della dipendenza economica dei territori palestinesi occupati e degli
altri arabi in Israele, con particolare riguardo all’agricoltura.”
ALIMENTANDO L’APARTHEID DELL’ACQUA IN PALESTINA
Compagnia idrica di Israele Mekorot
Scheda informativa di Stop the Wall
Luglio 2013
La
Mekorot è la società israeliana per l’acqua pubblica che rifornisce il
90% di acqua potabile ai cittadini israeliani. All’interno della Linea
Verde come pure negli OPT la gestione e l’approvvigionamento idrico sono
controllate dallo Stato israeliano. Mekorot fornisce le infrastrutture
per le provviste idriche nelle colonie e gestisce l’acqua rubata ai
palestinesi nei territori occupati. Nel Nagab/Negev Israele si rifiuta
di riconoscere i 45 villaggi dove vivono i 160.000 beduini palestinesi e
vieta la costruzione di reti idriche per rifornire di acqua potabile
questi villaggi.
Tramite
la negazione dell’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari,
Mekorot collabora con lo stato di Israele nell’implementare un
“apartheid dell’acqua” istituzionalizzato, che è una componente centrale
delle politiche israeliane di pulizia etnica della comunità palestinese
e, considerando le gravi implicazioni della negazione dell’accesso
all’acqua, possono essere coinvolti nel crimine di persecuzione. Mekorot
trae ulteriori profitti dalle politiche israeliane, quali le colonie e
il muro, che comportano una vasta gamma di violazioni di diritti umani.
Mekorot
mette in atto una serie di violazioni da parte di Israele dei diritti
inclusi nell’Accordo Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e
Culturali (ICESCR), nell’Accordo Internazionale sui Diritti Civili e
Politici (ICCPR), la Convenzione Internazionale sulla Eliminazione di
Tutte le Forme di Discriminazione Razziale, la Convenzione ONU sui
Diritti del Fanciullo (CRC) e la Convenzione delle Nazioni Unite
sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne
(CEDAW).
Il
diritto all’acqua è stato riconosciuto come una componente del diritto
ad un tenore di vita adeguato ai sensi dell’articolo 11 dell’Accordo
Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (ICESCR). Il
diritto all’acqua è tutelato anche da altri trattati Internazionali ed è
indispensabile per il godimento dei diritti alla salute, ad alloggi e a
cibo adeguati. Il diritto umano all’acqua dà diritto a tutti di acqua a
sufficienza, sicura, soddisfacente, fisicamente accessibile e alla
portata per usi personali e domestici.
APARTHEID DELL’ACQUA FATTO DELLA MEKOROT
Gestione del sistema israeliano relativo all’acqua:
- Mekorot
è stato responsabile della violazione dei diritti sull’acqua fin dagli
anni ’50 quando realizzò il vettore nazionale dell’acqua di Israele, che
devia il fiume Giordano dalla West Bank e dalla Giordania per essere a
servizio delle comunità israeliane lungo la costa e nel deserto del sud.
- Allo stesso tempo priva la comunità palestinese della possibilità di accesso all’acqua del fiume Giordano.
- A
una riunione speciale del Comitato Finanze della Knesset per celebrare
il 75° anniversario della fondazione della Mekorot, il suo
amministratore delegato Shimon Ben-Hamo predisse che “già all’inizio del
2014 Israele avrà acqua in quantità sufficiente da ricostituire i 1,5
milioni di mcm di riserve mancanti.” Allo stesso tempo, Israele e
Mekorot privano sistematicamente i palestinesi – e non solo negli OPT –
del loro diritto all’acqua e ai servizi igienico-sanitari.
Gestione del furto dell’acqua e dell’apartheid israeliano negli OPT:
Nel
1982, l’infrastruttura idrica della West Bank controllata dall’esercito
israeliano è stata consegnata alla Mekorot da un Ordine Militare.
- La
Mekorot gestisce 42 pozzi nella West Bank, principalmente nella regione
della Valle del Giordano, che per lo più riforniscono le colonie
israeliane.
- Questo
permette alla Mekorot di trarre profitto dalle colonie e dalle relative
violazioni dei diritti umani. Mekorot beneficia anche del Muro
dell’Apartheid e dei suoi pozzi ora dietro al Muro, che impedisce
l’accesso dei palestinesi ai pozzi di loro proprietà e permette a
Mekorot di trarre giovamento esclusivo delle risorse idriche
sotterranee.
- Mekorot
discrimina sistematicamente i palestinesi: il consumo idrico
palestinese negli OPT è di circa 70 litri al giorno a persona – ben al
di sotto dei 100 litri al giorno per abitante raccomandati
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) – considerando che il
consumo giornaliero israeliano pro capite, di circa 300 litri, è di
circa quattro volte superiore. In alcune comunità rurali i palestinesi
sopravvivono anche con molto meno dei 70 litri della media, in alcuni
casi a mala pena con 20 litri al giorno, il minimo raccomandato dal WHO
come risposta alle situazioni di emergenza.
- Negli
anni recenti, i palestinesi hanno acquistato circa 50 mcm di acqua
all’anno. Quest’acqua viene estratta dalla Mekorot dalla Falda Acquifera
Montana e i palestinesi dovrebbero essere in grado estrarla per se
stessi se solo fossero autorizzati a scavare e mantenere pozzi propri.
In tal modo Mekorot trae profitto dal sistema complessivo delle
violazioni dei diritti umani impiantato dall’occupazione israeliana.
- Secondo
la Banca Mondiale, “Il costo per l’economia delle previste opportunità
di un’agricoltura irrigua è notevole con un limite superiore delle stime
previsionali che potrebbe essere alto quanto il 10% del PIL e 110.000
posti di lavoro”.
La
partecipazione della Mekorot alla sistematica negazione dell’accesso
all’acqua da parte delle autorità israeliane viola perciò seriamente
[anche] il diritto al lavoro e allo sviluppo.
Dove opera la Mekorot
Argentina – Nel
2010, “Il governatore della provincia di Buenos Aires ha annunciato che
una gara d’appalto per la costruzione di un impianto per il trattamento
delle acque della regione de La Plata sarebbe stata aggiudicata a un
consorzio del quale faceva parte la Mekorot”. Il progetto è ancora in
corso nonostante il fatto che “l’affare con la Mekorot dimostrerà di
essere costoso per l’Argentina. Gli specialisti dell’acqua hanno
dichiarato che le risorse idriche sotterranee di Buenos Aires sono
eccellenti e più convenienti del progetto Mekorot, che farà salire i
prezzi dei 225.000 residenti di La Plata, Berisso e Ensenada del 33%.”
La Mekorot ha un altro progetto nel Rio Negro.
Australia – Nel
2006, sia la Perth Water che la Sydney Water hanno firmato accordi di
ricerca con la Mekorot per la condivisione di informazioni tecniche. La
Koor Inter Trade del South Wels è la rappresentante della Mekorot in
Australia
Brasile –
Nel 2009, la “Mekorot Development and Initiations Ltd ha sottoscritto
un accordo di cooperazione con due società brasiliane dell’acqua – la
Companhia de Saneamento Basico dello stato di San Paolo (Sabesp);
NYSE:SBS; Bovespa: SBSP3 E Ambiental Companhia de Saneamento do Districo
Federal (Caespb). Durante in suo tour in Sud America, il presidente
della Mekorot, Eli Ronen, ha firmato degli accordi finalizzati a
promuovere progetti e collaborazioni con le aziende locali dell’acqua.”
Egli ha detto anche: “Questi accordi rafforzeranno la posizione globale
della Mekorot come azienda leader dell’acqua, soprattutto per le regioni
aride che si occupano di scarsità e di cattiva qualità dell’acqua. I
nuovi accordi rafforzeranno le attività internazionali della Mekorot e
saranno di aiuto alla crescita delle sue entrate.”
Cipro – Nel
2009, è stato firmato un accordo tra il governo di Cipro e il Consorzio
di Limassol MN-Limassol Water Company ( che è composta dalla società
israeliana Mekorot Development and Enterprise Ltd e dalla compagnia
cipriota Netcom Limited). Questo è stato seguito da un secondo accordo
per costruire un altro impianto di dissalazione a Larnaca, così il
progetto ora supporta due impianti di dissalazione e fornisce quasi la
metà dell’acqua potabile di Cipro.
Grecia – Nel
2012, “la Mekorot Israel National Water Co. ha avviato discussioni
informali per l’acquisto delle compagnie Athens and Thessaloniki Water
and Sewage…..[e] diverse [altre] aziende israeliane sono in competizione
per l’acquisto di beni dello Stato greco in quanto il paese provato dal
debito avanza con determinazione nel suo programma di dismissioni dal
record mondiale di 50 miliardi di euro…L’amministratore delegato della
Hellenic Republic Asset Development Fund, Costas Mitropoulos, ha
rivelato quanto sopra ai giornalisti a Tel Aviv [la scorsa] domenica,
tra un incontro e l’altro con 50 diversi potenziali investitori
israeliani.”
India – Nel
2012, la Mekorot Development and Enterprise ha ottenuto un contratto
per creare un sistema di controllo e di misurazione dell’acqua
nell’Uttar Pradesh. E’ stato riferito che l’azienda stia facendo offerte
per contratti nel West Bengal, Uttarakhand, Maharashtra e Tamil Nadu.
Nel 2009, la Mekorot è stata coinvolta in una joint venture con la Jain Irrigation Systems.
[In
particolare, l’azienda ha accettato un progetto in pochi villaggi
selezionati del Karnataka per la fornitura di acqua 24X7 in partnership
con la maggior azienda francese di servizi idrici, la Veolia]
Uganda – 2011:
“la Mekorot National Water Company svilupperà in Uganda infrastrutture
idriche grazie all’accordo sottoscritto con la National Water and
Sewerage Corporation di proprietà governativa. Infine, la Mekorot
costruirà 11 dighe e bacini per la fornitura di acqua a 2 milioni di
abitanti.
Stati Uniti – 2009, Cleantech, Science and Technology Report:
Ora,
l’esperienza della Mekorot nella gestione delle acque, in particolare
nella desalinizzazione è sul suo cammino verso il sud della California.
Ronen conferma che Mekorot ha firmato un memorandum d’intesa con la
Water Solutions Technologies (WST) di Fresco, California. Le attività
della compagnia in California si estenderanno alle aree povere di acqua
come Fresno nella San Joaquin Valley e in altre regioni dello stesso
tipo.[….] Ronen afferma che, una volta ottenuti l’approvazione e gli
investimenti, entro 18 mesi potrebbero essere approntati in California
da 10 a 50 impianti di desalinizzazione di dimensione medio-piccola. Di
recente la California ha stanziato circa 12 miliardi di dollari per
migliorare il settore dell’acqua e la società israeliana è impaziente di
prendere parte alla soluzione. Oltre alle tecnologie di
desalinizzazione e la loro attuazione, la Mekorot ha competenza nel
riutilizzo delle acque reflue, inseminazione delle nubi e perforazione
di pozzi profondi. Nel 2012, la mekorot ha annunciato anche l’apertura
del suo primo ufficio statunitense nell’Ohio
Ricerca & sviluppo e investimenti
Nel
2004, la Mekorot ha costituito la Water Technologies Entrepreneurship
Center (WaTech) per realizzare nuove tecnologie per il mercato
internazionale. Ha creato le seguenti aziende che propagano
ulteriormente l’influenza della Mekorot in tutto il mondo.
Rotec: riconosciuta
dalla NATO per la messa a punto di impianti in Israele e in Giordania.
“Secondo i termini del progetto tre università – la Ben Gurion
University di Beersheba, la Hashemite University di Giordania e la
Università del Colorado negli Stati Uniti – mettono in atto una nuova
tecnologia israeliana di dissalazione a osmosi inversa in due siti
pilota. Realizzata per la prima volta alla Ben Gurion University dal
dottor Jack Gilron del Zuckerberg Institute for Water Research e dal
professor Eli Korin del dipartimento di ingegneria chimica, una nuova
compagnia di sei persone chiamata Rotec commercializza la ricerca e la
trasforma in prodotto. Le università, in quanto partner, metteranno in
atto la nuova tecnologia Rotec a osmosi inversa negli impianti idrici
esistenti vicino a Eilat, gestito dalla Mekorot, vettore idrico
nazionale di Israele. Un secondo sito pilota ad Al Zareqa a nord di
Amman potrebbe divenire un nuovo impianto idrico se il progetto pilota
va bene.”
Aqwise: Secondo
un comunicato stampa del 2009, l’azienda si sta concentrando sul lavoro
in Cina e in India e già opera negli Stati Uniti, Europa, America
Latina, Medio Oriente e Asia del Pacifico.
Desalitech: Nel
2012, ha firmato un contratto negli Stati Uniti per la fornitura di
acqua da irrigazione a un campo da golf storico nel Massachusetts.
(tradotto da mariano mingarelli)
Jfjfp – Perchè l’acqua dovrebbe essere sul tavolo.
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