Oron, Guy e l’ombra della «direttiva Hannibal»
Ufficialmente
sono morti in battaglia. Ufficiosamente sarebbero stati uccisi dai loro
stessi compagni per un solo scopo: non lasciare ostaggi al nemico. Più
passano i giorni e più si rafforzano le voci – che saranno sempre
smentite – sul vero destino di Oron Shaul, 22 anni, e Guy Levy, 21,
entrambi soldati dell’esercito dello Stato ebraico: il primo sergente
nella Brigata Golani, il secondo sergente delle truppe armate
combattenti.
Sarebbero
due dei 37 militari «assassinati da Hamas» durante l’operazione “Margine
protettivo” nella Striscia di Gaza. Ma più di qualcuno sostiene che
Oron e Guy potrebbero essere stati vittime della «direttiva Hannibal». Non sarebbe la prima volta. È successo tra il 2008 e il 2009 durante l’operazione – sempre su Gaza – «Piombo fuso». E il 7 ottobre 2000 su addirittura tre persone.
Ma la sua applicazione è sempre stata un argomento tabù per
gl’israeliani da quando – dopo la cattura di due soldati in Libano nel
1986 – i vertici dell’esercito stilarono la direttiva. «Nel caso di un
rapimento, la missione più importante diventa forzare il rilascio dei
soldati rapiti da parte dei loro sequestratori, anche se ciò significa
ferire e/o danneggiare i nostri soldati».
È successa
la stessa cosa con Oron e Guy? Entrambi i giovani sarebbero caduti nelle
mani dei miliziani palestinesi durante l’incursione nella Striscia. La
vicenda di Gilad Shalit, rapito nel 2006 e rilasciato cinque anni dopo,
dimostra che queste operazioni dal punto di vista di Hamas «funzionano»:
per liberare il militare Gerusalemme ha dovuto a sua volta rimettere in
libertà circa mille palestinesi.
Un duro colpo. Tanto che il quotidiano Haaretz
aveva citato un comandante israeliano che si era così espresso: «Un
nostro soldato non deve essere rapito in nessuna circostanza. Dobbiamo
fare di tutto per evitare che questo accada: per questo viene loro
imposto di sparare contro un gruppo di sequestratori, anche se questo
potrebbe comportare l’uccisione del compagno. È una cosa che ogni
militare capisce: non possono diventare un altro Gilad Shalit».
Quello che è
certo è che Oron Shaul si trovava nel carro armato insieme ad altri sei
commilitoni il 20 luglio scorso. Una volta attaccati gli altri sei sono
morti quasi subito. Oron sarebbe stato portato via, ferito, dai
palestinesi. L’Idf, l’esercito israeliano, ha prima detto che Oron era
morto insieme con gli altri. Poi Hamas ha annunciato in diretta tv di
averlo rapito. Quindi l’Idf, diverse ore dopo, l’ha classificato come
«ucciso, non identificato». Una descrizione che i militari dello Stato
ebraico di solito non usano.
Soltanto cinque giorni dopo, alle 14.40, Raffi Peretz, rabbino militare capo, ha stabilito che Oron è morto.
Anche se il corpo non c’è. Secondo la ricostruzione ufficiosa
predominante contro Oron sarebbe scattata la «direttiva Hannibal»:
quando il militare è caduto in mano ad Hamas l’aviazione israeliana
avrebbe bombardato l’area dove sarebbe stato trattenuto: nell’incursione
sarebbero morti i suoi sequestratori e lo stesso Oron.
Mentre
veniva «stabilita» la morte di Oron Shaul, a Gaza veniva ucciso Guy
Levy. Guy si trovava con i suoi commilitoni in uno dei tunnel illegali
costruiti dai miliziani palestinesi. All’improvviso – da un ingresso
nascosto – sarebbero spuntati due uomini di Hamas che avrebbero portato
via Guy. Nella sparatoria, uno dei miliziani sarebbe stato ucciso
subito, mentre l’altro avrebbe tentato di allontanarsi con il soldato
israeliano. Non riuscendo a riprenderselo, l’area sarebbe stata
bombardata – racconta il sito di notizie Nana – con un carro armato. Tutti morti. Compreso Guy Levy.
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