Barak Ravid: ebrei italiani temono le accuse di doppia fedeltà per la nomina di Fiamma Nirenstein
La nomina di un ex parlamentare italiana Fiamma Nirenstein come ambasciatore di Israele a Roma, sta sollevando obiezioni e preoccupazioni tra i leader della comunità ebraica in Italia per il timore che possano emergere sospetti e accuse di doppia lealtà.
L'annuncio della nomina di Nirenstein ha colto la comunità ebraica di sorpresa. Nirenstein è ben nota in Italia come giornalista di lungo corso, ma soprattutto per la sua attività politica nel governo di destra di Silvio Berlusconi Ha difeso Israele fortemente nei media italiani, ogni volta che le politiche del governo israeliano erano state criticate.
La maggior parte dei leader della comunità ebraica hanno finora espresso la loro critica per la nomina di Nirenstein privatamente o in via ufficiosa. La comunità ha un indirizzo fortemente filo-sionista e molti dei suoi membri mostrano sostegno per la politica di Netanyahu.
Uno dei pochi che ha accettato di essere citato sulla questione, anche se in un modo diplomatico , è stato rabbino capo di Roma, Riccardo di Segni. In una breve intervista per l'agenzia di stampa italiana ANSA ha detto "lei è un buon giornalista,ma temo ci possano essere problemi dovuti alla nomina... sulla sua doppia cittadinanza."
Importanti personalità della comunità ebraica dicono che le osservazioni del capo del rabbini sono rappresentativi dei sentimenti che sono emersi negli ultimi giorni. Essi sottolineano il fatto che in due anni Nirenstein è passata da membro del Parlamento italiano a cittadina israeliana , poi si è candidata per la leadership della comunità ebraica di Roma e ora è stata nominata ambasciatore di Israele in Italia.
"E 'problematico," una figura di alto livello della comunità, ha dichiarato . "Se l'avessero nominata come inviata di Israele presso le Nazioni Unite o in un'altra capitale ,non ci sarebbe stato nulla da obiettare .. La nomina come ambasciatrice a Roma, potrebbe porre la domanda se gli ebrei italiani sono israeliani o italiani . Potrebbe danneggiare la possibilità di altri ebrei ad essere eletti al parlamento italiano o in posti governativi di alto livello in futuro. "
In realtà, questo non è uno scenario teorico. Cugino di Nirenstein, un membro del Parlamento del partito del premier Matteo Renzi, punta a diventare sindaco di Milano Si è affrettato a dichiarare che è orgoglioso di essere italiano e orgoglioso del successo della sua famiglia.
La nomina di Nirenstein è ulteriormente complicata dal fatto che suo figlio lavora nei servizi segreti italiani . Egli è stato precedentemente a Washington e Bruxelles e oggi lavora a Roma. Secondo il sito di notizie italiano Dagospia, le persone che hanno un membro della famiglia con funzioni diplomatiche presso uno stato straniero , non può lavorare nell' intelligence italiana per timore di violazione di segreti . Non è ancora chiaro se questo significa che il figlio di Nirenstein dovrà lasciare la sua posizione.
"Questa nomina potrebbe creare un problema di antisemitismo," un membro della comunità ebraica, ha puntualizzato . "Nel corso degli anni l'Ebreo è sempre stato sospettato di essere un traditore della patria. Questa scelta potrebbe danneggiare l' identità degli ebrei. La maggioranza assoluta di loro è sionista , ma gli ebrei italiani sono anche cittadini con tutti i diritti e i doveri. Non si può scherzare su questo ",
Barak Ravid
EFFETTI COLLATERALI DELLA NIRENSTEIN – LA FUTURA AMBASCIATRICE D’ISRAELE HA UN FIGLIO NEI SERVIZI SEGRETI ITALIANI – IN BASE ALLE REGOLE INTERNE, IL RAMPOLLO DOVREBBE LASCIARE L’AISE PERCHÉ PARENTE STRETTO DI UN DIPLOMATICO STRANIERO
1.DAGONEWS
Grande
imbarazzo ai vertici dei servizi segreti italiani per la designazione
di Fiamma Nirenstein come prossimo ambasciatore d’Israele in Italia. La
giornalista con doppio passaporto ha infatti un figlio nell’Aise, il
servizio segreto estero, che presta servizio a Roma dopo essere stato
impiegato in piazze importanti come Washington e Bruxelles.
Fiamma Nirenstein
Il
figlio di primo letto della Nirenstein, ricordano a Forte Braschi,
entrò per volontà del prefetto Emilio Del Mese e si è fatto ben volere
da tutti. Il problema è che per i regolarmenti interni del Servizio le
nostre spie non possono avere relazioni o rapporti di parentela stretta
con personale diplomatico estero. Ragioni di elementare prudenza e
riservatezza.
Funzionari
di Aise o Aisi che si sono sposati anche con l’ultima dattilografa di
un’ambasciata straniera sono stati rimandati agli uffici e ai corpi di
provenienza. Figurarsi il caso di un funzionario che si ritrova la madre
ambasciatore, e per di più di un Paese non appartenente alla Nato come
Israele.
Insomma,
Nirenstein junior andrebbe spedito in qualche ufficio civile di Palazzo
Chigi, ma c’è già chi dice che invece resterà tra le barbe finte,
seppure “a distanza di sicurezza”: Tokyo.
2."PUÒ ALIMENTARE IL SOSPETTO ODIOSO CHE SIAMO PRIMA EBREI E POI ITALIANI"
Francesca Paci per "la Stampa"
Fiamma
Nirenstein ambasciatore d'Israele a Roma? Gli ex colleghi parlamentari
italiani non si scompongono, alleati e avversari politici ripetono che
ogni governo si sceglie legittimamente i propri rappresentanti.
Posizioni diverse ma non polemiche.
Così
laddove Marta Grande dei 5Stelle auspica «l' apertura di un dialogo a
livello diplomatico sul riconoscimento della Palestina», Antonio Tajani
di Forza Italia plaude alla «scelta molto positiva d' una professionista
per un paese fondamentale per la pace e la stabilità della regione» e
il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi, che ha
lavorato con la Nirenstein a Bruxelles, parla di una buona notizia «per
il lavoro contro l' antisemitismo da continuare a fare insieme in Italia
e in Europa».
La
questione muta all'interno della comunità ebraica, dove al netto di
orientamenti diversi si respira la comune preoccupazione per l'incarico
affidato a una persona di doppio passaporto che può ravvivare l' atavico
sospetto di doppia lealtà alla base del peggior antisemitismo.
A
quale paese è più fedele un ebreo, a quello in cui è nato o a Israele,
alias alla sua religione? Il rabbino capo Riccardo Di Segni sorvola sul
merito della Nirenstein («è una bravissima giornalista, stop») ma
ammette l' inquietudine: «Temo che ci possano essere problemi, basta
leggere cosa circola già in Rete sulla sua doppia cittadinanza».
Cambia
poco che l'interessata sia pronta a rinunciare al passaporto italiano.
On o off the record, i correligionari che guardano il mondo da sinistra
si dicono allarmati e non per le idee politiche della Nirenstein: «Anche
se rappresenta un governo che non avrei votato ha le carte in regola.
Il
problema non è cosa farà, ma la sovrapposizione pesante che può
rinfocolare il pregiudizio». Paradossalmente Fiamma Nirenstein
ambasciatore d' Israele unisce nella preoccupazione animi politicamente
assai diversi.
A
confermarlo c' è anche Giorgio Gomel , ala liberal dell' ebraismo
italiano alla guida dell' associazione JCall (che sostiene la soluzione
«a due stati» del conflitto israelo-palestinese): «È una scelta molto
vicina alle posizioni di Netanyahu e del Likud da cui io dissento.
Ma
mi colpisce soprattutto che una persona candidata fino a poco tempo fa
alla guida della comunità romana diventi ambasciatore d' Israele
alimentando quella confusione di ruoli e quell' equazione tra Stato d'
Israele e ebrei della diaspora contro cui ci battiamo da sempre».
Il
tema è delicato, concede Riccardo Pacifici , ex presidente della
comunità romana che alle elezioni per la sua successione ha sostenuto
Ruth Dureghello contro la stessa Nirenstein: «È una nomina a distanza
atipica e sorprendente ma sono convinto che quando si concretizzerà,
nell' estate del 2016, sarà per noi ebrei italiani un' opportunità di
volta per rafforzare il legame tra due paesi amici.
Fiamma
è intellettualmente onesta e farà bene. Eppure...». Eppure? «Eppure
sento già montare quell' odioso sospetto che mi accompagna sin da
piccolo, quando i compagni mi chiedevano se essendo ebreo tifassi Italia
o Israele e io scherzando ripetevo di essere romanista.
Nessuno
sospetterebbe mai Obama di lealtà agli Usa ma noi ebrei dobbiamo sempre
dimostrare di essere più leali degli altri. Per questo ho voluto
fortemente la mostra "Prima di tutto italiani" e i manifesti per il
ritorno a casa dei marò affissi su tutti i muri del ghetto a Roma».
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