Francesca Paci: " Può alimentare il sospetto che siamo prima ebrei e poi italiani " riguardo la nomina di Fiamma Nirenstein


 
 
 
Fiamma Nirenstein ambasciatore d’Israele a Roma? Gli ex colleghi parlamentari italiani non si scompongono, alleati e avversari politici ripetono che ogni governo si...
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Fiamma Nirenstein ambasciatore d'Israele a Roma? Gli ex colleghi parlamentari italiani non si scompongono, alleati e avversari politici ripetono che ogni governo si sceglie legittimamente i propri rappresentanti. Posizioni diverse ma non polemiche. Cosi laddove Marta Grande dei 5Stelle auspica «l'apertura di un dialogo a livello diplomatico sul riconoscimento della Palestina», Antonio Nani di Forza Italia plaude alla «scelta molto positiva d'una professionista per un paese fondamentale per la pace e la stabilità della regione» e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi, che ha lavorato con la Nirenstein a Bruxelles, parla di una buona notizia «per il lavoro contro l'antisemitismo da continuare a fare insieme in Italia e in Europa». La questione muta all'interno della comunità ebraica, dove al netto di orientamenti diversi si respira la comune preoccupazione per l'incarico affidato a una persona di doppio passaporto che può ravvivare l'atavico sospetto di doppia lealtà alla base del peggior antisemitismo. A quale paese è più fedele un ebreo, a quello in cui è nato o a Israele, alias alla sua religione? Il rabbino capo Riccardo Di Segni sorvola sui meriti della Nirenstein (è una bravissima giornalista. Stop), ma ammette l'inquietudine: «Temo che ci possano essere problemi, basta leggere cosa circola già in Rete sulla sua doppia cittadinanza». Cambia poco che l'interessata sia pronta a rinunciare al passaporto italiano. On o off the record, i correligionari che guardano il mondo da sinistra si dicono allarmati e non per le idee politiche della Nirenstein: «Anche se rappresenta un governo che non avrei votato ha le carte in regola. Il problema non è cosa farà, ma la sovrapposizione pesante che può rinfocolare il pregiudizio». Paradossalmente Fiamma Nirenstein ambasciatore d'Israele unisce nella preoccupazione animi politicamente assai diversi. A confermarlo c'è anche Giorgio Gomel, ala liberal dell'ebraismo italiano alla guida dell'associazione JCall (che sostiene la soluzione «a due stati» del conflitto israelo-palestine-se): «E una scelta molto vicina alle posizioni di Netanyahu e del Likud da cui io dissento. Ma mi colpisce soprattutto che una persona candidata fino a poco tempo fa alla guida della comunità romana diventi ambasciatore d'Israele alimentando quella confusione di ruoli e quell'equazione tra Stato d'Israele e ebrei della diaspora contro cui ci battiamo da sempre». II tema è delicato, concede Riccardo Pacifici, ex presidente della comunità romana che alle elezioni per la sua successione ha sostenuto Ruth Dureghello contro la stessa Nirenstein: «E una nomina a distanza atipica e sorprendente ma sono convinto che quando si concretizzerà, nell'estate del 2016, sarà per noi ebrei italiani un'opportunità di volta per rafforzare il legame tra due paesi amici. Fiamma è intellettualmente onesta e farà bene. Eppure...». Eppure? «Eppure sento già montare quell'odioso sospetto che mi accompagna sin da piccolo, quando i compagni mi chiedevano se essendo ebreo tifassi Italia o Israele e io scherzando ripetevo di essere romanista. Nessuno sospetterebbe mai Obama di lealtà agli Usa ma noi ebrei dobbiamo sempre dimostrare di essere più leali degli altri. Per questo ho voluto fortemente la mostra "Prima di tutto italiani" e i manifesti per il ritorno a casa dei marò affissi su tutti i muri del ghetto a Roma».

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