Lamis Andoni : la Giordania non è la Palestina, ossia l'opzione giordana


George Mitchell, l’inviato speciale americano per il Medio Oriente, recentemente ha espresso la sua frustrazione per la mancanza di progressi nel “processo di pace”, ormai in fase di stallo.
Ma per Mitchell potrebbe essere giunto il momento di farsi da parte, poiché Geert Wilders, il leader del terzo partito dell’Olanda, sembra aver trovato una “soluzione creativa” per il conflitto: la Giordania dovrebbe essere ribattezzata Palestina e diventare la patria dei palestinesi.Purtroppo per Wilders – e per la destra israeliana – questa “soluzione” non è né originale né accettabile, ed i responsabili giordani hanno risposto con una vigorosa condanna della proposta.“L’opzione giordana”Il piano per trasformare la Giordania nella patria palestinese e per concedere ad Israele il controllo totale sulle terre della Palestina storica viene ciclicamente riproposto dalla destra israeliana ogni volta che c’è un aumento della pressione internazionale, per quanto minima, su Israele affinché interrompa il suo processo espansionistico.Lo scorso mese, circa la metà dei 120 membri della Knesset, il parlamento israeliano, ha presentato una proposta che prevede “due stati per due popoli sulle due rive del fiume Giordano”. In pratica la proposta implica un’espulsione dei palestinesi da Israele in Giordania così che il regno hascemita diventi ‘de facto’ la patria dei palestinesi.

La vigorosa riproposizione di quella che è stata storicamente definita “l’opzione giordana” giunge nel bel mezzo della crescente pressione internazionale nei confronti dell’edificazione delle colonie ebraiche nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est.
La destra israeliana – alla quale appartengono molti membri del partito Likud di Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano – vede l’opzione giordana come un’alternativa adeguata e pratica ai piani di fondare uno stato palestinese in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.

Agonia della soluzione dei “due stati”

La paura di uno stato palestinese da parte della destra israeliana giunge in un momento in cui molti palestinesi, compresi i responsabili politici, ritengono che la soluzione dei due stati sia quasi morta.
La rapida espansione delle colonie israeliane, la costruzione del muro di separazione, e il continuo annullamento dei permessi di residenza a Gerusalemme Est per gli arabi, ha lasciato ben poco spazio – forse nessuno – alla possibilità di uno stato palestinese.
Ma molti, nella destra israeliana, sono preoccupati dal piano di Salam Fayyad, il primo ministro palestinese, di fondare uno stato ‘de facto’ costruendo istituzioni e abitazioni in tutto il territorio della Cisgiordania, comprese le aree in cui permangono le forze israeliane.
Se molti palestinesi temono che il piano di Fayyad servirà soltanto a trasformare gli attuali, frammentati, territori palestinesi in un’entità che manca di contiguità territoriale e di sovranità, la destra israeliana teme che qualunque forma di stato palestinese, per quanto stravolta, rappresenterà una minaccia per le loro rivendicazioni sull’intera Palestina storica.
Stato cuscinetto
“L’opzione giordana” è profondamente legata all’idea che la sponda orientale del Giordano faccia parte della Palestina storica. Di conseguenza molti leader israeliani, provenienti prevalentemente dal partito Likud ma non solo, sostengono che la popolazione palestinese dovrebbe essere trasferita in “quella parte di Palestina”.
A quest’idea, tuttavia, è stato dato poco credito prima del 1977, quando il partito Likud salì al potere per la prima volta. Il Likud promosse l’idea come un’alternativa allo stato palestinese in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.
Nel 1982, Ytzhak Shamir, che sarebbe diventato il primo ministro del Likud nel 1983, scrisse che, “ridotto alle sue reali proporzioni, il problema chiaramente non è la mancanza di una patria per gli arabi palestinesi. Quella patria è la Trans-Giordania, o Palestina Orientale… Un secondo stato palestinese ad ovest del fiume Giordano è una ricetta per l’anarchia”.
Ma “l’opzione giordana” va contro il tacito accordo raggiunto dai fondatori di Israele con re Abdullah I, che prevedeva che Israele avrebbe accettato la fondazione di uno stato a guida hascemita a est del Giordano.
In realtà, i primi leader di Israele vedevano l’entità hascemita sia come un cuscinetto tra Israele e il resto del mondo arabo, sia come uno stato che poteva assorbire quei rifugiati palestinesi che erano fuggiti o che erano stati espulsi durante il conflitto arabo-israeliano del 1948 e la Guerra dei Sei Giorni del 1967. Ma è proprio il fatto che i leader israeliani trasformarono intenzionalmente la Giordania in un contenitore per assorbire la maggior parte della popolazione di rifugiati palestinesi che ora viene utilizzato per giustificare la sua trasformazione in una patria alternativa per i palestinesi, e per trasferirne forzatamente ancora altri laggiù. Immorale ed illegale Oggi la Giordania ospita quasi un milione e 900 mila rifugiati palestinesi, e più di 337.000 di questi vivono nei 10 campi profughi ufficiali del paese.Ma il fatto che la maggior parte dei giordani siano di origine palestinese e che quindi la Giordania sia già la patria di fatto dei palestinesi è ipocrita e sbagliato. Non ci sono statistiche precise, ma è vero che almeno metà della popolazione giordana, composta da 6 milioni e 200 mila persone, è di origine palestinese. Ma questo è il risultato dell’espansionismo israeliano e di una deliberata politica di evacuazione forzata dei palestinesi dalle terre palestinesi.
Se la Giordania fosse la vera patria del popolo palestinese, Israele non avrebbe dovuto demolire quasi 450 villaggi palestinesi o escogitare politiche per espellere la popolazione palestinese.
Per di più, vi era già una comunità con le sue tradizioni, i suoi usi e costumi, e un suo dialetto specifico ad est del Giordano prima della fondazione di Israele.Inoltre, il principio stesso alla base dello sradicamento di una popolazione, della distruzione dei suoi villaggi, e dell’insediamento di coloni così da cambiare la demografia di una regione, è semplicemente immorale e illegale secondo il diritto internazionale. Guerra perpetuaLa realizzazione del sogno della destra israeliana di trasformare la Giordania nella Palestina non può avverarsi senza un’espulsione graduale o di massa dei palestinesi da Israele, dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est, affiancata all’utilizzo della forza contro i giordani.Tale sogno presenta, dunque, uno scenario di guerra e di conflitti perenni che non possono assolutamente porre fine al “problema palestinese” di Israele.Ma anche se questa “visione” non può essere realizzata facilmente senza ricorrere alla guerra totale, deve essere presa seriamente poiché offre una scusa per cacciare un numero sempre maggiore di palestinesi dalla loro patria.
Nel corso degli anni, sono state sviluppate due varianti dell’“opzione giordana”. La prima si basa sul “trasferimento” della popolazione palestinese della riva occidentale del Giordano, e persino di quella all’interno del “vero e proprio” stato di Israele, in Giordania, dove dovrà essere stabilita la patria palestinese. Il secondo scenario si fonda sull’istituzione di uno stato palestinese in Giordania, che potrebbe comprendere anche le aree popolate dagli arabi nella Cisgiordania. Entrambe le possibilità sono state rifiutate, ma le proposte sono sopravvissute come un ‘bastone’ con cui minacciare i palestinesi e i giordani, e con cui neutralizzare presunte minacce o il sostegno verbale della comunità internazionale a favore della fondazione di uno stato palestinese. In altre parole, i leader israeliani usano l’“opzione giordana” ogniqualvolta Israele attraversa un momento di crisi.
Espropriare gli “infiltrati”Il fatto che 53 componenti della Knesset abbiano fortemente spinto a favore dell’“opzione giordana” testimonia il livello di isolamento che Israele avverte in questo momento. Ma, invece di affrontare la questione fondamentale dei diritti nazionali palestinesi, i leader della destra israeliana stanno sollevando lo spettro di ulteriori espropriazioni ai danni del popolo palestinese. A rendere questa proposta più minacciosa per la Giordania e per i palestinesi è stato il fatto che essa è stata preceduta da un nuovo decreto militare che consente ad Israele di espellere come “infiltrato” chiunque sia sprovvisto degli ‘opportuni’ documenti israeliani. Come ha riportato il quotidiano israeliano Haaretz, secondo questo decreto i residenti di Gerusalemme Est, i cittadini palestinesi di altri paesi e persino coloro che sono in possesso di passaporti israeliani potrebbero essere classificati come “infiltrati”, ed espulsi.Dietro una facciata che assicura “la supervisione giuridica del procedimento di estradizione”, Israele ha efficacemente istituito un nuovo piano per l’espulsione graduale, ma su larga scala, dei palestinesi verso la Giordania, rendo così l’“opzione giordana” sempre più reale. Nel tentativo di razionalizzare la sua controversa proposta, Wilders ha sostenuto che “l’Occidente deve proteggere Gerusalemme” e “fermare l’offensiva della sinistra e dei musulmani per distruggere Israele”.Parlando nella tradizione delle idee anti-musulmane del suo partito, Wilders ha espresso e ribadito il concetto sottostante all’“opzione giordana”: che, come molte altre idee razziste, tale idea non può essere messa in pratica senza fare ricorso alla forza e all’esclusione dell’“altro”.
Lamis Andoni è un’analista e commentatrice di questioni palestinesi e mediorientali; si occupa da 20 anni dell’OLP, ed ha intervistato tutti i principali leader del movimentoLa Giordania non è la Palestina
allegati
1"Ora, l’unico modo per risolvere la questione della sicurezza di Israele prima di quella della fine dell’oppressione dei palestinesi è che i palestinesi vengano allontanati o ridotti in condizioni di apartheid“hard”. Io sono molto pessimista sull’esito del conflitto. Temo che la soluzione che verrà adottata, o meglio che si cercherà di adottare, sarà proprio quella della pulizia etnica dei palestinesi, o (meno probabilmente) della loro riduzione in apartheid “hard”. Possibilmente si cercherà di adottare una versione ipocrita, si cercherà cioè di nascondere la pulizia etnica nell’ambito di una guerra regionale “inevitabile”."


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