Mustafa Barghouthi :la lenta morte della democrazia palestinese


Era previsto che la settimana scorsa ci sarebbero state le elezioni municipali. Invece sono state annullate. Una dichiarazione rilasciata dall’Autorità Palestinese ha affermato che la cancellazione era “per preparare la strada a una conclusione positiva dell’assedio di Gaza e per proseguire nell’impegno mirante all’unità” tra Hamas, che gestisce la Striscia di Gaza, e il governo nella West Bank.L’annullamento di tali elezioni è stato un atto privo di giustificazioni, illegale e inaccettabile. Esso nuoce ai diritti democratici e deride gli interessi del popolo palestinese. Ma questa è molto più di una questione interna palestinese. La sola pace durevole tra israeliani e palestinesi avrà le sue basi in un accordo negoziato tra due democrazie – questo è stato il caso per l’Europa e questo sarà per il Medio Oriente. La lotta dei palestinesi per la democrazia è stata lunga e responsabile. Di contro alle poche probabilità di riuscita, siamo stati in grado di costruire una straordinaria società civile capace di sopravvivere all’oppressione dell’occupazione israeliana e colmare il vuoto prodotto dalla mancanza di un governo centrale. Abbiamo sviluppato sistemi sanitari e didattici non governativi paralleli, costruito 17 università e fondato migliaia di organizzazioni di comunità locali. Abbiamo sviluppato perfino programmi per cittadini disabili, ad opera della società civile e fondati sulla comunità di base, che hanno ricevuto un riconoscimento mondiale. Il governo israeliano ha appoggiato per lungo tempo solo a parole la democrazia palestinese, mentre nel contempo reprimeva le iniziative che portavano a risultati che esso non gradiva. Nel 1976, l’allora Primo Ministro Shimon Peres offrì l’illusione della costituzione di una dirigenza locale promovendo elezioni municipali che avevano lo scopo di stemperare l’autorità dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Con grande sorpresa di Peres, il 90% dei palestinesi votò a favore dell’OLP, per liste elettorali a favore dell’indipendenza. Nei due anni successivi, il governo israeliano – quello stesso che si è autoproclamato modello di democrazia – deportò i vincitori delle elezioni e sciolse i consigli locali. Con la creazione dell’Autorità Palestinese, avvenuta negli anni 1990, sperammo che si realizzasse un’autentica democrazia. Tuttavia, fummo costretti a sopportare tentennamenti azzardati tra elezioni popolari riuscite e i tentativi – sia di tipo autolesionista che di provenienza esterna – di annientare le istituzioni della nostra fragile democrazia. I palestinesi attesero fino al 1996 per esprimere il loro voto alle prime elezioni parlamentari, mai avvenute in precedenza, per l’assegnazione dei seggi nel neo-costituito Consiglio Legislativo Palestinese (PLC). Ricordo ancora il sorriso di una donna di settant’anni, di nome Fatema, quando mi raccontò, “Questa è la prima volta nella mia vita che posso votare.” Ma questa felicità non è durata a lungo. Abbiamo dovuto aspettare 10 anni, fino al 2006, per tenere nuove elezioni parlamentari. Sebbene queste elezioni fossero state elogiate dal mondo intero – l’ex-presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter le definì “oneste, imparziali e affidabili” – gli esiti non vennero mai accettati da Israele o dalla maggior parte dei governi occidentali perché non piacque loro il risultato: Hamas aveva prevalso con la maggioranza dei seggi. Perfino quando i palestinesi riuscirono a creare un governo di unità nazionale, che rappresentava il 96% dell’elettorato palestinese, venimmo sottoposti ad assedio e a embargo. Tale fatto contribuì a prolungare il conflitto tra Fatah e Hamas, che, nel 2007, portò a una divisione interna tra la West Bank e Gaza. Esso determinò anche la cancellazione delle elezioni per il PLC che avrebbero dovuto aver luogo a gennaio. Questo è il contesto nel quale va inserita la decisione dell’Autorità Palestinese di cancellare le elezioni municipali nella West Bank che erano in programma per il 17 luglio – e la pronta adesione degli Stati Uniti e dei governi europei all’abrogazione dei processi democratici. La maggior parte dei palestinesi accetta l’impossibilità che vengano svolte le elezioni presidenziali e parlamentari prima della risoluzione della divisione tra West Bank e Gaza. Ed è proprio per questo motivo che tutti i partiti politici palestinesi e le organizzazioni della società civile, escludendo Hamas, concordavano sulla fondamentale importanza di svolgere nel tempo fissato le elezioni municipali. L’unica alternativa sarebbe stata la nomina di nuovi consigli locali fatta da parte dell’autorità esecutiva, che di per se stessa non è stata approvata dal PLC, privando così ulteriormente il popolo del diritto di scegliere i propri rappresentanti. Abbiamo ritenuto le elezioni locali come un modo per mantenere vivi i semi dei principi e dei sistemi democratici, nonostante le pericolose dispute interne. Contestate in modo corretto le elezioni municipali sarebbero state un modo per ricordare ad ogni qualsivoglia autorità che è responsabile nei confronti del popolo. Era destinato, inoltre, a favorire i sistemi non-violenti per la soluzione delle divergenze interne, con il fornire ai palestinesi l’opportunità di esprimere i loro interessi usando mezzi democratici al posto della forza. Il governo di Hamas ha impedito la registrazione dei votanti a Gaza, impedendo in tal modo che le elezioni vi avessero luogo. All’inizio, funzionari dell’Autorità Palestinese hanno deciso correttamente di procedere con le elezioni nella West Bank, fornendo ampie giustificazioni sul perché esse non avrebbero contrastato i tentativi di riconciliazione. Molti hanno fatto discorsi elogiando la funzione delle elezioni locali nella costruzione dello stato. Tuttavia, è divenuto subito chiaro che, anche se Hamas avesse boicottato le elezioni, Fatah avrebbe dovuto affrontare comunque la dura concorrenza dei partiti democratici non allineati.Questo era evidente in tutte le maggiori città, comprese Hebron, Ramallah e Tulkarem. Nondimeno, finché le elezioni non vennero cancellate il 10 di giugno, era apparso evidente che le votazioni avrebbero proceduto come fissato. La registrazione degli elettori ebbe luogo, vennero costituite le liste elettorali, furono scelti gli scrutatori – e poi, pochi minuti prima che venissero chiuse le liste per la registrazione dei candidati, il governo della West Bank annunciò di aver spostato le elezione fino a nuovo avviso. In tal modo, mentre il governo di Gaza bloccava le elezioni locali, il governo della West Bank le cancellava. Ciò ha prodotto un grande sgomento tra la gente, che non ha mai creduto alla giustificazione data dall’Autorità Palestinese secondo la quale le elezioni sarebbero state cancellate nell’interesse della riconciliazione fra i palestinesi. E, naturalmente, ciò solleva una questione fondamentale sul significato di “costruire lo Stato”. Questa espressione sta a significare qualcosa di più di nuovi progetti edilizi, di enormi edifici governativi e di un vasto apparato di sicurezza? Non è questa la lezione che ci arriva da numerosi stati falliti sparsi per il mondo dalla quale si deduce che ciò che importa maggiormente è la costituzione di istituzioni legittimate e democraticamente rappresentative? Certamente questa è una parte importante della ragione per cui India e Brasile si sono affermati, mentre Somalia, Afghanistan ed altre hanno fallito. I nostri difetti democratici non dovrebbero, tuttavia, essere utilizzati da Israele come scusante per una sottomissione protratta dei palestinesi nei Territori Occupati. Questa disumana prassi israeliana è ideata per fornire alla complicità di Israele una scusa per minare la nostra democrazia, mentre sta coprendo l’enorme crimine della sua occupazione. I palestinesi non vogliono uno Stato che lo sia solo di nome, con una bandiera e un inno. Noi vogliamo una nazione sovrana – non grappoli di Bantustan. E vogliamo uno Stato democratico dove possiamo scegliere i nostri leader e il nostro governo. Non li vogliamo designati da forze straniere, che affermano di agire in nostro nome. Uno Stato reale esige che il popolo viva il libertà e in prosperità, con dignità e pieni diritti – e non con costanti macchinazioni da una parte o dall’altra che sovvertono questo processo. Manovre di questo tipo servono solo a far poltiglia dei diritti democratici dei palestinesi e a far retrocedere la causa della pace.(tradotto da mariano mingarelli)La lenta morte della democrazia palestinese La riforma di Salam Fayyad

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