Tre possibili scenari dopo l’indipendenza del Sud Sudan


Il nascente Stato del Sud Sudan, che sarà ufficialmente dichiarato sabato 9 luglio, è fortunato ad essersi già assicurato la legittimità e il riconoscimento regionale e internazionale, dopo che il 99 per cento dei suoi abitanti aveva votato per la secessione con un referendum di autodeterminazioneil 9 gennaio. Il referendum era stato fissato dall’accordo di pace sudanese firmato nel 2005 tra il governo sudanese e il Movimento per la liberazione del popolo sudanese (SPLM), ed era stato sponsorizzato dalla comunità internazionale.Ancor prima dell’indipendenza ufficiale, la Repubblica del Sud Sudan è stata calorosamente accolta con una raffica di promesse di cooperazione e assistenza da parte di molti. Questo lascia ben sperare per quanto riguarda il sostegno alla scelta della gente del Sud – che per lungo tempo ha subito la più lunga guerra civile del continente africano – di costruire uno Stato stabile, sicuro, indipendente, che convive e collabora con i suoi vicini. Se ciò dovesse avvenire, andrebbe certamente a vantaggio dei due Stati del Sudan e del loro popolo, così come della regione araba e del continente africano nel cui cuore si trovano i due Sudan.Il popolo del Sudan meridionale ha scelto il nome di Sud Sudan, e ciò ha rassicurato molti sia nel Nord che nel Sud, che non volevano che la divisione fosse la fine del percorso: alcuni ritengono che ci sia speranza nel ricongiungimento un giorno.
Ma purtroppo, gli eventi sul terreno in Sudan stanno minacciando le speranze e le aspirazioni del popolo sudanese, che sarà diviso in due Stati.  I sudanesi non sanno come saranno le cose in futuro tra i due Stati, che saranno legati dal destino anche dopo l’indipendenza del Sud.  Dopo la secessione del Sud, lo Stato originario del Sudan perderà un quarto dei suoi cittadini e un terzo della sua superficie, e soffrirà terribili condizioni economiche poiché perderà tra il 70 e l’80 per cento delle sue risorse petrolifere, così come il 60 per cento del suo bilancio e il 90 per cento della valuta estera.
Il Nord avrà un bisogno essenziale di un accordo con il Sud, il quale dal canto suo continuerà a fare affidamento sul Nord per le sue esportazioni di petrolio attraverso Port Sudan.  Entrambi i paesi avranno bisogno di stringere accordi su delicate questioni economiche, ed in particolar modo di raggiungere un consenso su come 13 milioni di cittadini su entrambi i lati del confine saranno interessati dalla secessione.  Il confine di demarcazione sarà la più lunga frontiera tra due paesi in Africa, stimata intorno ai 2.000 chilometri.  Ci sono ancora milioni di meridionali al Nord che saranno trattati come stranieri, non appena verrà dichiarata l’indipendenza, perdendo i loro posti di lavoro e i loro diritti nello Stato settentrionale.  Ci sono meno sudanesi del Nord al Sud, ma il governo del Sud ha affermato che permetterà loro di rimanere e addirittura concederà loro la cittadinanzaIl popolo sudanese su entrambi i lati del confine ha buone ragioni per essere ansioso e preoccupato per i futuri rapporti tra i due Stati.  La situazione ad Abyei e nel Sud Kordofan si è deteriorata, mentre le condizioni nello stato del Nilo Azzurro sono precarie; non esiste poi una soluzione in vista per il Darfur, e i problemi si stanno moltiplicando nel Sudan orientale e settentrionale; tutto ciò minaccia l’intero Stato del Nord.

 Ma al Sud le cose non vanno molto meglio. I problemi di sicurezza comprendono la milizia di opposizione ugandese dell’Al-Rab Army, che sta creando difficoltà al Sud, e le milizie armate del Sud con cui l’SPLM non è stato in grado di raggiungere un accordo.  L’SPLM accusa il Partito del Congresso Nazionale del Nord di sostenere queste milizie.  Altre questioni attinenti sono la rimozione delle mine e il reinsediamento degli sfollati e dei rifugiati.
Riguardo alle questioni economiche e di sviluppo, lo Stato meridionale si trova ad affrontare sfide gigantesche.  La maggior parte delle regioni hanno bisogno della creazione di ospedali, scuole, strade, ponti, infrastrutture per l’acqua potabile, servizi, opportunità di lavoro, e formazione delle risorse umane. Un’altra sfida colossale che il Sud deve affrontare è quella di accogliere e far coesistere i vari gruppi presenti nel paese – la sua immensa diversità tribale, culturale, religiosa, politica e militare. A ciò si aggiunge la sfida di costruire una società solidale in cui nessuno sia emarginato o alienato, e la giustizia, l’uguaglianza e la pluralismo siano la norma – essenzialmente, le ragioni per cui il Sud ha deciso di separarsi dal Nord.
A complicare ulteriormente le questioni vi è il rapporto precario tra i leader del Nord e quelli del Sud e la mancanza di fiducia reciproca, problemi che si sono aggravati nel corso dei sei anni di condivisione del potere. La recente escalation tra le due parti nella contesa regione di confine di Abyei ha portato alla decisione internazionale di dispiegare 4.200 soldati etiopici in base al Capitolo 7 della Carta dell’ONU – ciò significa che queste forze sono in missione di combattimento. Vi è un accordo sulla decisione di dispiegare forze internazionali lungo l’intero confine tra il Nord e il Sud, di assorbire gli elementi dell’SPLM presenti nel Nord, e di risolvere le controversie nel Sud Kordofan e nel Nilo Azzurro (ancora una volta nel Nord).
Questi accordi, raggiunti nel capitale etiopica di Addis Abeba, sono stati definiti da un gran numero di membri del partito di governo di Khartoum che vi si oppongono come “Nifasha 2″, dal nome dell’accordo di pace sudanese che fu firmato nel 2005 nella città keniota di Nifasha.  Essi ritengono che il Nord abbia sofferto e fatto sacrifici nel trattato di pace con il Sud, e abbia sopportato la condivisione del potere e le richieste provocatorie da parte del Sud, e non sono disposti a soffrire ulteriormente, sia che si tratti della permanenza di membri dell’SPLM nel Nord dopo la secessione, sia che si tratti della firma di un altro accordo con il nuovo Stato meridionale sul Sud Kordofan e sul Nilo AzzurroIn un primo momento, Bashir aveva respinto gli accordi firmati dal suo vice Nafie Ali Nafie e li aveva criticati durante un sermone del venerdì a una delle moschee di Khartoum.  Dopo un viaggio ad Addis Abeba, tuttavia, erano giunte notizie secondo cui egli aveva dato istruzioni per attuare gli accordi dopo che erano emerse fratture nelle file del partito di governo.  Coloro che nelle file dell’opposizione rifiutavano gli accordi, o erano preoccupati per essi, ritenevano che queste soluzioni fossero ancora più parziali, e impedissero alle forze di opposizione in tutto il Sudan di unirsi per cambiare il regime al potere.
Di conseguenza, vi sono gravi preoccupazioni e diffidenze sulla situazione, e sulla presenza di truppe etiopiche ad Abyei, che sarà un contenzioso difficile da risolvere rapidamente, e potrebbe diventare il Kashmir del Sudan.
 Il rapporto tra lo Stato nascente del Sud e lo Stato storico del Nord potrebbe imboccare tre percorsi differenti. In primo luogo, la pace tra i due Stati è la migliore delle ipotesi per entrambi. Ma questo obiettivo potrebbe non essere facile da raggiungere, visto che i governanti su entrambi i lati del nuovo confine sono alle prese con problemi sul fronte interno, e con le difficoltà di gestire la complessità etnica, culturale e religiosa, e visto che ciascuno dei due Stati mantiene le proprie alleanze per fare pressione sull’altro.  Il Sud accusa il Nord di sostenere le milizie dell’opposizione, mentre il Nord accusa il Sud di finanziare i gruppi nel Darfur che si oppongono al regime.  Gli attori regionali e internazionali avranno un ruolo fondamentale in un tale scenario, ma le potenze mondiali sono contro il regime di Bashir, e il presidente del governo di Khartoum deve rispondere alle accuse della Corte penale internazionale, che complica ulteriormente le cose.
 In secondo luogo, la guerra tra i due paesi è la peggiore delle ipotesi, anche se nessuna delle parti è in grado di condurre una guerra decisiva o di lunga durata senza il petrolio, che viene prodotto nel Sud ed esportato attraverso il Nord, rendendo ciascuno dipendente dall’altro.  Un simile scenario destabilizzerebbe il panorama nazionale in entrambi i paesi e genererebbe un’opposizione interna in una popolazione che è stremata dalla guerra.
 In terzo luogo, una situazione né di guerra né di pace è lo scenario più probabile, e quasi ugualmente catastrofico, perché prosciugherà le energie e le risorse di entrambi gli Stati attraverso piccole guerre per procura, e produrrà due Stati falliti.  Questo scenario potrebbe facilmente verificarsi se i due Stati non saranno in grado di risolvere le questioni tra loro in sospeso, e se ciascuno sarà singolarmente incapace di risolvere i problemi interni e di trovare un modus vivendi.  Ciò creerà anche ulteriori complicazioni sulla scena mondiale.
Asmaa El-Husseini
(Traduzione di Roberto Iannuzzi)
http://www.medarabnews.com/2011/07/09/tre-possibili-scenari-dopo-l’indipendenza-del-sud-sudan/

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