Gaza, una ricerca sui bimbi evidenzia i danni del fosforo bianco


”Esiste una forte correlazione tra malformazioni congenite e l’esposizione al fosforo bianco dei genitori”. Questo il risultato di uno studio condotto nella Striscia di Gaza dal New Weapons Research Group, collettivo di accademici e ricercatori che promuove indagini sui rischi prodotti dagli effetti dei più recenti tipi di armi sulla popolazione, e rilanciato dal sito NewWeapons. Il gruppo ha iniziato la propria attività nel 2006, dopo il conflitto tra Israele e Libano.
Il rapporto, intitolato Difetti congeniti a Gaza: prevalenza, tipi, familiarità e correlazione con fattori ambientali, pubblicato dall’International Journal of Environmental Research and Public Health, è stato condotto da un team di ricercatori palestinesi e italiani presso l’ospedale al-Shifa, a Gaza City, dove si registra il 28 per cento di tutte le nascite della Striscia di Gaza.
Secondo il rapporto, il 27 per cento dei genitori di bimbi affetti da difetti congeniti è stato esposto al fosforo bianco contro l’1,7 per cento dei genitori di bambini sani.
Si tratta della prima ricerca di questo genere e della prima raccolta di questo genere di dati nella Striscia. I medici hanno registrato 4.027 nascite, raccogliendo dati clinici, demografici, familiari ed ambientali: nei cinque mesi dello studio, 55 bimbi sono nati con difetti congeniti, 94 sono stati gli aborti spontanei dopo il quarto mese e trenta i bimbi nati morti.
Lo studio individua la prevalenza di gravi difetti congeniti in 14 bimbi nati su mille. Nei limiti legati alle differenze di livelli diagnostici, dimensione dei campioni e metodologie, questa cifra è leggermente più alta di quella individuata nei Paesi a bassa industrializzazione dell’area mediorientale, che si attestano tra 8 e 11 casi su mille, e più bassa della media di Stati Uniti (30 su mille) ed Europa (23 su mille).
Il team ha condotto lo studio perché la presenza di elementi teratogeni nell’ambiente post-bellico è prevista a Gaza dopo l’operazione ‘Piombo fuso’. Un gruppo di lavoro coordinato da alcuni degli stessi ricercatori aveva trovato, infatti, in precedenza, metalli terageni e carcinogeni nelle ferite delle vittime in uno studio pubblicato in Gennaio 2010 e nei capelli dei bambini, in uno studio pubblicato il 17 marzo 2010.
Il tipo di metalli rilevati nelle ferite e nei capelli hanno un basso potenziale mutageno, ma alto potenziale teratogeno e carcinogeno, non possono essere eliminati dall’ambiente e sono in grado di comportarsi come metalloestrogeni che possono incidere su diversi percorsi cellulari durante lo sviluppo dell’embrione e del feto. Gli scienziati specificano comunque che “prima di una conclusione definitiva su quali contaminanti introdotti da questi specifici armamenti possa essere specificamente responsabile della correlazione trovata, è necessaria l’analisi della contaminazione nei pazienti stessi”.
“I metalli – spiegano gli esperti – negli organismi viventi si accumulano, e i loro effetti, se ci sono, si manifestano nel tempo. Abbiamo cercato di capire se ci siano effetti di lungo termine sulla salute riproduttiva che possano essere associati all’esposizione ambientale cronica”.
Le affermazioni dei residenti circa i luoghi nei quali sono stati esposti al fosforo bianco o a bombe sono stati verificati sulle mappe del Coordinamento dell’assistenza umanitaria (Ocha) delle Nazioni unite, con i dati del Unsco (coordinatore speciale per il processo di pace in Medioriente dell’Onu) e quelli del programma per lo sminamento di Gaza dell’Onu (Un Mine Action Team).

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