Vite occupate: il diritto al lavoro dei palestinesi


Come organizzazione impegnata nella promozione e la protezione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati, Al Haq coglie l’occasione della Festa Internazionale dei Lavoratori per attirare l’attenzione sugli ostacoli che limitano il diritto al lavoro dei palestinesi nei TPO.




Lavoratori palestinesi costretti a entrare illegalmente nelle colonie israeliane per lavorare a giornata 

In un periodo storico in cui i diritti internazionali dei lavoratori sono al centro dell’attenzione mondiale, quelli dei palestinesi della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e della Striscia di Gaza sono ancora severamente limitati dalle politiche illegali dell’occupante israeliano. Il tasso di disoccupazione dei Territori è sopra il 21%, in particolare a causa degli ostacoli, costantemente in aumento, che i palestinesi affrontano quando tentano di trovare un impiego o semplicemente vivere secondo il loro tradizionale stile di vita.

In tutta la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, il movimento dei palestinesi è severamente controllato dalle politiche e le pratiche illegali d’Israele, che includono checkpoint militare, strade a uso esclusivo dei coloni, zone militari chiuse e colonie. Inoltre, dagli anni Novanta, l’ingresso dei palestinesi in Israele, nelle colonie, dalla Cisgiordania a Gerusalemme Est, e il movimento dei palestinesi tra Cisgiordania e Gaza sono soggetti a un sistema pervasivo di permessi – virtualmente impossibili da ottenere – che riduce seriamente la libertà di movimento palestinese e il diritto all’accesso al posto di lavoro. Insieme al Muro di Annessione, simili restrizioni servono a dividere la popolazione palestinese in enclavi e a deprivarla dell’accesso a circa il 40% della Cisgiordania, aree per lo più usate per l’agricoltura.

Circa 30mila palestinesi attraversano il Muro senza permesso alla ricerca di un impiego nel mercato del lavoro israeliano, dove sono oggetto di sfruttamento. Quelli che vengono catturati sono sottoposti a dure punizioni da parte della Border Police (polizia di frontiera) che include l’uso di armi di fuoco, pestaggi e trattamenti disumani e degradanti. Allo stesso tempo, decine di migliaia di palestinesi non hanno alcuna alternativa se non quella di cercare lavoro nelle colonie israeliane, considerate illegali dal diritto umanitario internazionale, a causa dell’assenza di altre opportunità e nonostante la recente legge redatta dall’Autorità Palestinese proibisca ai palestinesi di lavorare negli insediamenti. Chi lo fa è generalmente alla mercé di padroncini che trattengono per sé una larga parte dei salari dei lavoratori e li lasciano privi di assistenza sanitaria e altri diritti fondamentali.

Le politiche illegali implementare da Israele non solo restringono la libertà di movimento e accesso alla terra da parte della popolazione palestinese, ma impediscono anche il suo sviluppo. In Area C, che rappresenta oltre il 60% della Cisgiordania, Israele non permette ai palestinesi la costruzione di alcuna infrastruttura né l’implementazione di progetti di sviluppo come la creazione di pozzi d’acqua, la costruzione di strade agricole e l’estensione delle reti d’irrigazione. Così, nonostante il vasto potenziale del settore agricolo,  tali limitazioni e la scarsità d’acqua hanno trasformato aree come la Valle del Giordano nella zona meno coltivata di tutto il territorio palestinese.

Nella Striscia di Gaza, il regime illegale di assedio imposto da Israele dal 2007 ha provocato un incremento drammatico dei tassi di povertà e di disoccupazione. Oltre l’80% della popolazione è dipendente dagli aiuti umanitari. Quelli che un lavoro ce l’hanno, specialmente nella buffer zone (striscia di terra al confine con Israele, vietata all’ingresso di palestinesi), rischiano di ferirsi seriamente o morire per mano dell’esercito israeliano. Dall’inizio del 2011, 45 contadini e raccoglitori di materiali di recupero, compresi sei bambini, sono stati uccisi dalle forze israeliane d’occupazione mentre stavano lavorando. Altri 159 lavoratori sono rimasti feriti nello stesso arco di tempo.

Attualmente, si stima che la buffer zone occupa circa il 17% del territorio della Striscia di Gaza e che ai contadini è impedito accedere alle terre situate fino ad un chilometro e mezzo dal confine. Dato che il 95% dell’area in questione è terra coltivabile, nella buffer zonesi trova oltre il 35% degli appezzamenti di terra coltivabile della Striscia.

Israele, in quanto Potere Occupante secondo la Quarta Convenzione di Ginevra, ha l’obbligo di garantire il diritto al lavoro dei palestinesi. Restringendo la libertà di movimento, attraverso il Muro di Annessione, l’oppressivo sistema di permessi e la chiusura illegale di Gaza, Israele ha dato vita ad una serie di ostacoli che impediscono gravemente ai palestinesi di lavorare.

Nonostante le restrizioni imposte dall’occupazione israeliana, la popolazione palestinese è impegnata a sviluppare il proprio mercato del lavoro. A tale proposito, Al Haq accoglie positivamente la recente decisione dell’Autorità Palestinese di rimuovere il requisito del trattamento di informazioni riservate per gli impiegati nel settore pubblico come sviluppo positivo nella realizzazione del diritto al lavoro dei palestinesi. Tuttavia, Al Haq chiede all’AP di compiere un passo in più nell’adozione del salario minimo garantito, che aiuterebbe a ridurre la discriminazione di genere e farebbe del settore privato palestinese una buona alternativa all’impiego nelle colonie israeliane.

Alla luce delle continue violazioni da parte di Israele dei diritti dei lavoratori palestinesi, Al Haq fa appello:

  1. a Israele perché rispetti gli obblighi previsti dalla Convenzione sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, sul rispetto, la protezione e l’implementazione del diritto al lavoro dei palestinesi nei Territori Occupati;
  2. a Israele perché rispetti gli obblighi previsti dal diritto umanitario internazionale, in particolare la Quarta Convenzione di Ginevra, e non limiti il diritto al lavoro dei palestinesi nei Territori Occupati;
  3. agli Stati firmatari delle Convenzioni di Ginevra perché facciano rispettare le Convenzioni stesse, come stabilito dall’Articolo 1, prendendo misure concrete al fine di fare pressione su Israele perché rispetti i propri obblighi da Potere Occupante nella protezione della popolazione civile palestinese;
  4. all’Autorità Palestinese perché introduca il salario minimo garantito, elimini le disuguaglianze di genere nel settore privato e organizzi corsi sia per dipendenti che per datori di lavoro sui diritti dei lavoratori e la sicurezza sul posto di lavoro.

Tradotto in italiano da Emma Mancini (Alternative Information Center)

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