A. B. Yehoshua : «Perché se studi da rabbino non devi fare il soldato?»


La sempre più infuocata battaglia sull’obbligo dell’arruolamento di migliaia di giovani appartenenti alle comunità religiose più radicali è fra le più importanti che si siano svolte negli ultimi anni per l’identità di Israele. Se le istituzioni politiche e la protesta popolare riusciranno a costringere i giovani ultra ortodossi ad arruolarsi nell’esercito, o almeno a prestare servizio civile, sarà forse possibile arrestare la pericolosa erosione della società israeliana dovuta non solo alla disuguaglianza dei doveri dei cittadini verso lo Stato ma anche alla crescente prevalenza dell’identità religiosa sul nazionalismo democratico.
Negli ultimi secoli centinaia di ebrei religiosi hanno avuto seri problemi nei confronti del servizio militare. L’arruolamento presso un esercito straniero veniva vissuto da un ebreo osservante come un incubo. Di colpo, da una comunità protettiva e da una chiara identità religiosa, si ritrovava catapultato in un ambiente militare rigido e completamente estraneo, dove era costretto a trasgredire alle regole religiose, a consumare cibo a lui proibito e a violare la santità del sabato e delle festività ebraiche. Per un giovane ortodosso il servizio militare equivaleva quasi a una conversione forzata e faceva quindi il possibile per evitarlo. Sussisteva inoltre il problema morale di combattere contro un esercito nemico nelle cui file avrebbero potuto trovarsi soldati ebrei provenienti da altri Paesi e, di conseguenza, il timore di poter uccidere un proprio confratello.
Nella letteratura ebraica di fine diciannovesimo e inizio ventesimo secolo si trovano racconti e poesie che descrivono la situazione di giovani ebrei che facevano di tutto per eludere il servizio militare infliggendosi ferite o fingendosi matti. Eppure molti di loro venivano comunque «rapiti» (è questa l’espressione usata) per essere arruolati nell’esercito, andando così «persi» al popolo ebraico. Per quanto concerne la questione del servizio militare nella diaspora l’identità ebraica veniva dunque sottoposta a una dura prova morale, sia dal punto di vista interno alla comunità che esterno a essa. Gli ebrei osservanti cercavano con tutte le loro forze di esimersi dall’obbligo della leva reputando che le società non ebraiche in cui vivevano non li considerassero in ogni caso cittadini con pari diritti e li avrebbero sempre visti come stranieri. Viceversa quegli ebrei che aspiravano a una totale uguaglianza erano fieri di essere stati reclutati nell’esercito e prestarvi servizio era per loro la prova di meritare tutti i diritti che le comunità nazionali riservavano ai cittadini non ebrei.
Molto toccante fu la situazione degli ebrei tedeschi arruolatisi durante la Prima Guerra mondiale che avevano rischiato la vita e ottenuto onorificenze ma che, all’epoca del terzo Reich, furono mandati nei campi di concentramento e brutalmente privati dei loro diritti. Anche gli ebrei sovietici, molto fedeli all’Armata Rossa durante la Seconda Guerra mondiale e spesso insigniti di medaglie al merito, non ottennero il riconoscimento che si meritavano dal regime sovietico-stalinista. Non c’è quindi da stupirsi che poche settimane fa, durante una visita di Putin in Israele, decine di anziani israeliani si siano presentati davanti a lui, fieri e impettiti, con decorazioni e medaglie sovietiche per ricordare al nuovo zar di Russia l’eccellente servizio prestato da molti ebrei alla loro vecchia patria.
Quando lo Stato di Israele fu fondato, agli ebrei venne data l’opportunità di dimostrare la loro piena identificazione con il Paese mediante l’arruolamento nell’esercito, divenuto un valore nazionale di primo piano. Ricordo in particolare quei sopravvissuti alla Shoah, profughi prostrati nel fisico e nello spirito, che, arrivati in Israele durante la guerra di Indipendenza del 1948, vennero immediatamente arruolati nell’esercito e alcuni di loro, salvatisi solo pochi anni prima dall’inferno di Hitler, caddero in battaglia per liberare Gerusalemme dall’assedio o per respingere l’esercito egiziano giunto in prossimità di Tel Aviv.
La domanda, quindi, è com’è possibile che i giovani ultra-ortodossi siano esonerati dal servizio militare in un Paese che continua a lottare per la propria esistenza? Quali sono i motivi religiosi di tale esenzione e perché il sistema politico nazionale laico ha accettato questa terribile situazione?
Quando fu introdotta la coscrizione obbligatoria per tutti i cittadini dopo la fondazione di Israele alcuni rabbini delle comunità ultra-ortodosse si rivolsero al primo ministro e fondatore dello Stato David Ben Gurion con la richiesta di esonerare dall’obbligo della leva circa quattrocento studenti delle accademie rabbiniche perché potessero continuare lo studio della Torah. La motivazione che portarono a quella richiesta era ragionevole e perfino commovente: durante la Shoah centinaia di migliaia di studenti dei centri talmudici erano stati trucidati e lo studio della Torah era stato completamente annientato. Quindi, affinché la catena non venisse spezzata, chiedevano che gli studenti meritevoli fossero esonerati dal servizio militare così da potersi dedicare giorno e notte allo studio della Torah. Quei rabbini si rivolgevano a BenGurion da una posizione di doppia sconfitta. Innanzi tutto una sconfitta teologica. Infatti, anche a chi crede ciecamente che nel mondo tutto si svolga sotto l’occhio vigile di Dio che regola la storia in base a leggi di ricompensa e castigo, era difficile spiegare quale peccato religioso o morale avessero mai commesso milioni di bambini ebrei trucidati nei campi di sterminio. Il silenzio del Cielo durante la Shoah era stato talmente assoluto che persino uno strano e distorto ragionamento talmudico non poteva trovarvi giustificazione e spiegazione. E poiché quei rabbini rappresentavano comunità religiose che si opponevano fortemente al movimento sionista ecco che le loro suppliche non potevano non ricevere risposta. E infatti Ben Gurion, primo ministro sionista e laico, si lasciò convincere e, trasgredendo la regola governativa della coscrizione obbligatoria, concesse un’esenzione speciale a quattrocento studenti meritevoli delle accademie rabbiniche perché potessero continuare a studiare la Torah.
All’epoca vivevano in Israele pressappoco un milione di ebrei. Oggi ve ne sono all’incirca sei milioni, ovvero sei volte di più, mentre il numero degli studenti delle accademie talmudiche esentati dal servizio militare è aumentato del 150 per cento ed è di circa 60 mila. Come è potuta succedere una cosa simile? Le ragioni sono complesse e sarebbe impossibile enumerarle tutte. Ma la principale è dovuta al potere politico dei partiti religiosi, divenuti ago della bilancia tra la destra e la sinistra soprattutto in periodi di grandi scontri ideologici quali la soluzione del conflitto con i palestinesi. Dato che in Parlamento si sono verificate situazioni di quasi parità tra il blocco della sinistra e quello della destra sono stati spesso i partiti religiosi a determinare chi avrebbe governato il Paese. E poiché molti membri della destra israeliana sono rispettosi della tradizione e talvolta anche osservanti, era naturale che godessero delle simpatie dei religiosi e, in cambio di queste, continuassero a garantire l’esonero dal servizio militare a un numero sempre maggiore di studenti talmudici che oggigiorno beneficiano anche di ragguardevoli borse di studio trasformando così lo studio della Torah in un proficuo stato di inattività.
Naturalmente, quanto più è aumentato il numero dei ragazzi esentati dal servizio militare, tanto più è cresciuto quello degli attivisti politici dei partiti religiosi e, di conseguenza, il loro potere. E quanto più è aumentato il loro potere tanto più si è rafforzata la loro arroganza, non solo politica ma anche teologica. E si sentono discorsi scandalosi del tipo: «il Sionismo è colpevole della Shoah», oppure «Le vittorie dell’esercito israeliano non sono dovute al coraggio dei soldati ma allo studio della Torah nelle scuole talmudiche, sempre più numerose in Israele». E, per arroganza, alcuni di loro non sono disposti a rispettare il minuto di silenzio nel giorno della memoria dei caduti e girano provocatoriamente per le strade a dimostrazione di non essere parte dello Stato e della solidarietà sionista.
In Israele si è formato un ascesso purulento che deve essere curato. Molti giovani ortodossi non vogliono infatti proseguire gli studi religiosi e non sarebbero nemmeno in grado di continuare ad affrontare la ripetizione estenuante e priva di scopo di testi scritti secoli fa. In cuor loro vorrebbero imparare professioni utili nel campo della scienza e degli studi sociali e integrarsi nella società israeliana. In cuor loro non vorrebbero essere soldati fedeli di una realtà religiosa e arcaica controllata da rabbini dagli orizzonti limitati ma cittadini produttivi della società israeliana nella quale, per essere accettati, occorre prestare, come condizione essenziale, il servizio militare.
Quante volte sono stati fondati partiti il cui principale obiettivo politico era l’arruolamento degli ultraortodossi nell’esercito? Ma nonostante tutti gli sforzi non si è mai venuti a capo di nulla. Nel corso dell’ultimo anno i fautori della protesta sociale che hanno avanzato richieste di una maggiore uguaglianza economica e giustizia sociale hanno capito che l’esenzione di un numero spropositato di ortodossi dal servizio militare e il loro mantenimento agli studi religiosi sono un onere finanziario che accresce la disuguaglianza in Israele. Pertanto, alla loro protesta si è aggiunta la richiesta di arruolare questi ultraortodossi e tale richiesta ha creato una situazione che costringe l’ampia coalizione del governo Netanyahu (ormai indipendente dall’appoggio dei partiti religiosi) ad intervenire per correggere un’evidente ingiustizia. Netanyahu sarà in grado di prendere una decisione contro i partiti ricattatori a lui tradizionalmente fedeli? I prossimi giorni saranno cruciali per il destino della democrazia israeliana.
Paradossalmente anche allievi delle università rabbiniche vorrebbero entrare nella società ma per essere accettati è condizione essenziale prestare il servizio militare L’esenzione di un numero spropositato di ortodossi e i loro mantenimento agli studi religiosi sono un onere finanziario che accresce la disuguaglianza nel paese Netanyahu sarà in grado di prendere una decisione contro i partiti ricattatori a lui tradizionalmente fedeli? I prossimi giorni saranno cruciali per il destino della democrazia israeliana».


dalla Stampa del 16-07-2012

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