Israele: Il "Manifesto di Matzpen" del 1967

Quarantacinque anni sono passati da quando l’Organizzazione Socialista Israeliana (ISO), meglio conosciuta come “Matzpen” (“bussola”), dallo stesso nome della sua rivista, ha pubblicato il Manifesto qui presentato. Molto è cambiato da quando questo documento è stato scritto. Gran parte della sua fraseologia e retorica può oggi sembrare obsoleta o suonare datata, ma il nucleo del suo pensiero rivoluzionario continua ancora oggi.


Il problema palestinese e il conflitto arabo-israeliano
May 18, 1967

Il Manifesto, scritto all’inizio del maggio 1967, è stato il primo documento pubblico emesso dalla ISO sulla questione del Medio Oriente. È stato letto ad una riunione pubblica tenutasi a Parigi il 18 maggio 1967, promossa da organizzazioni di studenti arabi e palestinesi. L’incontro veniva pubblicizzato su Le Monde il 20 maggio 1967. Va ricordato che questa presa di posizione è stata assunta prima dell’inizio della crisi del 1967. (Pubblicato la prima volta in World Outlook).

Questo mese, ricorrerà il diciannovesimo anniversario della creazione dello Stato d’Israele. In questi diciannove anni il conflitto arabo-israeliano non si è mai avvicinato ad una soluzione. Il problema della Palestina è ancora una ferita aperta nel corpo del Medio Oriente, una fonte incessante di sangue, sofferenze e ingiustizie, un pesante fardello sulle risorse economiche della regione, un pretesto per aggressioni imperialiste e interventi militari, una grave minaccia per la pace nel mondo.

Particolarmente grave è la condizione degli Arabi Palestinesi - le vittime dirette della guerra del 1948 e della collusione tra “i cordialmente nemici”, Ben-Gurion e re Abdullah.

La maggior parte degli Arabi della Palestina sono stati espropriati delle loro case e dei loro campi durante e dopo la guerra del 1948, e da allora stanno vivendo come rifugiati, in sofferenza e angoscia, fuori di Israele. I leader di Israele si rifiutano assolutamente di riconoscere l’elementare diritto dei Palestinesi di ritornare nella loro patria. Gli Arabi che sono rimasti in Israele sono vittime di una grave oppressione economica, civile e nazionale.

Durante questi diciannove anni, Israele si è rinchiuso nella condizione di un’isola separata all’interno del Medio Oriente, uno Stato indipendente solo in senso formale, in quanto economicamente e politicamente dipendente dalle potenze imperialiste, in particolare dagli USA.

Israele è stato sempre sfruttato come strumento di questi poteri contro la nazione araba, contro le forze progressiste presenti nel mondo arabo. La più chiara manifestazione (ma non l’unica) di questo ruolo della politica ufficiale israeliana si è palesata nel 1956, quando il governo israeliano ha fatto fronte con l’imperialismo anglo-francese in una coalizione aggressiva contro l’Egitto, e perfino ha procurato a questi poteri un pretesto per un intervento militare.

Lo stato di guerra e di ostilità tra Israele e i suoi vicini arabi ha continuato per diciannove anni, e la leadership sionista di Israele non ha alcuna prospettiva e volontà reale di cambiare questa situazione. La politica israeliana è in un cul-de-sac, si è addentrata in un vicolo cieco!

L’attuale crisi economica in Israele, che ha provocato una pesante disoccupazione di lavoratori e grandi disagi per le masse popolari, serve anche a sottolineare il fatto che Israele non può continuare a lungo ad esistere nella sua forma attuale, come uno Stato sionista, tagliato fuori dalla regione in cui si trova.

Ancora, la condizione attuale delle cose va contro gli interessi delle masse arabe: Israele, nella sua forma attuale, costituisce un grave ostacolo alla lotta di queste masse contro l’imperialismo e per una unità socialista araba. Tuttavia, la prosecuzione dello stato attuale delle cose va anche contro gli interessi delle masse israeliane.








Manifestazione del Primo Maggio 1979. Archivi de Matzpen.


L’Organizzazione Socialista Israeliana, nelle cui file militano sia Arabi che Ebrei, sostiene che il problema palestinese e il conflitto arabo-israeliano possono e devono essere risolti in un percorso socialista e internazionalista, tenendo conto delle caratteristiche di unicità di questo problema complesso.

Questo non è un normale conflitto tra due nazioni. Pertanto, non è sufficiente invocare una convivenza basata solo sul reciproco riconoscimento dei giusti diritti nazionali dei due popoli.

Lo Stato di Israele è il risultato della colonizzazione della Palestina da parte del movimento sionista, a spese del popolo arabo e sotto l’egida dell’imperialismo. Nella sua forma attuale sionista, Israele è quindi lo strumento per la continuazione dello “Sforzo Sionista.”

Il mondo arabo non può acconsentire all’esistenza nel suo cuore di uno Stato sionista, il cui obiettivo dichiarato non è quello di servire da espressione politica della sua stessa popolazione, ma come una testa di ponte, uno strumento politico e la destinazione per l’immigrazione degli Ebrei di tutto il mondo. Il carattere sionista di Israele è anche contrario ai veri interessi delle masse israeliane, perché significa costante dipendenza del paese da forze esterne.

Dunque, noi reputiamo che la soluzione del problema richieda la de-sionizzazione di Israele.

Lo Stato di Israele deve subire un profondo cambiamento rivoluzionario che lo trasformi da uno Stato sionista (cioè, uno Stato degli Ebrei di tutto il mondo) in uno Stato socialista, che rappresenti gli interessi delle masse che vivono in esso. In particolare, la Legge del Ritorno (che concede ad ogni Ebreo nel mondo un diritto assoluto ed automatico di immigrare in Israele e diventare un cittadino di Israele) deve essere abolita.

Ogni richiesta di immigrare in Israele dovrà quindi essere vagliata a prescindere da “meriti innati”, senza alcuna discriminazione di natura razziale o religiosa.

Il problema dei profughi arabo-palestinesi è la parte più dolorosa del conflitto arabo-israeliano.

Perciò, abbiamo ritenuto che ogni rifugiato che vuole tornare in Israele deve essere messo in grado di farlo; inoltre, egli deve ottenere piena riabilitazione economica e sociale. Quei profughi che liberamente dovessero scegliere di non essere rimpatriati, dovrebbero essere pienamente compensati per la perdita delle loro proprietà e per le sofferenze personali che sono state loro provocate.

Inoltre, tutte le leggi e i regolamenti volti a discriminare e opprimere la popolazione araba di Israele e ad espropriare le sue terre devono essere aboliti. Tutti gli espropri e i danni (alla terra, alle proprietà e alle persone) provocati da queste leggi e da questi regolamenti devono essere completamente risarciti.

La de-sionizzazione di Israele implica anche porre fine alla politica sionista estera, che serve all’imperialismo. Israele deve assumere una parte attiva nella lotta degli Arabi contro l’imperialismo e per la creazione di una Unità socialista araba.

La colonizzazione sionista della Palestina si differenzia per un aspetto fondamentale dalla colonizzazione di altri paesi: mentre negli altri paesi i coloni hanno fondato la loro economia sullo sfruttamento del lavoro degli abitanti indigeni, la colonizzazione della Palestina è stata effettuata mediante l’espulsione e la sostituzione della popolazione indigena.

Questo fatto ha causato una complicazione unica del problema palestinese. Come risultato della colonizzazione sionista, è stata creata in Palestina una nazione ebraica con proprie caratteristiche nazionali (lingua comune, economia separata, ecc.) Per di più, questa nazione ha una struttura capitalistica di classe - è divisa in sfruttatori e sfruttati, fra una borghesia e un proletariato.

Argomentare che questa nazione si è formata artificialmente, a spese della popolazione indigena araba, non cambia il fatto che ora questa nazione ebraica esiste. Sarebbe un disastroso errore ignorare questo fatto.

La soluzione del problema palestinese non deve solo riparare le ingiustizie recate agli Arabi palestinesi, ma anche assicurare il futuro nazionale delle masse ebraiche. Tali masse sono state portate in Palestina dal sionismo - ma non sono responsabili degli atti del sionismo.

Il tentativo di penalizzare i lavoratori e le masse popolari di Israele per i peccati del sionismo non può risolvere il problema palestinese, ma solo portare nuove disgrazie.

Quei leader nazionalisti arabi che fanno appello ad una jihad per la liberazione della Palestina ignorano il fatto che, anche se Israele venisse sconfitto militarmente e cessasse di esistere come Stato, la nazione ebraica esisterebbe ancora. Se il problema dell’esistenza di questa nazione non viene risolto correttamente, si ricreerà una situazione di pericoloso e prolungato conflitto nazionale, che causerà spargimenti di sangue e sofferenze infinite, e servirà solo come nuovo pretesto per un intervento imperialista. Non è un caso che i dirigenti che sostengono una tale “soluzione” non sono ancora in grado di risolvere il problema curdo.

In aggiunta, si dovrebbe comprendere che le masse israeliane non saranno liberate dall’influenza del sionismo e non lotteranno contro di esso, a meno che le forze progressiste nel mondo arabo non si presenteranno loro con una prospettiva di coesistenza senza oppressione nazionale.

Per tutto questo, l’Organizzazione Socialista Israeliana ritiene che una vera soluzione del problema palestinese necessiti del riconoscimento del diritto del popolo ebraico all’autodeterminazione.

L’autodeterminazione non significa necessariamente separazione. Al contrario, riteniamo che un piccolo paese, povero di risorse naturali come Israele, non può esistere come entità separata.

Israele ha di fronte due sole alternative - di continuare a dipendere da potenze straniere o di integrarsi in un’Unione regionale.

Ne consegue che l’unica soluzione coerente con gli interessi delle masse sia arabe che israeliane è l’integrazione di Israele come membro di un’Unione economica e politica del Medio Oriente, sulla base del socialismo.

In tale quadro, la nazione ebraica sarà in grado di portare avanti la propria vita nazionale e culturale, senza mettere in pericolo il mondo arabo e senza subire minacce alla propria esistenza da parte degli Arabi. Le forze delle masse israeliane si uniranno a quelle delle masse arabe in una lotta comune per il progresso e la prosperità.

Quindi, noi riteniamo che il problema palestinese - come altri problemi centrali del Medio Oriente, possano essere risolti soltanto nel quadro di una Unione Medio-Orientale.

Le analisi teoriche e l’esperienza pratica dimostrano che l’unità del mondo arabo può realizzarsi ed esistere in modo stabile solo se ha i caratteri del socialismo.

Allora, la soluzione che noi proponiamo può essere riassunta dalla formula: de-sionizzazione di Israele e sua integrazione in un’Unione socialista del Medio Oriente.

Noi riteniamo che il problema del futuro politico degli Arabi palestinesi dovrebbe essere risolto all’interno della cornice sopra descritta.

Esistono persone che pensano che la giustizia esiga l’insediamento di una speciale entità politica arabo palestinese. La nostra opinione è che tale questione dovrebbe essere decisa solo dagli Arabi palestinesi, senza interferenze esterne. Tuttavia, riteniamo che sarebbe un grave errore porre il problema del futuro politico degli Arabi palestinesi separatamente e indipendentemente dalla questione dell’Unione socialista araba.

Al momento, sono gli Arabi palestinesi ad essere in prima fila nella lotta per l’unità. Se i Palestinesi venissero presentati come coloro che inseguono un obiettivo di separazione e di dipendenza, la causa dell’unità araba potrebbe subire danni gravi. Inoltre, la creazione di un piccolo Stato arabo separato non è coerente con gli interessi della nazione araba, compresi gli interessi del popolo arabo palestinese.

Dunque, noi riteniamo che se gli Arabi palestinesi decidessero in favore della creazione di un’entità politica propria, gli accordi e le disposizioni politiche e territoriali necessarie dovrebbero essere effettuati entro il quadro della formazione di un’Unione socialista del Medio Oriente.

In particolare, i paesi che ora detengono parti del territorio della Palestina - Israele, Giordania ed Egitto - dovrebbero contribuire a tale soluzione.

Noi lanciamo un appello alle forze rivoluzionarie socialiste nei paesi arabi e in altri paesi a considerare questo nostro presente programma e di avviare un ampio dibattito mirante a trovare una posizione comune sui problemi del Medio Oriente.


Per concessione di Tlaxcala

Fonte: http://www.matzpen.org/index.asp?p=doc1&u

Data dell'articolo originale: 01/01/2000

URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=7472

Allegati

Rami Livneh : in carcere ho imparato l'arabo e lo insegno agli israeliani
Yitzhak Laor : Israele deve liberare se stessa dal sionismo
Matzpen: The Socialist Organization in Israel

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