Israele ordina la demolizione di 8 villaggi palestinesi per permettere le esercitazioni all' IDF




1 SINTESI PERSONALE
Il ministro della Difesa Ehud Barak ha ordinato la demolizione di otto villaggi palestinesi nel sud di Hebron Hills perché il territorio è necessario per  le esercitazioni dell' IDF  .Gli abitanti dei villaggi in questione saranno spostati    verso la cittadina di Yatta dove alcuni di loro avrebbero altre abitazioni. 

I villaggi destinati alla demolizione sono i villaggi più grandi della regione: Majaz, Tabban, Sfai, Fakheit, Halaweh, Mirkez, Jinba e Kharuba, che hanno un totale di 1.500 residenti. I villaggi risparmiati sono Tuba, Mufaqara, Sarura e Megheir al-Abeid, che hanno un totale di 300 residenti.L'IDF e l' 'Amministrazione Civile li considera abusivi ,anche se i villaggi  esistono  almeno dal 1830.Gli ordini di evacuazione sono stati emessi contro i 12 villaggi nel 1999, ma sono stati congelati da una ingiunzione emessa dalla Corte di Giustizia in risposta  a due petizioni: quella  dell'avvocato Shlomo Lecker e della Associazione per i Diritti Civili in Israele  che insieme rappresentavano circa 200 famiglie. Uno sforzo per raggiungere un accordo sullo status dei residenti è fallito  nel 2005.  A quel punto, l'Amministrazione Civile ha iniziato a emettere ordini di demolizione contro le cisterne e i servizi igienici che le famiglie avevano aggiunto, sostenendo che tutto ciò violava  lo status quo stabilito dal giudice. Lo scorso aprile, dopo 12 anni di procedimenti diversi e ritardi  l'Alta Corte ha tenuto un'udienza preliminare sulle petizioni presentando Domenica  le sue conclusioni.L'avvocato  Hila Gurani, un anziano procuratore aggiunto dello Stato, ha scritto nella risposta alle petizioni che l'IDF è stata costretta a limitare le sue esercitazioni militari (soprattutto quelle a fuoco vivo) nella zona sia per la presenza dei residenti  sia per  l'ampliamento delle costruzioni illegali .Ciò ha danneggiato  l'attività operativa dell'Idf  a scapito della formazione  sia nella seconda Intifada, sia nella seconda guerra libanese  L'IDF  . Inoltre i residenti potrebbero  trarre  informazioni sulle tecniche militari  dell'esercito e utilizzare eventualmente armi e attrezzature per scopi terroristici. I residenti del villaggio, Acri e il gruppo dei diritti umani B'Tselem presentano  il  problema  in modo diverso.: The village residents, ACRI and the B’Tselem human rights group present the issues differently. According to them, all 12 villages were natural outgrowths of cave-dwelling communities that are widely found in that area. In some of the villages, homes of unchiseled stone were built even before 1967.  Per generazioni   gli abitanti  sono stati  contadini e pastori  producento latte e formaggio  e   conservando  il loro modo di vita. In seguito   si sono aggiunte altre richieste :,come la necessità di mandare i propri figli a scuola.L'IDF aveva dichiarato che circa  30.000 dunam (7.500 acri) erano   zona militare e le aveva  chiuse  nel 1970. Secondo la legge militare  solo i residenti permanenti avevano  permesso di rimanere in una zona militare chiusa.  Fino al 1997  gli  abitanti hanno continuato a vivere nelle loro comunità indisturbati   :  prova evidente che sono stati considerati   residenti permanenti. Tuttavia, come è accaduto in gran parte della Cisgiordania che, secondo gli accordi di Oslo è stato ritenuta  Area C  e sotto il completo controllo israeliano - le autorità israeliane non hanno permesso ai residenti di costruire nuove  strutture, comprese le scuole o cliniche  per accogliere la loro crescita naturale.Queste comunità non sono stati incluse  nei piani generali che sono stati preparati per la costruzione degli insediamenti dell'area  e, quindi,  fino ad oggi questi villaggi non sono collegati a infrastrutture stradali ,  all'acqua o alla rete elettrica.Nel mese di agosto e novembre 1999, la maggior parte dei residenti della zona ha  ricevuto ingiunzioni di sfratto a causa di "soggiorno illegale in una zona di esercitazioni." Il 16 novembre 1999, le forze di sicurezza  hanno sfrattato  con la forza più di 700 residenti, l'IDF ha  demolito edifici e pozzi e confiscati proprietà, lasciando gli abitanti senza casa e senza mezzi di sussistenza.Come già detto 'Alta Corte, in risposta alle petizioni, ha emesso un provvedimento provvisorio  permettendo ai contadini di tornare temporaneamente nelle loro case. Tuttavia, poiché l'esercito aveva distrutto molti degli edifici, molti residenti non avevano più niente   e non potevano tornare .Inoltre, le forze di sicurezza hanno  interpretato il provvedimento cautelare  in modo ampio  permettendo il rientro solo ai  firmatari nominati nella petizione  e negando l'accesso ai loro parenti.  L' esame condotto dalla Amministrazione Civile  ha rilevato che nel 2000 "non vi erano residenti permanenti della zona," e che tutti coloro che vivono lì  erano stagionali  . D'altra parte, l'Amministrazione Civile ha identificato  la maggior parte dei firmatari come  resisdenti   a Yatta  e dintorni  come riportato nella deposizione giurata di Raziel Goldstein, coordinatore di controllo del l'Amministrazione Civile nella regione.Goldstein also wrote in his affidavit that, “This examination was conducted with the help of three local residents, who were presented with the names of the petitioners and aerial photographs of Yatta.”Lo Stato sostiene inoltre che negli ultimi anni i firmatari   hanno  ripetutamente violato lo status quo attraverso l'ampliamento di strutture illegali  , aggiungendo che il numero di persone che entrano nella zona è di gran lunga superiore al numero dei firmatari."I firmatari   sono in una situazione di illegalità e ora pretendono   di parlare di residenza permanente," lo Stato ha scritto

ARTICOLO  IN INGLESE.

Israel orders demolition of 8 Palestinian villages, claims need for IDF training land

Residents of targeted villages will be moved to the West Bank town of Yatta and its environs; state claims that most of those evacuated have permanent homes in the area.

Defense Minister Ehud Barak has ordered the demolition of eight Palestinian villages in the South Hebron Hills because the territory is needed for Israel Defense Forces training exercises, the state told the High Court of Justice on Sunday.
The residents of the targeted villages will be moved to the town of Yatta and its environs; the state claims, based on information it obtained from local informers, that most of these people have permanent homes in that area.
The state will allow the residents to work their lands and graze their flocks there when the IDF is not training -- on weekends and Jewish holidays – and during two other periods of one month each during the year. Barak agreed to leave four villages that are in the northernmost part of the area, even though this would reduce the dimensions of training area and prevent the use of live fire.
The villages slated for demolition are the larger villages in the region: Majaz, Tabban, Sfai, Fakheit, Halaweh, Mirkez, Jinba, and Kharuba, which have a total of 1,500 residents. The villages to be spared are Tuba, Mufaqara, Sarura and Megheir al-Abeid, which have a total of 300 residents.
The IDF and the Civil Administration regard all of them as squatters in Firing Zone 918, even though the villages have existed since at least the 1830s.
Evacuation orders were issued against the 12 villages in 1999, but were frozen by an injunction issued by the High Court of Justice in response to two petitions that were united: One by attorney Shlomo Lecker and the second by the Association for Civil Rights in Israel, who together represented some 200 families. An effort to reach an agreement on the status of the residents in the area by a mediation process failed in 2005.
At that point, the Civil Administration started to issue demolition orders against cisterns and restrooms that several families had added, claiming that these additions violated the status quo as set by the court. This past April, after 12 years of various proceedings and delays, the High Court held a preliminary hearing on the petitions, with the state submitting its final position on Sunday.
Attorney Hila Gurani, a senior deputy state prosecutor, wrote in the response to the petitions that the IDF has been forced to limit its military exercises in the area because of the people living there and the illegal construction that has taken place there. For the same reason, no live-fire training is conducted there.
In addition, wrote Gurani, during the second intifada, operational activity came at the expense of training, but the Second Lebanon War exposed weak spots that substantially increase the need for training and firing zones. Gurani also noted that there was a risk that residents of the firing zone would collect intelligence on IDF methods, or take weapons or equipment that the forces might leave behind, and use them for terror purposes.
The village residents, ACRI and the B’Tselem human rights group present the issues differently. According to them, all 12 villages were natural outgrowths of cave-dwelling communities that are widely found in that area. In some of the villages, homes of unchiseled stone were built even before 1967.
The connection to Yatta is natural – and characteristic of many satellite communities that developed over the centuries in historic Palestine. For generations the cave-dwellers were farmers and shepherds, producing milk and cheese, and they have preserved their way of life to this day, while integrating into Yatta as a result of contemporary demands, such as the need to send their children to school.
The IDF had declared some 30,000 dunams (7,500 acres) in the area a closed military zone back in the 1970s. Under military law, only permanent residents are allowed to remain in a closed military zone.
Until 1997, the cave-dwellers continued to live in their communities undisturbed – which the petitioners say is clear evidence that they were regarded at the time as permanent residents. However, as happened in much of the West Bank that under the Oslo Accords was deemed Area C – under complete Israeli control – the Israeli authorities did not allow the residents to build more structures, including schools or clinics, to accommodate their natural growth. These communities were not included the master plans that were prepared for the building of the area settlements, and thus to this day these villages are not connected to the road system, the water system or to the electrical grid.
In August and November 1999, most of the area’s residents received eviction orders due to “illegal residence in a firing zone.” On November 16, 1999, the security forces forcibly evicted more than 700 residents, and the IDF demolished buildings and wells and confiscated property, leaving the residents with no homes and no livelihood.
As noted, the High Court, in response to the petitions, issued an interim injunction, allowing the villagers to temporarily return to their homes. However, because the army had destroyed many of the buildings, many residents had nothing to return to. Moreover, the security forces interpreted the interim injunction as narrowly as possible, allowing reentry only to the named petitioners and denying access to their relatives.
As a result, the examination conducted by the Civil Administration that is quoted in the state’s response to the court on Sunday found that in 2000 “there were no permanent residents in the area,” and that anyone living there was there only on a seasonal basis. On the other hand, the Civil Administration identified most of the petitioners as living in and around Yatta, as reported in the affidavit of Raziel Goldstein, who was the Civil Administration’s inspection coordinator in the region.
Goldstein also wrote in his affidavit that, “This examination was conducted with the help of three local residents, who were presented with the names of the petitioners and aerial photographs of Yatta.”
The state also claims that in recent years residents have been repeatedly violating the status quo by expanding structures illegally, adding that the number of people entering the area under the interim injunctions is far greater than the number of petitioners.
“The petitioners cannot build on the development of these illegal phenomena and now claim to be talking about permanent residency,” the state wrote.
http://www.haaretz.com/news/diplomacy-defense/israel-orders-demolition-of-8-palestinian-villages-claims-need-for-idf-training-land.premium-1.453015
2Israele minaccia un'agenzia Onu  di Marta Fortunato

L'Ufficio Umanitario delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (Ocha) è coinvolto in attività di costruzione illegale in Cisgiordania. Queste le accuse che Israele e l'amministrazione civile israeliana hanno rivolto all'agenzia dell'Onu. Secondo il coordinatore degli affari governativi nei territori (Cogat) Eitan Dangot e il ministro della difesa Ehud Barak, Ocha è responsabile di aver intrapreso azioni illegali in area C. Dal tempo degli accordi di Oslo, questa zona, che costituisce più del 60% della Cisgiordania, è sotto il totale controllo civile e militare israeliano. Pertanto i palestinesi che desiderano costruire una struttura residenziale, devono chiedere il permesso all'amministrazione civile israeliana.

L'ufficio delle Nazioni Unite "fornisce assistenza alle comunità palestinesi le cui case sono state demolite perchè illegali" ha dichiarato il portavoce del Cogat Guy Inbar all'agenzia di stampa palestinese Ma'an News - Ocha fornisce loro tende e facendo questo commette un atto illegale perché non ha richiesto il permesso di Israele". E, secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, Israele ha aggiunto altre accuse: "Quest'agenzia favorisce la delegittimazione di Israele attraverso rapporti falsificati che poi diffonde a tutte la comunità internazionale, creando un danno irreversibile a tutto l'apparato dell'Onu" ha dichiarato un ufficiale israeliano.

Le agenzia umanitarie e l'Onu hanno risposto alle accuse affermando che fornire una tenda temporanea a una famiglia sfrattata è legale dal punto di vista del diritto internazionale ed è da considerarsi assistenza umanitaria d'emergenza. Inoltre hanno aggiunto che mentre i coloni israeliani continuano a costruire in area C, per le comunità palestinesi dell'area è praticamente impossibile ottenere un permesso dall'amministrazione civile israeliana (Ica). Se si guardano i dati dell'Ica, il tasso di approvazione delle richieste di costruzione presentate dai palestinesi è bassissimo: dal 2001 al 2007 solo il 5,5 % delle richieste presentate è stato accettato, con un tasso di rifiuto pari al 94,5%.

Tuttavia l'ira di Israele è talmente elevata che Dargot ha ordinato lo stop di tutti i lavori illegali dell'Ocha in area C e ha dichiarato che tutte le strutture illegali riceveranno un ordine di demolizione. Inoltre Israele si è detto pronto a "riconsiderare" il ruolo di Ocha e a mettere in atto misure punitive, come limitare i visti al personale dell'Ocha o ritirare i permessi di lavoro e di viaggio ai palestinesi che lavorano all'interno dell'agenzia. Questi ultimi passi di Israele hanno messo in allarme gli operatori delle organizzazioni non governative che operano in area C. Nel 2012 infatti si è registrato un aumento esponenziale di demolizioni in area C: secondo dati Ocha, nei primi sei mesi di quest'anno sono state demolite 379 strutture, di cui 120 strutture residenziali (344 in area C e 35 a Gerusalemme Est). A causa di questi atti, 615 persone, di cui 323 bambini sono state sfollate. "Le Ong che operano sul terreno temono che queste pesanti accuse che Israele ha rivolto all'Ocha possano limitare ancor più il lavoro che le Ong svolgono in area C" ha dichiarato un operatore di una Ong locale - Israele in quanto potenza occupante ha il dovere di fornire un alloggio adeguato alla popolazione occupata. Poiché Israele viene meno ai suoi obblighi, il lavoro di Ocha non si può considerare un atto illegale ma assistenza umanitaria d'emergenza".
3NELLA FIRING ZONE 918


Firing Zone 918. Così l’esercito israeliano ha denominato l’area dove sorgono 12 villaggi palestinesi nelle colline a sud di Hebron. Una strada sterrata in pessime condizioni, piena di buchi e pietre appuntite, collega queste comunità alla città di Yatta, nel sud della Cisgiordania. Arriviamo a Jimba quando il sole è già alto e gli uomini del villaggio cercano un po’ di refrigerio nelle aule della scuola. Presto Jimba ed altri sette villaggi che si trovano all’interno dell’area di addestramento militare israeliana non ci saranno più.

“Questa è la mia terra, la terra dei miei nonni, dei miei avi” inizia a raccontare Ahmad, uno dei leader di Jimba. “Sono nato nel 1950 in una grotta del villaggio e dopo 21 anni, nel 1971, mi sono sposato. Nella stessa grotta”. La tanto temuta notizia è arrivata domenica 22 luglio: il ministro della difesa Ehud Barack ha informato la corte suprema israeliana che 8 dei 12 villaggi che si trovano all’interno della Firing Zone verranno demoliti per permettere all’esercito israeliano di compiere gli addestramenti militari. “Più di 1500 persone saranno costrette a trasferirsi nella città di Yatta. Questo è un piano politico: Israele vuole annettere quest’area molto vicina alla linea verde. Le esercitazioni militari sono solo una giustificazione” ha spiegato Shlomo, l’avvocato israeliano che sta seguendo il caso. “Ora ci rivolgeremo di nuovo alla corte, non è detto che perderemo ma sarà un caso molto molto difficile”.“Dove ce ne andremo?” Ahmad si stupisce per la domanda – Questa è la mia vita, questa è la mia terra. Qui sono nato e qui morirò”.

http://storiedellaltromondo.wordpress.com/2012/08/01/nella-firing-zone-918/

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