QUESTA È L’OCCUPAZIONE da STORIE DELL'ALTRO MONDO



Gerusalemme. 37 gradi. Ore 17. Di ritorno dal lavoro. Prendo il bus dalla porta di Damasco. Direzione check-point di Betlemme. Come al solito sono l’unica donna a bordo, il service è pieno di lavoratori che tornano a casa dopo una dura giornata di lavoro. Molti dormono, hanno gli occhi chiusi, le testa che ciondola. Altri chiacchierano a bassa voce, lamentandosi per il caldo insopportabile. Lasciamo la città vecchia e rimaniamo intrappolati nel traffico di Gerusalemme. Una lunga coda. Una serie infinita di semafori. Poi d’un tratto l’autista accosta. Due soldatesse entrano nel bus. “Carta d’identità”. Le guardo, non hanno nemmeno vent’anni. Sguardo freddo, cattivo. Non vogliono il mio passaporto. Vanno subito dai palestinesi e controllano meticolosamente i loro permessi. “Per le 6 devi andartene da qui” dice la più giovane in un tono duro, spietato ad un giovane seduto accanto a me. Continuano i controlli. Due ragazzini vengono fatti scendere, non ne capisco il motivo. Fuori dal bus altri due soldati li attendono ed iniziano a prendere i loro dati. Provo un senso di frustrazione, di impotenza. “Mahsum [checkpoint in ebraico] vicino al-Joura, han preso due ragazzini che erano nel bus”. L’autista avverte subito i suoi colleghi che stanno lasciando la porta di Damasco. E poi si volta verso di me. “Questa è l’occupazione

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AL CHECK-POINT, VERSO CASA

Ogni giorno quando torno a casa dal lavoro decine di tassisti mi attendono al check-point di Betlemme. Io cerco di confondermi tra la lunga fila di lavoratori che camminano veloci tra le gabbie metalliche del posto di blocco. Sguardo basso, passo spedito. Eppure non basta. Taxi taxi. Where do you want to go? Non rispondo, sono stufa, dopo più di un anno di Palestina son diventata impaziente, stanca di essere sempre e comunque considerata una internazionale, una turista. E anche se fossi una turista non mi piacerebbe questo loro modo di approcciare la gente.Just 15 shekel. Nativity Church. Scuoto la testa, cerco i service, salgo veloce. In meno di un minuto l’auto si riempie. Tutti uomini, tutti lavoratori che di mattina all’alba attendono l’apertura del checkpoint per poter entrare in Israele per lavorare. Meno di dieci minuti, 3 shekel, e sono a casa.

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