Una conversazione con Noam Chomsky



Redazione 5 marzo 2013 1

Una conversazione con Noam Chomsky
di Noam Chomsky e
del Reverendo Osagyefo Sekou
3 marzo 2013
L’8 gennaio, il Reverendo Osagyefo Sekou,  caporedattore di Spare Change News, si sedeva  con uno dei massimi intellettuali pubblici del mondo, il Professor Noam Chomsky, nel suo  ufficio al MIT (Massachusetts Institute of Technology).  Hanno avuto una  conversazione a tutto campo e a ruota libera su problemi più urgenti che la nostra democrazia deve affrontare. Hanno trattato argomenti che vanno dalla teologia della liberazione in America Latina all’eredità di Martin Luther King Jr., al conflitto in Medio Oriente. Questo è un estratto del loro ricco dialogo.

Noam Chomsky - …Sai, si suppone che il giorno di Martin Luther King sia dedicato a venerarlo e praticamente tutto si conclude con il suo discorso emblematico del 1963:  “Ho un sogno”. Ma non si è fermato lì. Ha continuato a cercare di  combattere contro il razzismo al nord, l’oppressione di classe, per il problema degli alloggi e viene proprio distrutto. Infatti,  è allora che la reputazione che aveva tra i liberali ha cominciato a diminuire. Nessuno parla di che cosa stava accadendo quando  è stato assassinato. Dopo tutto, egli  stava appoggiando lo sciopero degli operatori ecologici. E, cosa più importante, stava per andare a Washington per organizzare una campagna per i poveri. Sono andati, hanno piantato le tende, ed ecco che è stato maltrattato dai poliziotti e cacciato via da Washington,  mentre c’era il Congresso più liberale della storia americana. Questo, però, è fuori dalla storia, compreso il suo ultimo discorso “Ho un sogno”. La sera che è stato assassinato ha fatto un discorso molto potente. E ricordate il tipo di linguaggio simbolico come quello di Mosè e “potete vedere la terra promessa,” e “quando arriviamo là.” Tutto quel periodo, però, è fuori dalla storia, come anche il razzismo al nord. Prendi Boston, per esempio, prendi cose come il servizio di   scuola bus. Voglio dire, questo  era programmato  da un giudice liberale che si chiamava Robert, un   membro del consiglio di amministrazione di Harvard – una brava persona – ma programmava il servizio in modo da creare praticamente dei disordini razziali a Boston ed escludere i sobborghi. I sobborghi sono bianchi, Boston è nera. Però i bambini neri li mandavano nei quartieri irlandesi e vice versa. E che cosa si può fare? La situazione creerà  disordini di tipo razziale.  Non so se non sono riusciti a capirlo, o se erano cinici, o che altro, ma questo succedeva in tutto il paese.
Rev. Osagyefo Sekou: il tipo di consenso storico per King ci è stato quando  si è spostato, nel ’68 circa, verso  una politica più radicale.
NC: E’ stato  prima di quell’anno
OS: E’ vero, ma già nel 1949 scrive: “il mio pensiero è più socialista che capitalista. Questo si affermava di chi era un bambino durante la depressione.  E lì dice: ” avere letto quelle  righe   mi ha reso così.  E in tutti i suoi scritti c’è uno scambio  tra lui e Coretta nel 1952. Lei gli manda il libro Looking Backward  di Edward Bellamy. In queste lettere d’amore, quindi, discutono questo strano     intreccio tra la sua teologia – che è una vecchia Cristologia e una teologia molto anti-fondamentalista dato che è collegata alla resurrezione di Gesù – e tra la sua politica socialista democratica e la sua teologia. Credo infatti che King si inserisca in una specie di tradizione profetica. Storicamente, l’America ha avuto sempre una vena socialista democratica, come quella  di Michael Harrington.
NC: la stessa cosa si può dire a proposito di Giovanni Paolo II. Voglio dire che i suoi discorsi di Capodanno  – era un tipo abbastanza conservatore – non potevano essere diffusi negli Stati Uniti perché erano troppo radicali. Criticava il comunismo, e va bene, ma criticava il capitalismo e il materialismo e questo non va bene. Date quindi un’occhiata agli archivi.  Certo, c’è una certa tendenza in ogni campo. Per quanto riguarda King, però, ha cominciato ad avere visibilità nel 1965. Le sue azioni pubbliche sono aumentate a Chicago – parlava apertamente contro i programmi di urbanistici di quella città. In quel periodo ha perduto favori da parte dei liberali del nord.  Trattava i problemi di classe e anche quelli del razzismo al nord.
OS: quale è la sua previsione  sul secondo mandato di Obama?
NC: sarà uguale al primo. Non ho mai avuto alcuna fiducia in lui, non vedevo la ragione di averne. Mi ero informato su di lui prima delle primarie del 2008, soltanto consultando la sua pagina web e ho pensato che questa fosse solamente creata per opportunismo. Io dovevo scrivere sulla parte che riguardava il Medio Oriente, questo era il contesto, e volevo vedere che cosa avrebbe detto. Ho pensato che fosse piuttosto scioccante. Ha molto materiale che riguarda  il Medio Oriente sulla sua pagina web – si stava facendo pubblicità per le elezioni. E naturalmente il sito è pieno di amore per Israele e così via e forse ci sono una  o due frasi sui Palestinesi, che dicono qualche cosa del tipo: “I palestinesi, forse sono degli esseri umani” o qualche cosa del genere. Era giusto dirlo dopo la guerra in Libano. Una storia orripilante. E fa sapere con molto orgoglio che quando era senatore, aveva -sostenuto con altri una risoluzione durante la guerra,  facendo appello  all’esecutivo di non fare niente per impedire l’attacco di Israele e punire chiunque, come  la Siria o l’Iran che aiuti a opporsi all’attacco di Israele. E’ proprio in mezzo a un’atrocità enorme.
OS: ho fatto delle conferenze in Libano nel 2009 in un caffé che serviva come una postazione di soccorso durante la guerra con Israele del 2006.
NC: Quindi lei è stato a Beirut?
OS: Sì, a Beirut. Quello che è stato interessante per me, anche se posso dire di aver girato il mondo,
è il modo in cui “la gente del terzo mondo” che hanno partecipato a  lotte di liberazione, usano la lingua e la retorica della lotta di liberazione degli Afro-Americani.
NC: Come mai?
OS: Dovunque sono stato, per esempio a Città del Messico, con alcuni latinoamericani. Ho scritto servizi sui  tumulti di Londra, e sono stato a Parigi durante le sommosse del 2005. E tra i palestinesi che dicono:” Siamo “neri della sabbia”. Vogliamo che capiate chi siamo nel mondo.” E’ stato quindi davvero interessante  come con la nostra particolare delegazione abbiamo cantato tante canzoni sulla libertà e molti di questi attivisti che non parlavano inglese o che non potevano capire del tutto che cosa succedeva, piangevano. E’ stato davvero interessante per me vedere che cosa accade alla gente quando guardano, anche se non capiscono la lingua, riguardo al modo in cui interpretano questa lotta per la libertà e la lotta che questa gente chiama africana in America.
NC: Però la interpretano con empatia.
OS: , senza dubbio. Ed era la stessa cosa quando ero in Palestina. Gli Afro Americani che facevano parte  della delegazione – in particolare una donna, Carolyn McKinstry – era amica delle quattro ragazzine che erano state uccise nel bombardamento di una chiesa a Birmingham nel 1963 -
insieme ad altre, quando vivono, vivono. Lo sapevamo. Era come se ci fosse qualche cosa di viscerale riguardo a questa esperienza. Come se sapessimo della polizia, dei corpi e della disciplina della conoscenza. Conosciamo questa vita. Siamo andati a Gerusalemme ovest e poi a Gerusalemme est; era come andare ad Harem e poi scendere verso il West Side di New York. E diciamo: “Ho, questo lo conosciamo.”  Sono del sud, sono dell’Arkansas, quindi parliamo, della ruota del timone che ha a che fare con la violenza arbitraria, l’oppressione della legislatura, gli stereotipi ipersessualizzati. L’egemonia sembra essere limitata riguardo alla sua immaginazione. Ecco perché perseguita per primi gli artisti e gli intellettuali. A tutti i livelli, sia che si tratti di egemonia di sinistra, faccia a faccia con i peggiori del movimento comunista, o di egemonia di destra- il fascismo o George Herbert Walker che  perseguitava  Robert Mapplethorpe. Mi piacerebbe sapere da lei qualche cosa di più in proposito: quali sono gli strumenti dell’egemonia che superano lo spazio e il tempo? Mi sembra che siano limitati. Voglio dire, hanno armi e tante.
NC: C’è la forza, ma c’è anche l’umiliazione dell’altro. Sono stato anche io colpito . sono stato di recente a Gaza, ma quasi dappertutto la cosa di cui parla la gente è la dignità, il portare via la nostra dignità. Non soltanto distruggere questo o quello, ma voler vivere una vita con dignità. E questo si sente dire in tutto il mondo. Cioè, è esattamente quello che è avvenuto durante la Primavera Araba. Ricordiamo la prima persona, il giovane [tunisino] che si è suicidato; aveva detto: “mi toglierete il lavoro, mi togliete la dignità di essere umano.” Questo concetto di dignità umana è molto importante per gli oppressi, e gli oppressori lo capiscono. Quella che si chiama tortura spesso è proprio l’umiliazione. Il fatto è che si programma  di essere umiliati.   Oppure, per esempio, quando le truppe israeliane entrano in un villaggio, vogliono soltanto insultare la gente, umiliarla. Farli sentire inutili, assicurarsi che non alzino la testa. Mi ricordo che Thomas Friedman durante la trasmissione di Charlie Rose pochi anni fa e ha detto: ” “Bene, a Baghdad e a Basra dovrebbero abbattere le porte, entrare e dire alla gente che bisogna che capiscano che non vogliamo essere seccati.” Lo scopo era di umiliarli. A parte la stupidità,  si tratta di come questi tizi fanno con la gente che non è libanese. E’ la solita abitudine  di metterli in secondo piano. Si vuole soltanto umiliarli. Questo è ciò che dovremmo fare, questo è il nostro compito. Allora forse capirete che ci dovete lasciar stare. Mi è capitato di essere a Israele nel 1988 durante la prima intifada, quando Friedman era l’inviato del New York Times e ha avuto il Premio Pulitzer per i suoi servizi su Israele. Stavo leggendo la notizia sulla stampa ebraica e vedevo che non  potevano sopportarlo e lo prendevano in giro. Una domanda che gli avevano posto era: “Come pensa che dovremmo trattare le gente in Cisgiordania?” E Friedman parla da grande esperto – sa tutto sul Medio Oriente – “Ebbene lo farete nello stesso modo in cui controllate il Libano meridionale. Questo era governato da un esercito terrorista, che portava avanti attacchi brutali contro la popolazione locale, con le truppe israeliane che assicuravano che tutto funzionasse bene. Trattateli così.” Però poi ha detto: “Ma dovreste lasciare ad Ahmed un posto a sedere sull’autobus, perché allora ridurrà le sue richieste. E’ come se un razzista del sud dicesse: “Attento, non biasimateli troppo, fate sedere Sambo sull’autobus, così forse starà zitto.” Questo è ciò che dice Friedman. Il razzismo è così profondo e l’ammissione – il tipo di profonda ammissione  che  devono essere  umiliati. Non si tratta di uccidere o torturare. Si tratta di umiliare, in modo che si sentano deprezzati. E sia gli oppressi che gli oppressori lo capiscono. E’ un fatto costante.
OS: Così non possono dire: “Sono un uomo.”

Trascritto da Jennifer Lee & Samuel Needham
http://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_Lauren_Friedman

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://www.zcommunications.org/a-conversation-with-noam-chomsky-by-noam-chomsky
Originale: Spare Change News
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC  BY – NC-SA  3.0


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