Amnesty International e UNICEF.: Siria, il disastro umanitario di Yarmouk

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A tre anni dall’inizio della crisi siriana le conseguenze della violenza fanno sempre più paura. I numeri agghiaccianti degli ultimi due rapporti di Amnesty International e UNICEF.
Scattata e diffusa il 26 febbraio dall’agenzia di stampa internazionale Reuters, e acquisita successivamente dall’UNRWA (Agenzia ONU che si prende cura dei rifugiati palestinesi), questa immagine ritrae un’impressionante coda umana in attesa della distribuzione del cibo da parte degli operatori umanitari nel campo di Yarmouk, a Damasco. La disperazione di queste migliaia di persone ha fatto il giro del mondo, in un raro esempio di concentrazione mediatica sulle gravissime conseguenze umanitarie di tre anni esatti di guerra, in Siria.
Tre anni che hanno distrutto la società siriana in tutti i suoi aspetti, de-umanizzandola e rendendola un campo di battaglia in cui forze governative, parte della popolazione e milizie rispondenti a una diversità di interessi esterni si affrontano senza sosta, senza che nessuna delle parti prevalga sull’altra. Ne risulta una situazione drammatica in cui i bombardamenti e attacchi continuano a ripetersi, incuranti di una popolazione che fugge (sono circa 2,5 milioni i rifugiati registrati, mentre potrebbero essere altrettanti quelli non registrati) o cerca disperatamente di sopravvivere. Duecentomila, circa, sarebbero invece  i morti causati dalla guerra.
Gli ultimi tre anni in Siria hanno dimostrato anche, e una volta di più, le incapacità della comunità internazionale che non sta riuscendo a fornire una risposta adeguata nemmeno ai bisogni umanitari. Una conclamata incapacità che genera violazioni, soprusi e crimini.
Conseguenze che si ripercuotono sulla popolazione, inerme, come ribadito la scorsa settimana da due rapporti realizzati da Amnesty International e UNICEF. Il primo, intitolato "Vite schiacciate: crimini di guerra contro i civili sotto assedio" espone con crudezza i crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi nei confronti dei civili palestinesi e siriani residenti a Yarmouk, area alla periferia di Damasco sotto assedio da parte delle forze governative. Il documento denuncia la morte di quasi 200 persone da quando, nel luglio 2013, l'assedio si è fatto più stringente ed è stato tagliato l'accesso a cibo e medicinali.  La privazione del cibo, secondo le ricerche di Amnesty International, ha causato la morte di 128 persone. "La popolazione di Yarmouk è trattata come una pedina di guerra in un gioco mortale di cui non ha il controllo" - ha dichiarato Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
Secondo il rapporto, le forze governative e i loro alleati hanno ripetutamente compiuto attacchi, compresi raid aerei e pesanti bombardamenti contro scuole, ospedali e una moschea. Alcuni degli obiettivi degli attacchi erano rifugi per profughi interni provenienti da altre zone di conflitto e più volte sono stati presi di mira medici e operatori sanitari. "Lanciare attacchi indiscriminati contro le aree civili, provocando morti e feriti, è un crimine di guerra. Colpire ripetutamente una zona densamente popolata, da cui i civili non hanno modo di fuggire, dimostra un'attitudine spietata ed un vile disprezzo per i principi più elementari del diritto internazionale umanitario" - ha affermato Luther.
Almeno il 60% di coloro che si trovano ancora a Yarmouk soffre di malnutrizione. I prezzi sono aumentati vertiginosamente e un chilo di riso può costare anche più di 70 euro. Gli abitanti hanno riferito che non mangiano frutta o verdura da mesi. Ci sono inoltre racconti terrificanti di alcune famiglie che si sono ritrovate costrette a mangiare gatti e cani e di civili attaccati dai cecchini mentre cercavano cibo fuori dal campo. Nel rapporto sono documentati anche casi di donne morte durante la gravidanza. Tra le complicazioni riferite anche quelle dovute all'ingerimento di cibo non commestibile, di piante velenose e di carne di cane. Minori ed anziani sono stati colpiti in modo particolarmente grave: 18 tra bambini e neonati sono morti.
Sono oltre 10mila bambini che hanno perso la vita in questi tre anni di guerra in tutta la Siria. Lo ricorda il rapporto dell’UNICEF, pubblicato settimana scorsa, dal titolo “Sotto assedio: l’impatto devastante sui bambini di tre anni di guerra in Siria”.
L’agenzia ONU per la tutela dei minori  ha focalizzato la propria attenzione sulla gravità dei danni fisici e psicologici che riguardano più di 5,5 milioni di bambini. Cifre raddoppiate nell’ultimo anno a causa dell’aggravarsi della crisi, che secondo l’UNICEF non tende a considerare i minori soggetti neutri: al marzo 2013 erano “soltanto” 2,3 milioni i bambini colpiti dalla guerra. Oggi sono 3 i milioni di bambini sfollati internamente e 1,2 milioni i rifugiati di cui 500mila ha meno di 5 anni.. Cifre in netto rialzo rispetto ad un anno fa. La conclusione dell’UNICEF non lascia spazio ad altre interpretazioni: “Milioni e milioni di giovani stanno diventando, di fatto, una generazione perduta”.
Senza cibo, senza casa, senza scuola: l’oscurità del futuro è diretta conseguenza della negazione del presente, ossia di quella realtà che caratterizza la Siria dopo tre anni di orrori.
In allegato i due rapporti.
di: 
Stefano Nanni

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