Ramzy Baroud :Una keffiyah per Tony Benn

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Di Ramzy Baroud
19 marzo 2014
Molto tempo prima che la campagna  Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni,
avanzasse  lentamente  dai margini della solidarietà globale con i palestinesi per dominare la scena, Tony Benn da anni  aveva   propugnato  un boicottaggio di Israele con convinzione illimitata.
“La Gran Bretagna dovrebbe offrire il suo appoggio per questa strategia fermando tutte le vendite di armi a Israele, introducendo sanzioni commerciali e un divieto per tutti gli investimenti in quel paese insieme a un boicottaggio di tutte le merci israeliane, e fare di questo una condizione per l’abolizione di queste misure che Israele osservi immediatamente,” Benn scriveva sul suo blog il 19 aprile del 2002 con il titolo “UNO STATO DELLA PALESTINA ADESSO”. Il motivo della ‘strategia’ di cui Benn parlava era che Arafat dichiarasse uno stato, e che le ‘nazioni amiche’ lo riconoscessero.
Sì, il titolo era tutto in maiuscole. Era come se Benn,  un politico  britannico di sinistra con sani principi, avesse voluto accentuare con forza la sua insistenza che il popolo palestinese meritava i suoi diritti, la libertà e la sovranità. Benn era tanto audace e coraggioso quanto dovrebbe esserlo sempre qualsiasi uomo o donna con veri valori e principi. E’ rimasto inflessibile nelle questioni importanti di diritti umani e di giustizia. Questo guerriero internazionale ha lasciato una spazio impegnativo da riempire quando è venuto a mancare, all’età di 88 anni, giovedì 13 marzo.
In seguito alla notizia della sua morte i media britannici sono stati inondati di articoli su Benn e sulla sua lunga eredità di  politico ostinato e di difensore inflessibile dei diritti umani. Francamente, si è messo meno in risalto il primo aspetto rispetto al secondo, malgrado il fatto che Benn capisse che la politica era una piattaforma per litigare su dilemmi morali. Il parlamento era una piattaforma per servire il popolo, non per cospirare con altri politici per amore del proprio partito. Per alcuni politici si tratta soltanto di vincere le elezioni, non di usare la propria carica per attuare un mandato con basi morali per servire il popolo. Benn  era diverso, e quindi la Gran Bretagna aveva con lui  questo rapporto di odio-amore.
Come al solito, i media inglesi hanno immediatamente tirato fuori poche parole in voga con cui hanno tentato di definire l’eredità di Benn. Una di queste era che “era    con l’età era diventato immaturo.” Era un’osservazione  fatta dal suo più accanito rivale nel Partito Laburista, Harold Wilson (ancora vivo a 96 anni) riferendosi al fatto che Benn diventando più vecchio era diventato un estremista di sinistra. Alcuni persone che operano nei media semplicemente amano gli assiomi e i “tormentoni”, perché risparmiano ai giornalisti lo sforzo di una ricerca esauriente. Wilson e il suo gruppo investivano pesantemente dando a Benn la responsabilità delle sconfitte successive sperimentate dal Partito Laburista per opera dei Conservatori. In effetti Margaret Thatcher e poi John Major hanno vinto quattro elezioni di fila e tra tutti e due  hanno cambiato la faccia dell’economia britannica e hanno estinto i  sindacati più importanti. Però dare la colpa a Benn di avere diviso il partito è, come minimo, ingiusto.
Paragonate il lascito di Tony Benn  con quello di Tony Blair. Il primo era fedele ai suoi principi fino in fondo, contestava audacemente l’egemonia degli Stati Uniti nel mondo, e combatteva duramente contro la globalizzazione incontrollata che rendeva gli stati vulnerabili alla disparità intrinseca del sistema economico globale.
Blair rappresentava esattamente l’opposto: un politico egocentrico, privo di qualsiasi moralità, e sempre ed era giustamente soprannominato il ‘barboncino’ di Bush per avere dato retta all’avventurismo militare degli Stati Uniti specialmente in Afghanistan e in Iraq.
Benn, anche secondo coloro che non erano d’accordo con lui, è stato sempre considerato, e sarà sempre ricordato come un uomo che aveva alti valori. Blair era stato screditato  dai suoi  colleghi  anche prima che fosse costretto a cedere la carica. Si può immaginare che i media israeliani sono quelli che è probabile ricordino Blair con molto affetto.
Sebbene Benn sembrasse guidato dagli stessi alti valori morali che lo hanno accompagnato negli oltre 50 anni in cui ha militato come deputato nel parlamento britannico, quando è andato in pensione nel 2001, sembrava pronto ad accettare altre sfide più grandi. Il suo impegno si è trasformato da quello di un impetuoso politico in patria, che lottava proprio per la definizione del Partito Laburista, a un fautore dell’internazionalismo che affrontava gli argomenti più difficili, e che non si inchinava mai.
In seguito alla cosiddetta ‘guerra al terrore’- programmata intorno a interessi economici e strategici – Benn  ha raggiunto maggiore importanza, non come   ‘esperto’ che diventa un’altra celebrità alla televisione – ma come accanito oppositore del massacro su vasta scala di centinaia di migliaia di persone innocenti compiuto dagli Stati Uniti e dal governo britannico. Da allora Benn non è stato mai lontano dalle strade. Ha parlato con passione e ha incantato il pubblico con il suo inglese bello e purissimo. La cosa più importante sul tempismo delle coraggiose prese di posizione di Benn, era il fatto che a quell’epoca, tutti i discorsi pubblici collegati alle guerre erano saturi di paura. Però, ogni volta che Benn parlava, spingeva il racconto fino a livelli maggiori di audacia.
Una volta l’ho sentito parlare  a Trafalgar Square,  a Londra. Indossava una keffiya, la tradizionale sciarpa palestinese che copre la testa. Parlava dell’Iraq, del Libano e della Palestina, come se i popoli di quei paesi fossero suoi. In migliaia lo abbiamo applaudito con tantissimo entusiasmo. Era come le sue parole da sole fossero la salvezza che avrebbe liberato le nazioni arabe dalla schiavitù dell’occupazione militare e della guerra. A volte, però, le parole vivono in una loro sfera dove si moltiplicano e quando vengono ripetute abbastanza spesso, possono cambiare il mondo.
“ La principale responsabilità dei crimini orrendi perpetrati contro i palestinesi deve essere condivisa in ugual modo tra Gerusalemme e Washington poiché i governi americani che si sono succeduti hanno finanziato Israele e hanno usato il loro veto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per proteggere Israele dall’obbligo di attenersi a qualsiasi opinione del mondo volesse,” ha detto nel 2003 in un’intervista al quotidiano egiziano Al-Ahram.
E’ vero, Benn non è stato il solo politico britannico che ha parlato con tale schiettezza sulla responsabilità comune per i crimini commessi contro i palestinesi, ma pochi si sono spinti tanto avanti come lui.
La prossima volta che ci sarà un raduno per la Palestina, ci dovrebbe essere una sedia vuota con una keffiya palestinese e il nome di Tony Benn. E’ una tradizione palestinese onorare i propri eroi, anche quelli con un accento inglese meravigliosamente bello.
Ramzy Baroud (ramzybaroud.net) è un opinionista che scrive sulla stampa internazionale e dirige il sito PalestineChronicle.com.  E’ dottorando all’Università di Exeter, nel Regno Unito. Il suo libro più recente è: My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story(Pluto Press).  [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata].
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://zcomm.org/znet/article/a-kuffiya-for-tony-benn
Originale : non indicato
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2014 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0
na keffiyah per Tony Benn

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