Yair Auron :Lettera a un lettore palestinese. Olocausto e Nakba

 Yair Auron
Yair Auron è un professore che ha trascorso gli ultimi 25 anni studiando i genocidi e l’atteggiamento di Israele verso i genocidi di altre nazioni. Ha dedicato un libro, che sta per uscire in ebraico, inglese e arabo, al rapporto tra Olocausto e "catastrofe" palestinese, e ora rivolge un appello ad arabi ed ebrei per la riconciliazione intitolato la Shoah, la resurrezione e la Nakba.

Se gli israeliani non riconoscono i crimini che abbiamo commesso nel 1948 e i palestinesi non riconoscono gli orrori della Shoah, la riconciliazione sarà impossibile
di Yair Auron | 8 maggio 2014 | Su Haaretz

Desidero rivolgermi a lei, lettore arabo in generale e lettore palestinese in particolare, prima della pubblicazione in arabo del mio libro  The Holocaust, the resurrection and the Nakba (per i tipi di Madar a Ramallah; Resling, 2013; sarà tradotto in inglese alla fine del 2014).
La ricerca della verità, secondo me, è un obbligo morale, intellettuale e accademico, e per me conta particolarmente quando si tratta del rapporto tra gli israeliani ebrei e gli israeliani palestinesi, i palestinesi di Palestina o di qualsiasi altra parte del mondo. Queste due società vivono in uno stato di sfiducia reciproca che continua fatalmente a peggiorare.
Penso, e mi rendo conto, che ci sono disaccordi tra le due società e anche all’interno di ognuna di esse, con riguardo alla definizione di ciò che è accaduto nel 1948. Dopo 25 anni di lavoro sul tema dei genocidi, ho raggiunto la chiara e ragionata conclusione che Israele non ha commesso un genocidio nel 1948, e la discuto dettagliatamente nel mio libro.
Ma in quanto ebreo e israeliano, e principalmente come essere umano, solo con dolore ho raggiunto la conclusione che la generazione dei miei genitori, molti dei quali erano sopravvissuti all’Olocausto, ha perpetrato una pulizia etnica, nel corso della quale sono stati commessi non pochi massacri.

Mi è chiaro che qualche parte della società palestinese e araba, di cui ignoro la consistenza numerica, non accetterà la mia posizione, proprio come so che molti israeliani sono in disaccordo con le mie affermazioni e perfino le osteggiano con veemenza, ma finché gli israeliani non imparano che cosa furono i crimini commessi nel 1948 e ciò che significano ancora oggi nella società palestinese, e finché i palestinesi non riconoscono il significato che riveste ancora l’Olocausto nella società ebraico-israeliana, un vero processo di riconciliazione tra questi due popoli sarà impossibile. Per questo mi permetto di rivolgermi a voi, miei fratelli, e vi chiedo di pensare a quanto sia diffuso il negazionismo della Shoah nella società palestinese e araba.

La riconciliazione non è la stessa cosa di una soluzione diplomatica. Mi sembra che sarà molto difficile raggiungere quest’ultima senza una riconciliazione e un lavoro educativo approfondito per la convivenza civile, la pace e la giustizia.

L’annuncio straordinario del Presidente palestinese Mahmoud Abbas pubblicato alla vigilia del Giorno della Memoria della Shoah sia in arabo che in inglese (peccato che non sia apparso anche in ebraico), nel quale egli definiva l’assassinio degli ebrei nell’Olocausto “il crimine contro l’umanità più odioso dell’epoca moderna” e porgeva le condoglianze alle “famiglie delle vittime e a molti altri innocenti uccisi dai nazisti”, merita la nostra attenzione.
È la prima volta che una personalità di lungo corso della politica araba o palestinese ha affermato simili cose. Anche se ci fosse un elemento politico nelle sue frasi, egli merita ammirazione e rispetto.

Ma il premier di Israele ha risposto rudemente. Purtroppo, Benjamin Netanyahu e i suoi ministri sono le persone che stanno abusando cinicamente della memoria dell’Olocausto. Nessuno ha diritto di farlo, di dissacrare la memoria delle vittime, neppure il primo ministro israeliano.
Per me, l’Olocausto ha un certo grado di sacralità. Forse la risposta appropriata alle affermazioni di Abbas sarebbe di riconoscere la catastrofe della Nakba, anche se penso che si tratti di due eventi di cui la ricerca comparativa mostra tutte le differenze.
Manifestazioni razziste, antidemocratiche e, per il mio dispiacere, perfino fasciste sono comuni in Israele. La politica ufficiale dello Stato di Israele in questi anni contiene esplicitamente elementi razzisti e fascisti.

Se mi è permesso dire di me, sembra che io, in modo molto più significativo che molti altri israeliani, anche se certamente non abbastanza, sia empatico e perfino affettuoso – abbia insomma la capacità di identificarmi con “l’altro palestinese”, che vedo come “mio fratello e amico” anche se, per il mio dispiacere, in certe circostanze è anche il mio nemico, contro cui in passato ho combattuto anche fisicamente.

Per me, per prima cosa è un essere umano. Le circostanze delle nostre vite ci hanno portati a vivere insieme l’uno di fianco all’altro e l’uno contro l’altro. Non riesco ad accettare la pretesa ridicola che egli sia un “altro” che desidera distruggerci, anche se ci sono senz’altro palestinesi che desiderano distruggerci.

La società israeliana, e specialmente i suoi sistemi politici ed educativi, nutre la memoria dell’Olocausto sottolineandole a torto e in maniera inesatta i suoi aspetti e le sue lezioni peculiari – ebraici e sionisti – e molto, molto meno quelli universali. Ecco come molti giovani israeliani affrontano questo tema. Invece, dopo molti anni di fare ricerca sull’Olocausto e il genocidio in particolare, quello che sto proponendo io è un discorso diverso.

Il significato dell’Olocausto e del genocidio e le lezioni che si possono apprendere da esso sono la sacralità della vita umana e l’uguaglianza nel valore di tutte le vite umane perché sono umane, indipendentemente dal fatto che si tratti di tutsi, rom, armeni, ebrei o palestinesi.
Al contempo, io accetto la pretesa che l’Olocausto, come qualunque atto di genocidio, abbia aspetti unici, tra i quali la totalità della soluzione finale, il ruolo centrale dell’antisemitismo razzista verso gli ebrei solo in quanto ebrei nell’ideologia nazista e l’esistenza delle camere a gas.

Ho ripetutamente sottolineato, sia in Israele che all’estero, in forma scritta e verbale, il valore eguale delle vite palestinesi. Questo perché la sacralità della vita umana e l’eguaglianza del valore delle vite umane sono del tutto centrali e attinenti a quanto viviamo oggi qui..
La mia speranza è che il libro darà un modesto contributo alla comprensione, alla riconciliazione e all’identificazione con la sofferenza che entrambi i popoli hanno vissuto. Soprattutto volevo che il libro fosse tradotto in arabo e ora che sta venendo completata mi sto rasserenando.

Sarei contento di venire e parlare con chiunque, ovunque, per dare il mio piccolo contributo alla riconciliazione tra i due popoli, entrambi più pronti dei loro leader a compiere dei passi in questa direzione.

Neveh Shalom, Vachat el Salam
Yair Auron, autore di "The Holocaust, the Resurrection and the Nakba"; traduzione di Carolina Figini

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