COSÌ, Benjamin Netanyahu ha voluto ridirlo:
Hitler voleva solo cacciare gli ebrei, a dargli l’idea di bruciarli fu
il Gran muftì di Gerusalemme. L’aveva già detto nel 2012. Allora si era
accontentato di annoverare Haj Amin Al-Husseini (1895 -1974) fra «i
principali architetti » del genocidio. Ora l’ha ripetuta addirittura al
Congresso sionista mondiale. La cosa è insieme una sciocchezza e
un’enormità: decide il contesto. È una sciocchezza, perché trasforma una
verità, il sincero e accanito filonazismo di Al-Husseini, in un
aneddoto futile e infondato: il 28 novembre del 1941 i due si incontrano
e Hitler, che finora non ci ha pensato, si sente dire dal suo amico e
accolito che, se si limiterà a cacciare gli ebrei dalla Germania,
saranno loro, i palestinesi, a trovarsene invasi, e l’ingenuo e cortese
Hitler chiede: «Be’, e che cosa dovrei fare allora?», «Bruciali!», dice
il muftì, e Hitler la trova una buona idea e dunque li brucia… La
storiella è grottesca, e può ottenere intanto di far dimenticare il
rilievo dell’adesione del Gran muftì al nazismo, additato come modello
di valori e di organizzazione al mondo arabo e musulmano. Nel coro di
voci che si sono levate a protestare contro la versione di Bibi c’è
anche uno sdegnato Saeb Erekat per conto dell’Olp: «L’impegno
palestinese contro il regime nazista è profondamente radicato nella
storia». Purtroppo, nella storia è ancora più radicato l’impegno
filonazista. Tolgo da un libro di Carlo Panella due citazioni
significative. La prima è dello stesso muftì, in un discorso del
dicembre 1944 a un reparto di Ss islamiche a Sarajevo: «La Germania
nazionalsocialista sta combattendo contro il mondo ebraico. Il Corano
dice. “Voi vi accorgerete che gli ebrei sono i peggiori nemici dei
musulmani”. Vi sono inoltre considerevoli punti in comune tra i principi
islamici e quelli del nazionalsocialismo, vale a dire nei concetti di
lotta, di cameratismo, nell’idea di comando e in quella di ordine». La
seconda è di Sami Al-Jundi, cofondatore nel 1937, assieme a Michel
Aflaq, del partito Baath: «Eravamo nazisti, ammiratori del nazismo,
leggevamo i suoi testi e le fonti della sua dottrina, specialmente
Nietzsche, Fichte e i Fondamenti del secolo XIX di H.S. Chamberlain,
tutto incentrato sulla razza. Fummo i primi a pensare di tradurre il
Mein Kampf . Chiunque fosse vissuto in quegli
anni a Damasco, si sarebbe reso conto della propensione del popolo arabo
verso il nazismo, perché il nazismo era la potenza che poteva essere
presa a modello».
Molto ragionevolmente, il direttore del Centro
Wiesenthal di Gerusalemme, Efraim Zuroff, ha commentato: «L’affer-
mazione di Netanyahu è totalmente senza basi. Che il muftì spingesse sui
nazisti e volesse l’invasione della Palestina è fuori discussione, ma
Hitler non doveva essere convinto da nessuno». Piuttosto due ossessioni
si combinarono: quella di Hitler, antica e rafforzata dall’esempio del
genocidio (non si chiamava ancora così) armeno, e quella del fanatico
agitatore arabo, che assegnava alla liquidazione degli ebrei un valore
apocalittico. Quanto al governo tedesco, il portavoce della signora
Merkel è stato costretto a una precisazione quasi surreale, un “Giù le
mani dalla colpa dei tedeschi”: «Non c’è nessun motivo per cambiare la
storia. Conosciamo bene l’origine dei fatti ed è giusto che la
responsabilità ricada sulle spalle dei tedeschi». La rettifica di
Netanyahu era inevitabile: non ho cercato di assolvere Hitler dalla sua
colpa, ha detto. Già: però a trasformare una sciocchezza in un’enormità è
il contesto. Il contesto è quello della cosiddetta terza intifada. Bibi
Netanyahu si è lasciato tentare dal sollecitare i documenti fino a fare
di un palestinese il suggeritore della Shoah, e a ricondurre così per
intero il conflitto dentro quella storia. A far sì che sia quel passato a
ingoiare e dannare la rivolta dei giovani palestinesi di oggi,
l’intifada spontaneista e disperata dei coltelli usati per colpire ed
essere colpiti. È questo a fare della sua sciocchezza un’enormità. Il
contesto del vicino oriente è sempre più incontrollato. Tempo fa Recep
Tayyep Erdogan ha spiegato che i marinai musulmani erano arrivati in
America da tre secoli quando ci arrivò Cristoforo Colombo, il quale
trovò una moschea bell’e costruita su una montagna di Cuba. Il contesto:
la signora Merkel che, dopo tanta accanita ostilità, va a offrire a
Erdogan un ammorbidimento rispetto all’ammissione nella Ue nel momento
in cui il regime turco esaspera violenze, intimidazioni, arresti e
censure, e alla vigilia della più delicata scadenza elettorale, ne è
un’ulteriore prova. Oggi Netanyahu è a Berlino, e la prima cosa che deve
riuscire a fare è rassicurare i suoi interlocutori tedeschi: sono stati
i tedeschi, e non altri, a desiderare, ideare e attuare la soluzione
finale. Poi passiamo all’agenda.
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