GAZA. La scrittura come testimonianza: “We are not numbers”



 
 
 
 
 
Storie di uomini e di donne che tentano di conferire alla propria vita tratti di normalità e scelgono una via alternativa all’annichilimento, alla mancanza di stimoli,…
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Storie di uomini e di donne che tentano di conferire alla propria vita tratti di normalità e scelgono una via alternativa all’annichilimento, alla mancanza di stimoli, all’inaridimento della vita sotto occupazione.
We are not numbers
di Cecilia D’Abrosca
Roma, 19 novembre 2015, Nena NewsUniversitari palestinesi di Gaza, coadiuvati da coetanei che vivono in Libano, hanno dato vita ad un progetto editoriale, dal titolo, “we are not numbers”, “noi non siamo numeri”. Gli ideatori intendono, in primo luogo, raccontare storie di quotidianità in Palestina: di uomini e di donne che, nonostante l’occupazione, tentano di conferire alla propria vita tratti di normalità.
Chi sono i protagonisti di queste storie? Tutti quelli che scelgono una via alternativa all’annichilimento, alla mancanza di stimoli, all’inaridimento della vita sotto occupazione. Coloro i quali vincono le loro sfide quotidiane, hanno aspirazioni, conseguono successi, ma anche coloro che hanno lacrime. Il progetto prende forma attraverso una piattaforma digital, dal nome stesso wearenotnumbers.org, articolata in sezioni e tipologie di storie narrate.
Chi sono gli autori delle storie palestinesi che mirano a ridimensionare la drammaticità della loro condizione? Qual é la motivazione che spinge ragazzi e ragazze palestinesi ad utilizzare la scrittura per offrire una cruda testimonianza della loro vita? Si tratta di un progetto, quello di “we are not numbers”, portato avanti da giovani e persone più adulte che, oltre ad avere la passione della scrittura, della fotografia o poesia, vivono a Gaza o nei campi di rifugiati di palestinesi in Libano. Dunque, sono individui che raccontano “dal di dentro” le loro vite e quelle di altri palestinesi, da loro stessi condivise, comprese e restituite in forma scritta. Sono questi, osservatori ed osservati. Narratori e narrati. Sono coinvolti in prima persona e per questo motivo, in grado di ascoltare e dare voce alle vite altrui, di raccontarle, in modo che emergano alcuni aspetti: la capacità di auto riscattarsi e di superare le asperità che la vita nei Territori Occupati comporta, attraverso scelte artistiche o lavorative essenziali; la voglia di offrire una testimonianza vivente al mondo, del desiderio e bisogno di andare avanti dei loro coetanei palestinesi.
Perché la scelta ricade sulla scrittura? Essa viene scelta come canale privilegiato di comunicazione verso l’esterno, in quanto immediato, d’impatto ed efficace. Capace di restituire emozioni, il senso delle privazioni, mancanze e umiliazioni di varia natura. Ma quali sono le finalità ulteriori del progetto “we are not numbers”? Smontare l’idea secondo la quale le informazioni che ruotano attorno ai palestinesi siano fatte solo di numeri, di dati significativi e resoconti di violenza dal carattere impersonale; ma che, oltre tutto questo vi siano persone reali che scelgono di vivere, di esprimersi attraverso la letteratura, l’arte visuale, la poesia, il cinema. Persone che, scelgono di condividere la propria arte attribuendogli un significato narrativo. Dimostrare che, in Palestina esiste anche una quotidianità che ciascuno a fatica costruisce, come tentativo e speranza di allontanare pensieri funesti: come dire, aldilà dell’occupazione vi è la vita da vivere, da parte di persone che hanno un proprio background culturale e familiare. Ciascuno con una storia di vita che non è solo contraddistinta da morte e da permessi da ottenere, in vista di attraversamenti vari.
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Vi è poi, uno scopo pratico del progetto, ossia quello di connettere i giovani scrittori ed autori palestinesi a quelli di altri Paesi, attraverso i loro scritti. Portare a conoscenza i loro testi e spingerli ad entrare in contatto con i loro colleghi europei, ad esempio, al fine di alimentare una circolazione di idee. Passando ad informazioni più tecniche, va detto che, wearenotnumbers.org opera sotto la supervisione di “Euro-Mediterranean Human Rights Monitor”, ente internazionale no profit. L’ente presenta un focus diretto sul Medio Oriente e Nord Africa, denuncia le violazioni dei diritti umani, suggerisce soluzioni per conflitti difficili, monitora le zone di maggiore problematicità che caratterizzano le due aree geografiche considerate. La mission della piattaforma è dunque, quella di dare voce a chi deliberatamente è ridotto al silenzio, o a chi non viene ascoltato. Ai senza voce, per riprendere le parole di Arundhati Roy. Per questa volta, si sceglie di non parlare di politica o in termini di dati numerici, ma di rivolgersi ai “voiceless”, e lasciare la parola a loro. Per leggere alcune delle storie di Gaza o dei rifugiati palestinesi in Libano, anche loro coinvolti nel progetto: www.wearenotuman.org

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