L’omicidio sistematico è la strategia adottata dal terrorismo
L’omicidio
sistematico è la strategia adottata dal terrorismo - Di Farid
al-Khazen. As-Safir (21/11/2015). Traduzione e sintesi di Federico
Seibusi. Quando le città di…
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Di Farid al-Khazen. As-Safir (21/11/2015). Traduzione e sintesi di Federico Seibusi.
Quando le città di Francia, Stati Uniti,
Russia, Spagna, Gran Bretagna, Tunisia, Libano, Egitto, Kuwait, Turchia,
Libia, Iraq, Pakistan, Mali, Nigeria ed altre ancora si trasformano in
cimiteri di massa, allora non si tratta solo di terrorismo, ma di
omicidi sistematici e di una guerra mondiale che minaccia l’intera
umanità. Questa è la terza generazione che proviene dalle organizzazioni
islamiche armate di stampo salafita che colpisce dovunque.
L’origine è avvenuta negli anni Novanta
in Afghanistan attraverso l’unione progressiva di Al-Qaeda, sotto la
guida di Osama Bin Laden, e del movimento dei Talebani, sotto la guida
del Mullah Omar. Questa unione ha portato ad un regime che ha persino
proibito l’insegnamento alle ragazze nelle scuole.
Bin Laden tentò di inserire Al-Qaeda in
Arabia Saudita e nel Sudan ma fallì e tornò in Afghanistan. Poi arrivò a
New York e Washington l’attacco che l’11 Settembre 2001 fece tremare
gli Stati Uniti e il mondo intero.
Così la seconda generazione dell’integralismo “takfiri”
ebbe un altro luogo di scontro per combattere gli “infedeli” e
l’occupazione americana in Iraq. È la generazione di Abu Musab
al-Zarqawi e di altri comandanti come lui. In Iraq, il jihad
assunse una dimensione confessionale che in precedenza non era stata
adottata dalla prima generazione, la quale enfatizzava la lotta del
“nemico più lontano”. La terza generazione, al contrario, sotto la guida
di Ibrahim Abu Bakr al-Baghdadi di Daesh (ISIS), e di al-Jawlani, capo
del Fronte al-Nusra, e altri capi delle organizzazioni“takfiri”,
ha avuto come obiettivo “il nemico più vicino”. Le strategie di
battaglia si sono trasformate per stare al passo con le ultime
innovazioni nel campo dell’informazione audiovisiva e dei social
network, ma le basi del pensiero sono rimaste le stesse, così come gli
ambienti in cui sono stati alimentati l’ideologia, il denaro e le armi.
La strage recente di Parigi giunge in un
contesto nel quale, dal punto di vista di Daesh, la mancanza di fede è
diventata intollerabile, in aggiunta ai rancori che si sono sedimentati
nella memoria storica. Forse Parigi aveva considerato che opponendosi al
regime siriano, avrebbe potuto fiancheggiare il terrorismo di Daesh nel
conflitto. D’altra parte, il “Califfo Ibrahim” non vede nei paesi del
Levante altro che una terra del jihad senza frontiere e non è
interessato ai dettagli della crisi siriana e alle condizioni di un
qualsiasi stato, poiché per lui la battaglia è indispensabile ovunque.
Ma l’ironia più grande è che Daesh è in aperto conflitto con il mondo
intero ad eccezione di Israele.
C’è una grande differenza fra il
terrorismo secolare che ad esempio ha colpito Italia e Germania negli
anni Settanta del secolo scorso ed il terrorismo di Daesh che oggi
incorpora la volontà divina per uccidere le masse di ogni religione e
nazionalità per qualsiasi motivo.
Questo terrorismo non avrà fine a meno
che non venga sconfitto completamente come è accaduto per il nazismo e
altri movimenti che hanno commesso atrocità simili durante la storia
antica e moderna e che sono stati espressioni di religioni e civiltà.
Farid al-Khazen è un giornalista ed editorialista del quotidiano libanese as-Safir.
I punti di vista e le opinioni espressi in questa
pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non
riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu
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