Eric Salerno : Io sono ebreo, tu sei ebreo, egli è ebreo, noi siamo ebrei ma tutti in modo diverso

 
 
 
Risultato del dibattito? Una formula non matematica: "Io sono ebreo, tu sei ebreo, egli è ebreo, noi siamo ebrei ma tutti in modo diverso". E un giudizio unanime sul…
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 Cena a Gerusalemme. Immaginate una grande finestra aperta sui luoghi santi, le campane che suonano, il muezzin che chiama alla preghiera, la sirena all'ora dell'aperitivo che annuncia l'inizio della festa ebraica; una tavolata di sei amici, minestrone, vino rosso e la mozione controversa dell'Unesco da assaporare e digerire.
Si conversa in inglese, la lingua comune. Dopo poche battute confuse, uno dei commensali, geologo di fama internazionale, sopravvissuto all'Olocausto, parte all'attacco dell'unico che non ha in tasca un passaporto israeliano. "Tu ti definisci ebreo? Perché? Io sì che sono ebreo perché mi arrabbio quando qualcuno cerca di disconoscere un pezzo importante della nostra storia, il nostro legame millenario con questa terra". È l'inizio di un dibattito.
Andiamo avanti, a turno. "Mia madre era ebrea e dunque per i rabbini (e anche per Hitler) sono ebreo anche se questa identità è soltanto un pezzo del mio Dna che include un padre cattolico ma ateo, mangiapreti e marxista".
Yael, l'unica nata in Palestina (così si chiamava allora questo pezzo di terra), accetta subito la sfida lanciata a tutti da suo marito e con un sorriso pieno di orgoglio da vera sabra spara: "Io mi definisco israeliana di origini ebraiche".
Un altro mio amico, grande matematico, nato come me nel Bronx, ricorda a tutti di essere cresciuto in una famiglia ultra-ortodossa. Vive a lavora in Israele da anni - "perché mi fa comodo" - ha figli israeliani. Dice di non essere sionista e si sente ebreo perché ritiene "sia importante, doveroso, mantenere l'identità di un popolo che tanto ha lottato nei secoli per sopravvivere".
C'è, come è giusto, anche una psicologa argentina tra noi. Ebrea, sostiene, "perché è la storia della mia famiglia, della mia vita".
L'ultima a parlare, cresciuta in Australia, ha sempre guardato le sinagoghe da fuori ma si considera ebrea perché "condivide una visione storica, culturale, etica con molti ebrei soprattutto nell'Europa dell'ultimo secolo".
"Solo una cena tra ebrei poteva andare così", sentenzia Yael. Risultato del dibattito? Una formula non matematica: "Io sono ebreo, tu sei ebreo, egli è ebreo, noi siamo ebrei ma tutti in modo diverso". E un giudizio unanime sul documento dell'Unesco. Una formulazione sbagliata per un documento politico che doveva sottolineare i soprusi israeliani nei confronti dei palestinesi in una città occupata militarmente e spingere Israele a negoziare il suo futuro.

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