Gaza è rimasta al buio

 
 
 
La chiusura dell’unica centrale elettrica della Striscia, il mese scorso, sta rendendo ancora più dura la vita delle circa 2 milioni di persone che vivono a Gaza. Ospedali costretti ad interrompere interventi chirurgici e carenza delle riserve d’acqua
vita.it|Di Ottavia Spaggiari

 

 

 

La chiusura dell’unica centrale elettrica della Striscia, il mese scorso, sta rendendo ancora più dura la vita delle circa 2 milioni di persone che vivono a Gaza. Ospedali costretti ad interrompere interventi chirurgici e carenza delle riserve d’acqua

A Gaza la difficoltà di accesso all’energia elettrica non è una novità ma da un mese a questa parte la situazione sta continuando a peggiorare. Lo riporta la BBC, secondo cui la popolazione non ha accesso all’energia elettrica per un periodo che si aggira tra le 16 e le 20 ore al giorno. L’unica centrale elettrica di Gaza era stata chiusa il mese scorso per crescenti difficoltà finanziarie. Dietro alla crisi, ci sarebbe la lotta di potere tra Hamas, che controlla la Striscia da circa un decennio e l’Autorità Nazionale Palestinese che sta cercando invece di ricondurre il territorio sotto la propria influenza, trovandosi a fare i conti con una forte pressione finanziaria. Le proteste per la chiusura della centrale si sono aggiunte a quelle relative ai tagli dei salari di oltre 60mila dipendenti dell’Anp nella Striscia, decisa dal premier Hamdallah. Secondo l’Ansa, in assenza dei 100 Megawatt prodotti da quella centrale, gli abitanti di Gaza devono spartirsi adesso i 30 Megawatt provenienti dalla rete egiziana e i 120 Megawatt forniti da Israele.
Circa 2 milioni di persone sono quindi costrette a vivere in un regime di corrente elettrica razionatissima. La mancanza di elettricità ha infatti spinto gli ospedali a cancellare gli interventi chirurgici che non siano emergenze, mentre i bambini e i ragazzi sono costretti a studiare per gli esami di fine anno a lume di candela. “Facciamo i compiti coi nostri figli senza elettricità,” ha raccontato alla BBC Suniya Abu Shaban, una mamma di Gaza che vive nella parte sud della città. “Questo problema si ripercuoterà sui loro voti. I bimbi hanno paura delle candele. Sappiamo che sono pericolose ma non possiamo permetterci le batterie per le torce o le luci di sicurezza.” Ha aggiunto. “Il frigo e la maggior parte dei nostri elettrodomestici si sono fusi, perché la corrente va e viene troppo spesso. Rincorriamo continuamente l’elettricità.”
Le Nazioni Unite hanno messo a disposizione del carburante per i generatori e stanno contribuendo al funzionamento degli impianti di desalinizzazione, che stanno però funzionando al 15% delle proprie capacità, una riduzione che si ripercuote su una carenza delle riserve d’acqua. Anche le acque reflue non sono smaltite a dovere e sono riversate invece nel mare.
“Gli americani e principalmente gli israeliani hanno accusato Abu Mazen di debolezza, affermando di non avere nessun controllo su Gaza e di non essere quindi un partner per la pace,” ha spiegato Mkhaimar Abusada, professore di scienze politiche alla al-Azhar University di Gaza. “Vuole riaffermare il potere su Gaza per essere preso più seriamente.”
È in questo clima che si prepara la visita del presidente Trump, prevista a Israele e in Cisgiordania la prossima settimana.
Foto: Photoshot/Ag.Sintesi

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