Tensione tra Anp e comitato pro-detenuti per arrivo Trump a Betlemme .Un mese di sciopero, strade bloccate per protesta

Betlemme. Il presidio a sostegno dei detenuti palestinesi in Piazza della Mangiatoria (foto Michele Giorgio)
Betlemme. Il presidio a sostegno dei detenuti palestinesi in Piazza della Mangiatoria (foto Michele Giorgio)
AGGIORNAMENTO
ORE 17 Giorno della Rabbia. Scontri tra palestinesi e soldati israeliani in Cisgiordania e Gaza
Migliaia  di palestinesi hanno partecipato oggi a Beita ai funerali di Moataz Bani Shamsa, il 23 ucciso ieri a Huwara (Nablus) da un colono israeliano. Al termine dei riti funebri  alla periferia del villaggio sono divampati scontri tra palestinesi e soldati israeliani, seguiti da incidenti anche nei centri circostanti. Centinaia di palestinesi hanno affrontato i militari israeliani in mumerose altre località al termine di manifestazioni a sostegno dei detenuti politici in sciopero della fame nelle carceri israeliane. Scontri anche a Gaza, dove almeno otto manifestanti sono rimasti feriti, due dei quali in modo grave. In Cisgiordania i feriti sono stati decine.
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della redazione
Betlemme, 19 maggio 2017, Nena NewsL’arrivo di Donald Trump il 23 maggio a Betlemme, dove il presidente americano incontrerà il leader dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen, sta provocando tensioni tra il governo palestinese e il locale comitato popolare di sostegno allo sciopero della fame che da oltre un mese attuano circa 1500 detenuti politici per ottenere migliori condizioni di vita nelle carceri israeliane su appello del leader del partito Fatah in Cisgiordania, Marwan Barghouti, che sconta una condanna a cinque ergastoli.
Fonti locali hanno riferito a Nena News che l’Anp ha chiesto di rimuovere il presidio permanente pro-detenuti sulla Piazza della Mangiatoia, davanti alla Chiesa della Natività di Betlemme, in occasione dell’arrivo di Trump. Si tratta di uno dei presidi più noti e frequentati tra quelli che sono stati allestiti nell’ultimo mese in Cisgiordania e Gaza per discutere e manifestare appoggio alla protesta nelle prigioni.
Il comitato locale in sostegno ai prigionieri politici ha respinto la richiesta e spiegato che proprio l’arrivo di Trump dovrà essere una occasione per spiegare al presidente americano la situazione dei circa 6.500 palestinesi reclusi in Israele.
  Le stesse fonti annunciano che il 23 maggio sarà proclamato uno sciopero generale in tutto il distretto di Betlemme per esprimere disapprovazione nei confronti delle politiche dell’Amministrazione americana “a sostegno di Israele e contro i diritti dei palestinesi”.
Intanto salgono tensione e proteste per l’uccisione ieri a Huwwara, a qualche chilometro da Nablus, di un giovane, Moataz Bani Shamsa, 23 anni di Beita, colpito dagli spari di un colono israeliano che transitava in quella zona, durante una manifestazione in solidarietà con i detenuti politici palestinesi. Testimoni palestinesi hanno raccontato che il colono si è fermato e dalla sua automobile raggiunta da alcune pietre e ha fatto fuoco uccidendo Tajeh e ferendo ad un braccio un giornalista palestinese, Majed Mohammad, dell’agenzia americana Associated Press.
 Moataz Bani Shamsa, 23 anni, ucciso ieri a Huwara
Moataz Bani Shamsa, 23 anni, ucciso ieri a Huwara
Un filmato diffuso dall’agenzia Ramallah News tuttavia conferma solo in parte questa versione poiché mostra una folla di dimostranti che, ad un certo punto, circonda l’automobile del colono, colpendola con pietre e calci, mentre una pattuglia militare israeliana giunge in zona sparando e lanciando candelotti lacrimogeni che disperdono la folla. Secondo un’altra versione Moataz Bani Shamsa, potrebbe essere stato raggiunto da un proiettile sparato dai soldati. Il colono da parte sua sostiene di aver sparato solo in aria per “salvarsi da un linciaggio”. Oggi migliaia di persone hanno partecipato a Beita ai funerali del giovane ucciso.
Due giorni fa un fatto simile era accaduto a Silwad (Ramallah) dove un altro colono aveva sparato e ferito gravemente un giovane palestinese che aveva lanciato sassi contro la sua automobile. Il colono è stato fermato e subito rilasciato dalla polizia perché “avrebbe agito per difendersi”.
Intanto l’esercito israeliano ha annunciato di aver arrestato la scorsa notte in Cisgiordania l’autista di una ambulanza palestinese che ieri ad Huwara avrebbe bloccato, di proposito secondo i militari, la strada impedendo al colono di fuggire con la sua automobile, e quello dell’autobus usato per portare ad Huwara i dimostranti pro-sciopero dei detenuti   Nena News


GUARDA IL VIDEO GIRATO DA RAMALLAH NEWS IERI AD HUWARA


 
 
Le autorità, riferiscono fonti locali a Nena News, avrebbero chiesto al comitato di sostegno allo sciopero della fame in corso nelle carceri israeliane di…
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Nella notte gruppi di palestinesi hanno chiuso le vie di comunicazione a Nablus, Tulkarem e Ramallah in solidarietà con i prigionieri. Barghouti rifiuta anche l’acqua
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Roma, 17 maggio 2017, Nena News – Continuano le proteste nelle strade della Cisgiordania in sostegno allo sciopero della fame portato avanti da 1.800 prigionieri politici nelle carceri israeliane.
Nella notte manifestanti palestinesi hanno chiuso una delle principali strade nel nord della Cisgiordania, nei pressi di Tulkarem: hanno dato alle fiamme dei copertoni bloccando la strada che da Nablus conduce al campo profughi di Nur Shams, a est di Tulkarem. In città è stata eretta una tenda di solidarietà, iniziativa presa in molte comunità palestinesi come forma di solidarietà con la protesta dentro le carceri.
La strada è stata riaperta solo al passaggio dell’auto che trasportava Taha al-Irani, uno dei leader del campo profughi, rilasciato ieri dopo cinque giorni di detenzione. In mattinata altre strade sono state chiuse da manifestanti tra Birzeit e Ramallah e sono state riaperte solo dopo l’intervento della polizia palestinese che si è scontrata con i giovani in protesta.
Più drammatico l’episodio che si è verificato a est di Ramallah, a Silwad, questa mattina: dei giovani palestinesi hanno chiuso la strada e – secondo l’esercito israeliano – hanno lanciato pietre ai veicoli dei coloni in transito. Un colono è sceso dalla sua auto e ha aperto il fuoco, ferendo il 19 enne Ibrahim Rasem Hamed. Il ragazzo è stato arrestato dall’esercito e condotto in un ospedale israeliano.
I prigionieri sono a digiuno dal 17 aprile, un mese esatto: chiedono il miglioramento delle proprie condizioni di vita secondo quanto previsto dal diritto internazionale e dalla Convenzione di Ginevra (la fine dell’isolamento, visite regolari di familiari e avvocati, assistenza medica, possibilità di accedere a libri e televisione) e la fine dell’utilizzo strutturale della detenzione amministrativa, forma di custodia cautelare illegale che Israele utilizza per detenere “sospetti” senza formulare accuse né arrivare a processo.
Ieri, nel 30esimo giorno di sciopero, il Comitato Palestinese per gli affari dei prigionieri ha annunciato che Marwan Barghouti, leader di Fatah e dello sciopero in corso, ha deciso di non bere più acqua in risposta al silenzio israeliano in merito alle legittime richieste dei prigionieri.
Finora i detenuti a digiuno hanno assunto solo acqua e sale per sostenersi, non abbastanza tanto che le condizioni di molti di loro stanno seriamente deteriorando. La decisione di Barghouti di non bere più acqua è considerata estremamente pericolosa per la sua salute, ma viene definita dal Comitato “un punto di svolta nello sciopero della fame di massa”. Lo stesso Comitato si è rivolto al Consiglio di Sicurezza e all’Assemblea Generale dell’Onu perché intervenga sulla questione e faccia pressioni su Israele e la politica dell’infliggere “una morte lenta” ai detenuti palestinesi.
Lunedì sembrava essersi aperto uno spiraglio: secondo fonti dello Shin Bet, i servizi segreti interni israeliani, si stava tentando di raggiungere un accordo. Ma il ministro della Sicurezza Pubblica Erdan ha fatto sapere che un negoziato si sarebbe aperto solo a sciopero concluso. Per ora nulla di fatto mentre proseguono le punizioni contro i prigionieri in sciopero: visite negate, isolamento e aumento dei trasferimenti da un carcere all’altro. Nena News

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