Salvatore Natoli :Anticipare il bene



Salvatore Natoli al Teatro Franco Parenti


Salvatore Natoli al Teatro Franco Parenti
Da anni il filosofo Salvatore Natoli segue, sostiene e ispira le attività di Gariwo. Negli ultimi giorni è stato protagonista, al Teatro Franco Parenti di Milano, del lancio della Carta delle responsabilità 2017, un documento nato con l’obiettivo di individuare un orizzonte culturale condiviso e sollecitare uno sforzo comune di fronte alle sfide del nostro tempo.
Dal confronto sui temi centrali della Carta - la crisi dell’Europa, la prevenzione dei genocidi, il problema delle migrazioni, la battaglia culturale contro il terrorismo e fondamentalismo, la creazione di un nuovo galateo della politica e del dibattito tra le persone - è nata una lunga conversazione con il presidente di Gariwo Gabriele Nissim.
Punto di partenza di tale conversazione, la riflessione sulle risposte che oggi vengono date alle sfide epocali del presente. Di fronte a questioni che richiederebbero un impegno comune, notiamo invece una chiusura nella propria individualità, un “muoversi da soli” che, come sostiene Natoli, è dovuto a un effetto generale di spaesamento - effetto fisiologico, e non patologico, della globalizzazione. Tutto questo in un quadro in cui sembrano mancare i riferimenti ideali, fatta eccezione per esempi come Papa Francesco, figura ideale in grado di offrire una visione, un compito verso qualcosa in cui convergere insieme.
Se per realizzare il “nulla è più utile all’uomo dell’altro uomo” di Spinoza serve una visione, di universalità e di tempo, ci accorgiamo invece che ciò che muove le condotte umane è quella che Natoli chiama la miopia del desiderio: il desiderio, cioè, è a breve, tende a carpire nell’immediato quello che vuole e non percepisce il quadro per intero. Ecco perché, di fronte alla fragilità dell’altro non scatta un meccanismo di comprensione reciproca, ma spesso si genera il risentimento e il desiderio - appunto - di distruzione, di delegittimazione di ciò che è forte.
Tutto questo è visibile anche nella Rete, luogo in cui è ancora più evidente come si sia perso il gusto del dialogo, della ricerca della verità attraverso un confronto con gli altri. Ciò accade perché spesso si inizia a “dialogare” senza avere implicita l’idea che quanto stiamo sostenendo potrà essere cambiato dopo il confronto con l’interlocutore. Se manca questa condizione, siamo di fronte a un falso dialogo. Per riscoprire il gusto del ragionamento, è importante - tanto nella rete quanto nella società - produrre e diffondere argomentazioni razionali.
Per questo occorre, come mostrano i Giusti, abbandonare l’enfasi della propria soggettività e concentrarsi, più che sulla persona, sulle azioni. I Giusti hanno la capacità di riconoscere il Male e hanno saputo compiere un atto - pratico o intellettuale - di distacco dall’opinione comune. “C’è una luce nel Giusto - afferma Natoli nella conversazione - che intravede ciò che sta portando alla distruzione dell’uomo, e dinnanzi a tale crudeltà il Giusto problematizza la sua fede e sceglie la salvezza degli altri”.
Riportiamo di seguito la conversazione, scaricabile nel box approfondimenti in calce alla pagina
Gabriele Nissim: Oggi il mondo si trova di fronte a sfide epocali. Immigrazione, cambiamenti climatici, questioni che richiederebbero un coinvolgimento di tutti, una risposta comune. Allo stesso tempo, tuttavia, vediamo che ognuno di fronte a questa drammaticità cerca di affermare il proprio interesse. Pensavo a Spinoza, secondo cui il problema dell’uomo è l’accrescimento della potenza… Ma per accrescere la potenza bisogna fare delle cose insieme. Oggi c’è invece tendenza alla chiusura, alla cultura del nemico, all’idea che ognuno può cavarsela da solo. Questo è uno dei grandi problemi del nostro tempo. Il nemico è il sovranismo. Lo storico Timothy Snyder, nel suo bellissimo Terra nera, scrive che uno dei grandi problemi che hanno portato all’antisemitismo fu l’attacco al cosmopolitismo in Germania. E anche oggi vediamo che il cosmopolitismo viene messo in discussione, come se fosse un male che inquina l’umanità. Perché è successo?
Salvatore Natoli: Si tratta di effetti addirittura fisiologici, non patologici, della globalizzazione. Globalizzazione che ha ridisegnato la mappa del mondo, e quindi ha causato anche una ridefinizione dei rapporti di forza e una riarticolazione degli spazi. Dinnanzi a questo c’è stata una perdita di orientamento nella condotta collettiva.
La prima conseguenza è un deficit cognitivo: in questo mutamento le persone non sanno dove sono. Quando c’erano le patrie, seppure con tutte le nefandezze che hanno prodotto, le persone sapevano dove stavano e cosa avevano ai confini. Certamente poi si potevano condurre politiche di alleanza o di guerra, ma c’è era comunque una dislocazione in cui ci si guardava in faccia e si prendevano le misure su ciò che accadeva all’esterno.

Oggi invece assistiamo a un effetto generale di spaesamento. La globalizzazione, lungi da produrre una coesione, ha sostanzialmente distrutto i confini. In questa confusione le persone perdono la prospettiva. Ed è proprio in questo senso che c’è un deficit di conoscenza.
Uno dei motori fondamentali dei comportamenti collettivi è lo spaesamento: nel momento in cui non sai dove sei, la prima cosa che fai è fare strada da solo. Se non hai una meta, una prospettiva, se non sai in che direzione andare, cominci comunque a muoverti da solo. Questa logica ha innanzitutto una funzione difensiva, ma poiché nel soggetto umano c’è una componente di aggressività, spesso capita che l’individuo - senza distinguere il momento difensivo da quello offensivo - svolga azioni aggressive “autotutelandosi” giustificandole come difensive. Spesso quindi certe illusioni di idee, con cui inizi un percorso difensivo, portano alla sopraffazione di fronte a situazioni di conflitto. Ed è in questo senso che tali comportamenti generano focolai violenti.
Servirebbe quindi la costruzione di una prospettiva di unità, di giustizia.


a cura di Martina Landi
25 maggio 2017

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