Alberto Negri : :La guerra al terrorismo riparte là dove era iniziata
Anche Trump, come da 16 anni tutti i
suoi predecessori, conoscerà la polvere dell’Afghanistan. La sabbia
alzata a mulinelli dal vento penetra in bocca e nelle narici, offusca la
vista e avvolge l’orizzonte in un’atmosfera sospesa, cinerea e
giallastra, allo stesso tempo abbagliante e dalle lunghe ombre scolpite
dal ritmo veloce del passaggio delle nubi contro le montagne. Questo
luogo, soffocante di giorno, pungente di notte, è il Far West d’Oriente
degli americani, la guerra più lunga mai condotta dagli Stati Uniti.
In un anno i talebani, a volte in alleanza con l’Isis, si sono
impadroniti di 50 distretti da cui erano stati cacciati nel 2001 dopo
l’11 settembre, hanno ucciso una media di 20 soldati afghani al giorno,
6mila dal 2016, più del doppio delle perdite Usa e Nato in 16 anni di
conflitto; in attentati suicidi e con bombe artigianali (Ied)
dall’inizio dell’anno sono stati ammazzati 1600 civili, la maggior parte
nella capitale Kabul.
Ma in fondo è qui che tutto è cominciato quando l’Armata Rossa nel
dicembre 1979, dopo la rivoluzione khomeinista in Iran, invase il Paese e
gli americani con i soldi sauditi e la logistica del Pakistan
appoggiarono la guerra dei mujaheddin contro l’Urss: allora questi erano
“i nostri eroi” poi sono diventati i “barbari” jihadisti talebani e
dell’Isis che ispirano gli attentatori europei.
Jalaluddin Haqqani, ritenuto oggi uno dei più sanguinari e potenti
jihadisti, venne descritto allora come la «bontà impersonificata» da
Charlie Wilson, il deputato americano che con l’Operazione Ciclone
rifornì di missili Stinger i mujaheddin. Nel 2001, sotto i bombardamenti
Usa, Bin Laden e i leader di al-Qaida sfuggirono alla cattura grazie
agli uomini del network Haqqani.
I generali pakistani, che lo hanno sempre coccolato, ritengono
Jalaluddin e il figlio Sirajuddin tra i loro migliori alleati per
riprendere l’influenza sulla Linea Durand, la frontiera popolata dai
pashtun: per Islamabad l’Afghanistan è parte vitale della sua
“profondità strategica” perché sull’altro fronte c’è l’India. Gli Usa
riempirono di medaglie i generali pakistani che contribuirono al crollo
del Muro nel’89, ma questi sono anche i maggiori alleati esterni di
alcuni gruppi talebani pur essendo il Pakistan un Paese nel mirino degli
attentati. Con i suoi servizi segreti (Isi), Islamabad spalleggia da
sempre la guerriglia talebana e, nonostante le minacce Usa, continua a
manovrare i gruppi islamici radicali facendo leva sulle rivalità locali,
mai sopite, tra l’etnia maggioritaria dei pashtun e le altre componenti
della società afghana. E i talebani sfruttano le logiche tribali per
trasformare il conflitto su base etnica e religiosa (guerra agli sciiti e
agli hazara) e minare la stessa compagine governativa di Kabul.
In Afghanistan, teatro impegnativo anche per le forze armate italiane
che hanno schierato a Herat 900 soldati, si misurano le contraddizioni e
i limiti della strategia Usa. La dottrina americana si basa su due
pilastri: il primo è l’uso dei raid aerei e della guerra dei droni al
posto delle truppe per contrastare i talebani in Afghanistan e nel
Levante arabo al-Qaida e il Califfato; il secondo è armare e addestrare
le forze locali per combattere sul terreno. Più si va avanti e più si
capisce che i raid americani sono inefficaci mentre le forze armate
locali si disfano alla prima seria offensiva, in Afghanistan come in
Iraq, dove i jihadisti nel 2014 presero Mosul quasi senza sparare un
colpo.
E così Trump, sulla spinta dei suoi generali, dovrà inviare altre
truppe in appoggio agli 8.800 soldati Usa già sul terreno insieme ad
altri 6.500 degli alleati e della Nato. Basteranno? Il generale Roger
Turner, tornando in queste settimane nell’Helmand, dove aveva già
combattuto anni fa, ha avuto una cattiva sorpresa. I marine hanno dovuto
alleggerire l’assedio al capoluogo Lashkar Gah mentre l’intera
provincia è in mano ai talebani che hanno fatto fuori tutti i capi
tribali con cui Turner aveva a suo tempo negoziato la difesa della
regione, strategica per la guerriglia e il traffico dell’oppio. I
talebani non hanno fatto molta fatica a conquistare questa area. Gli
americani mettono i soldi per l’esercito afghano rifornendolo di armi e
carburante che poi i comandanti rivendono alla guerriglia. La polvere
dell’Afghanistan da due secoli offusca le strategie delle superpotenze.
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