Rami Khouri, La decisione di Israele di chiudere Al Jazeera è controproducente
La decisione di Israele di chiudere Al Jazeera è controproducente
Il provvedimento del governo israeliano per porre fine alle operazioni del canale televisivo Al Jazeera nel paese
non stupisce di per sé, tenuto conto dell’irritazione manifestata dal
governo nei confronti della copertura completa e in diretta che negli
ultimi vent’anni Al Jazeera ha dedicato agli eventi in Israele e nei
territori arabi che ha occupato (Palestina) o contro cui ha condotto una
guerra (Libano).
L’aspetto sconcertante della decisione del governo israeliano è di averla esplicitamente collegata alle politiche dei quattro paesi arabi
che assediano il Qatar e chiedono a loro volta la chiusura di Al
Jazeera. Questo panorama è affascinante per diverse ragioni, come per
esempio il disprezzo dei regimi autocratici nei confronti di mezzi
d’informazione liberi e professionali e il desiderio di Israele di
creare rapporti più stretti con gli stati arabi del Golfo per ottenere
di fatto carta bianca con i palestinesi, che oggi sono in una posizione
molto debole.
Questo modello di comportamento caratterizza non solo Israele e le
autocrazie arabe come l’Arabia Saudita e l’Egitto, ma emerge oggi con
evidenza in paesi della Nato come gli Stati Uniti e la Turchia, i cui
leader combattono apertamente contro i mezzi d’informazione. È una
situazione in linea con l’eredità moderna di autocrati che di solito
danno la colpa dei loro problemi ai mezzi d’informazione e a entità
straniere quando la loro autorità viene messa in discussione.
Dal governo legittimo al totalitarismo
La decisione israeliana di chiudere Al Jazeera riflette una tendenza più ampia che coinvolge autocrati di diversi continenti impegnati nel tentativo di controllare le loro società plasmando interamente il flusso di notizie e opinioni. Si tratta di un passaggio di cruciale importanza dal governo maggioritario o legittimo all’autoritarismo e poi al totalitarismo, in cui i cittadini sono trattati come robot o come bambini.
La decisione israeliana di chiudere Al Jazeera riflette una tendenza più ampia che coinvolge autocrati di diversi continenti impegnati nel tentativo di controllare le loro società plasmando interamente il flusso di notizie e opinioni. Si tratta di un passaggio di cruciale importanza dal governo maggioritario o legittimo all’autoritarismo e poi al totalitarismo, in cui i cittadini sono trattati come robot o come bambini.
Questo è più evidente in molti paesi arabi, dove i mass media sono
una riserva esangue e debole di testi e materiali audiovisivi innocui
che riflettono le diverse angolature di un unico punto di vista definito
dal governo, spesso associato alla venerazione eroica del grande leader
del paese. Israele non può farlo con il suo vivace giornalismo in
lingua ebraica, ma adesso, con la chiusura di Al Jazeera, sta cercando
di unirsi a quei governi arabi che proibiscono qualsiasi copertura
informativa che critichi le politiche dello stato.
Non c’è da stupirsi se ora i governi arabi e pure quello israeliano
prendono di mira Al Jazeera perché mette in luce aspetti reali di queste
società che i leader preferirebbero non far conoscere all’opinione
pubblica. Il successo di Al Jazeera è andato alle stelle pochissimo
tempo dopo la sua nascita, a metà degli anni novanta, proprio perché ha
fornito notizie sulle vicende politiche importanti del mondo arabo che
stavano a cuore ai comuni cittadini.
Sotto questo aspetto il canale televisivo riflette in un certo senso la permanenza di un sentimento panarabo espresso dal pubblico dell’area quando s’interessa alle storie di altri cittadini arabi che combattono per i loro diritti, la loro dignità e il loro benessere in Iraq, in Siria, in Palestina, in Egitto, in Arabia Saudita, in Yemen o in Bahrein.
Perciò agli occhi di Israele, degli autocrati arabi e di sporadici governi stranieri arrabbiati, Al Jazeera è un fenomeno pericoloso che “incita alla violenza” (per Israele), o “promuove il terrorismo” e gruppi pericolosi come i Fratelli musulmani (per l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto e qualche altra autocrazia araba).
Sotto questo aspetto il canale televisivo riflette in un certo senso la permanenza di un sentimento panarabo espresso dal pubblico dell’area quando s’interessa alle storie di altri cittadini arabi che combattono per i loro diritti, la loro dignità e il loro benessere in Iraq, in Siria, in Palestina, in Egitto, in Arabia Saudita, in Yemen o in Bahrein.
Perciò agli occhi di Israele, degli autocrati arabi e di sporadici governi stranieri arrabbiati, Al Jazeera è un fenomeno pericoloso che “incita alla violenza” (per Israele), o “promuove il terrorismo” e gruppi pericolosi come i Fratelli musulmani (per l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto e qualche altra autocrazia araba).
Questi governi dimostrano di capire bene perché Al Jazeera è così pericolosa per loro e per la loro eterna permanenza in carica
Il vero pericolo di Al Jazeera è quello di dare voce e visibilità ai
sentimenti di centinaia di milioni di uomini e donne arabi che non
possono esprimere pubblicamente i loro punti di vista né metterli al
servizio di un’azione politica pratica. Forse i regimi autocratici hanno
buone ragioni per temere Al Jazeera, tenuto conto del sentimento di
rivolta contro i governi che ha alimentato le primavere arabe del
2010-2011.
Ingenuità e incompetenza
Questi governi dimostrano di capire bene perché Al Jazeera è così pericolosa per loro e per la loro eterna permanenza in carica. Tuttavia sono anche ingenui se pensano di poter mantenere i loro paesi in condizioni di sudditanza mettendo al bando Al Jazeera, trasformando i loro mezzi d’informazione nazionali in marionette e cercando di mettere a tacere l’opinione pubblica.
Sono così incompetenti (e ai più alti livelli) che sembrano ignorare che nel nostro mondo fatto di mezzi di comunicazione digitali e social network è impossibile controllare interamente il flusso di notizie e punti di vista in qualsiasi società.
Il tasso di penetrazione dei social media in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti e in altri stati del Golfo è tra i più alti al mondo perché i cittadini, soprattutto i più giovani che formano il 60 per cento della popolazione, vogliono avere accesso a un’ampia gamma di punti di vista e a di forme d’intrattenimento, e desiderano esprimersi e discutere con altri di questioni per loro rilevanti.
Perciò vietare canali televisivi (come Al Jazeera) o strumenti di comunicazione (come WhatsApp) si rivela controproducente poiché di solito genera un desiderio più forte di accedervi. Provvedimenti del genere, inoltre, fanno apparire un governo ancora più simile a una dittatura, spingono le persone ad averne meno rispetto e lo associano alla confraternita mondiale dei criminali che controllano i mezzi d’informazione, approfondendo un divario tra stato e cittadino che può sfociare solo in tensioni sociali e politiche.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Ingenuità e incompetenza
Questi governi dimostrano di capire bene perché Al Jazeera è così pericolosa per loro e per la loro eterna permanenza in carica. Tuttavia sono anche ingenui se pensano di poter mantenere i loro paesi in condizioni di sudditanza mettendo al bando Al Jazeera, trasformando i loro mezzi d’informazione nazionali in marionette e cercando di mettere a tacere l’opinione pubblica.
Sono così incompetenti (e ai più alti livelli) che sembrano ignorare che nel nostro mondo fatto di mezzi di comunicazione digitali e social network è impossibile controllare interamente il flusso di notizie e punti di vista in qualsiasi società.
Il tasso di penetrazione dei social media in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti e in altri stati del Golfo è tra i più alti al mondo perché i cittadini, soprattutto i più giovani che formano il 60 per cento della popolazione, vogliono avere accesso a un’ampia gamma di punti di vista e a di forme d’intrattenimento, e desiderano esprimersi e discutere con altri di questioni per loro rilevanti.
Perciò vietare canali televisivi (come Al Jazeera) o strumenti di comunicazione (come WhatsApp) si rivela controproducente poiché di solito genera un desiderio più forte di accedervi. Provvedimenti del genere, inoltre, fanno apparire un governo ancora più simile a una dittatura, spingono le persone ad averne meno rispetto e lo associano alla confraternita mondiale dei criminali che controllano i mezzi d’informazione, approfondendo un divario tra stato e cittadino che può sfociare solo in tensioni sociali e politiche.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
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