Valigia Blu : ONG, l’inchiesta di Trapani, Zuccaro e il codice di condotta: domande e risposte(Video)
Una guida ai fatti sulle ultime vicende che vedono coinvolte le Organizzazioni umanitarie e il salvataggio dei migranti.
valigiablu.it|Di Andrea Zitelli
Quali sono le accuse alla ONG Jugend Rettet della Procura di Trapani?
Il 2 agosto viene fermata dalla Guardia Costiera italiana
l’imbarcazione “Iuventa” della ONG tedesca, Jugend Rettet, e scortata
nel porto di Lampedusa. In un primo momento, il comandante della
Capitaneria di porto della città, Paolo Monaco, aveva comunicato
che si trattava «di un normale controllo, che abbiamo fatto e che non
comporterà alcun problema». Ma durante la giornata viene pubblicata la
notizia che l'imbarcazione dell’organizzazione non governativa era stata
messa sotto sequestro preventivo dal giudice delle indagini preliminari
(gip) su richiesta della Procura di Trapani. I magistrati siciliani,
come riferito
in Parlamento nel maggio scorso, stavano portando avanti delle indagini
con ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina
che coinvolgevano «anche non le ONG ma soggetti appartenenti alle
organizzazioni non governative». In quell’occasione però non vennero
fornite da parte dei pm indicazioni su quale ONG fosse coinvolta
nell’inchiesta.
Nel pomeriggio del 2 agosto, il procuratore di Trapani, Ambrogio Cartosio, ha tenuto una conferenza stampa per spiegare
quali sono le accuse nei confronti della Iuventa e per «dare
all’opinione pubblica delle informazioni il più possibile formali e
corrette».
«Nel corso delle indagini – afferma Cartosio – sono emersi quelli che
il giudice delle indagini preliminari definisce ‘gravi indizi di
colpevolezza’ in ordine alla sussistenza del reato di immigrazione
clandestina» che avrebbero commesso persone dell’equipaggio
dell’imbarcazione utilizzata dalla Jugend Rettet.
Gli episodi contestati dagli inquirenti sono tre: il 10 settembre
2016, il 18 giugno 2017 e il 26 giugno 2017, anche se ve ne sono altri
che ai pm fanno ritenere "abituale" una certa condotta dell'equipaggio.
«Si è accertato che questa imbarcazione abbia effettuato interventi non
per salvare dei soggetti in pericolo di vita, ma per trasbordare
sull'imbarcazione delle persone scortate dai trafficanti libici».
Essendo però la Iuventa piccola, i migranti «consegnati» venivano
portati a bordo di altre navi o della Marina Militare o di altre ONG,
specifica il magistrato. Il procuratore dice di aver documentato (con foto e video)
degli incontri in mare tra membri dell’equipaggio e scafisti, ma
esclude collegamenti (anche per scopi economici) tra l’ONG e trafficanti
libici: «Un collegamento stabile tra la ONG e i trafficanti libici è pura fantascienza». Proprio per questo motivo, la procura non sta indagando anche per il reato di associazione a delinquere. Per Cartosio
infatti «le finalità dei trafficanti erano ben diverse rispetto a
quelle dell’equipaggio Iuventa» che avrebbe commesso quanto imputato per
«per motivi umanitari». Durante questi incontri,
continua poi il procuratore, «le motovedette della guardia costiera (ndr
libica)» hanno assistito «passivamente al trasferimento dei migranti a
bordo».
Nelle carte dell’inchiesta, che ha avuto inizio nell'ottobre del
2016, emerge anche che, in uno degli episodi contestati, uomini
dell’equipaggio della Iuventa avrebbero consentito a persone che
operavano al confine delle acque territoriali libiche di recuperare tre
imbarcazioni utilizzate dai migranti per la partenza dalle coste
nordafricane, una delle quali riutilizzata il 26 giugno per un'altra
partenza, spiega RaiNews.
Nelle riunioni operative sui salvataggi, scrivono gli inquirenti, viene
invece sempre raccomandato a chi interviene di rendere inutilizzabili i
natanti utilizzati per trasportare i migranti.
Attualmente non ci sono indagati: «Certamente i reati contestati sono
stati commessi da soggetti che operano a bordo della Iuventa, però è
necessario scendere più in dettaglio nelle emergenze probatorie al fine
di individuare le singole responsabilità», ha spiegato il procuratore.
A denunciare le presunte irregolarità di Jugend Rettet sono stati
alcuni membri dell'equipaggio della «Vos Hestia», la nave della ONG Save
the children (a bordo della quale c'era anche un agente sotto copertura),
che sarebbero stati infastiditi dalle modalità di operazione
dell’equipaggio dell'organizzazione non governativa tedesca. Gli stessi
(si legge sui giornali che stanno pubblicando parti dell’indagine
presenti nell’ordinanza di sequestro) hanno parlato anche di una sorta
di chat su Whatsapp tra i team leader delle navi umanitarie su cui
arriverebbero le segnalazioni dei barconi da soccorrere, scrive Repubblica.
Si tratta però di un fatto che deve essere ancora verificato dalla
Procura. Le indagini preliminari, ha specificato Cartosio, sono «in
progess».
Su Twitter, la ONG, ore dopo aver appreso la notizia dell’indagine,
ha scritto che “il salvataggio delle vite umana è e sarà la nostra
priorità”.
For us, the rescue of human life is and will be our top priority. pic.twitter.com/egftrvbxwk— Jugend Rettet e.V. (@jugendrettet) August 2, 2017
Leonardo Marino, l’avvocato difensore di Jugend Rettet, ha detto:
«Faremo ricorso contro il sequestro della nave Iuventa». La richiesta
di restituzione riguarderà anche i documenti e i personal computer
sequestrati.
Infine, riguardo ai reati contestati, lo stesso procuratore Cartosio,
durante l’audizione in Parlamento del maggio scorso, aveva posto la
questione dello “stato di necessità” (ndr articolo 54 del codice penale) e della sua estensione. Sul punto, in un nostro precedente approfondimento, avevamo scritto:
In base alle indagini in corso, il procuratore (ndr Cartosio) afferma che ci sono stati casi in cui soggetti che si trovavano a bordo delle navi delle ONG erano al corrente già da prima del luogo e del momento in cui avrebbero trovato le imbarcazioni con i migranti. Una situazione che pone sia un problema riguardo la regolarità dell’intervento di salvataggio ma anche dei limiti dello stato di necessità: «Su questo, procure e giudici faranno le loro valutazioni perché è chiaro che se per “stato di necessità” si intende semplicemente la situazione di chi sta annegando perché il gommone è affondato è un conto, se invece si intende anche la situazione di chi si trova in un campo di concentramento libico in cui ci sono dei trafficanti che tengono sotto la minaccia delle armi un certo numero di persone che vengono torturate, violentate, minacciate, chiaramente lo “stato di necessità” copre anche l’intervento programmato delle organizzazione non governative».
Quanto affermato dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, nei mesi scorsi c’entra con le accuse della Procura di Trapani?
Nei mesi scorsi, il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, in base a
un’indagine conoscitiva sul “fenomeno” delle organizzazioni non
governative (in cui erano escluse però Medici senza Frontiere e Save the
Children) e su indicazioni ricevute da Frontex e dalla Marina Militare,
aveva parlato
di contatti e chiamate con soggetti sulla terraferma libica, di
possibili finanziamenti ricevuti dalle organizzazioni criminali che
organizzano i viaggi in mare dei migranti e sugli scopi delle ONG aveva
detto: «Potrebbe anche essere che da parte di alcuni di queste
organizzazioni non governative si perseguono finalità di
destabilizzazione, ad esempio, dell’economia italiana».
Il procuratore di Catania, Zuccaro: "#Ong forse finanziate— Agorà (@agorarai) April 27, 2017
da trafficanti". Il servizio di @valeriaferrant1 e @MatteoBarzini #agorarai pic.twitter.com/eGskdirohc
Parole che avevano provocato forti polemiche. Motivo per cui Zuccaro aveva poi precisato all’Ansa
che sul ruolo di «alcune ONG sulle operazioni di salvataggio di
migranti e sui loro finanziamenti» aveva delle «ipotesi di lavoro, che
non sono al momento prove» e di aver voluto denunciare «un fenomeno e
non singole persone».
Da quanto emerso finora invece dall’indagine di Trapani, si parla di
incontri/contatti in mare tra uomini dell’equipaggio di Jugend Rettet e
trafficanti, di fantascienza se si ipotizza un collegamento (anche
economico) stabile tra la ONG e i trafficanti libici e di finalità della
Iuventa comunque “umanitaria”.
Il codice di condotta è collegato con l’inchiesta di Trapani?
Jugend Rettet è una delle sei ONG che non hanno firmato il cosiddetto “codice di condotta”,
un regolamento voluto dal governo italiano (con il sostegno dell’Unione
Europea) in cui sono sono elencati una serie di comportamenti a cui le
ONG devono sottostare durante le operazione di salvataggio in mare. In
un primo momento dopo il blocco dell’imbarcazione a Lampedusa, si era
pensato che il fermo fosse dovuto alla mancata firma. Il procuratore
Cartosio, però, durante la conferenza stampa ha negato
qualsiasi nesso – «per evitare il ripetersi del reato, abbiamo chiesto,
come prevede la legge, il sequestro che non c’entra nulla con il fatto
che la ONG tedesca non abbia firmato» – e specificato
che il provvedimento di sequestro era stato richiesto dalla Procura il
17 luglio scorso, circa quindici giorni prima l'annuncio della mancata
firma del codice da parte di Jugend Rettet.
Quali sono le ragioni di chi ha deciso di non firmare e quelle di chi ha sottoscritto il codice?
Medici senza frontiere (MSF) e Jugend Rettet hanno deciso di non
firmare il documento del governo. Gabriele Eminente, direttore generale
di MSF Italia ha spiegato i motivi: «Il problema è che il codice di
condotta prevede che la polizia giudiziaria salga a bordo con le armi di
dotazione. E questo principio non lo accettiamo in nessuno dei settanta
paesi dove lavoriamo». In un video pubblicato su Twitter, Eminente ha
anche specificato che «MSF non ha nessun problema con la presenza di
ufficiali di polizia a bordo. Già oggi accade, accade ogni volta che
entriamo in porto e in altre occasioni». Altra questione è che «il
codice di condotta prevede il divieto di trasferire persone da una nave
all’altra. Un sistema in cui i trasbordi sono vietati vuol dire
potenzialmente rischiare di avere più morti in mare».
Perché #MSF non ha potuto firmare il Codice di Condotta #ONG? Le risposte nel #video. Guarda e RITWITTA pic.twitter.com/btC3UIwJ7q— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) August 3, 2017
L'ONG tedesca in un post su Facebook ha affermato
che parti del codice sono in contrasto "con i principi umanitari su cui
si basa il nostro lavoro". Jugend Rettet ha aggiunto anche di non voler
fermare il dialogo con il governo: "è per questo che abbiamo chiesto al
ministro dell'Interno italiano di utilizzare l'organizzazione marittima
internazionale o l'Istituto Nautico come mediatore neutrale".
Save the children, Moas, Proactiva open arms e Sea Eye
hanno invece firmato il codice di condotta. Il direttore generale di
Save the children, Valerio Neri, ha spiegato che le attività di ricerca e
salvataggio in mare, fin dall’inizio delle operazioni nel 2016, si sono
svolte in linea con le indicazioni del codice di condotta. «Nel caso di
un paio di articoli che ci preoccupavano, come per esempio il divieto a
fare trasbordi, siamo stati rassicurati dal fatto che sia stata
inserita la possibilità di farli su indicazione della centrale operativa
della guardia costiera». Per quanto riguarda la presenza della polizia
giudiziaria Neri ha spiegato di avere chiesto al Ministero di inserire
una clausola che rispetti i princìpi umanitari dell’organizzazione, si legge su Internazionale.
Non hanno invece partecipato alla riunione di fine luglio al
Ministero, per il firma, le altre ONG: Sos Méditerranée, Sea Watch e
LifeBoat.
Quali sono le conseguenze per chi non firma?
In un comunicato
il Ministero dell’Interno ha fatto capire che ci saranno delle
conseguenze concrete per le organizzazioni che si sono rifiutate di
sottoscrivere il codice. All’Huffpost fonti del Viminale hanno detto
che non trattandosi di una legge "non si prevedono sanzioni in caso di
inosservanza". Chi non ha firmato, molto probabilmente, subirà invece
controlli più rigorosi e stringenti. Non sono ancora state chiarite,
comunque, le conseguenze concrete pensate dal governo.
Ma prima del "codice di condotta" i salvataggi avvenivano senza regole?
I salvataggi in mare sono già regolati dal Codice della navigazione
italiana e dalle convenzioni previste dall'International Maritime
Organization (IMO, agenzia dell'ONU per la cooperazione marittima tra i
paesi membri e la sicurezza della navigazione). Inoltre, tutte le fasi
delle procedure di soccorso dei migranti sono coordinate dal Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo (MRCC) di Roma (qui come funziona nel dettaglio). Nicola Stalla, coordinatore delle operazioni per SOS Méditerranée
ha spiegato durante un'audizione in Senato dell'aprile scorso: «I
soccorsi possono partire in due modi. O ci chiama l'MRCC e ci indica la
posizione di una barca in difficoltà che possiamo raggiungere facilmente
perché siamo la nave più vicina, oppure noi individuiamo l'imbarcazione
con il nostro servizio attivo di Search and rescue – ossia con
radar e binocoli. Anche in quel caso, comunque, informiamo
immediatamente l'MRCC della presenza della barca e seguiamo le
indicazioni per il salvataggio».
Eminente di MSF Italia ha dichiarato a Open Migration:
«Noi continueremo a rispettare le regole che abbiamo sempre rispettato,
e una delle cose importanti è proprio questa: questa proposta di codice
da parte del Ministero andava ad aggiungersi a un sistema di regole
riconosciute che già rispettavamo tutti (…). Quindi se continuiamo a
rispettare le regole, non vedo cosa potrebbe cambiare».
Tra le critiche
ricevute dal "codice di condotta", c'è quella di essere in gran parte
il duplicato di norme già presenti nel Codice della navigazione italiana
e nelle convenzioni internazionali. Francesco Del Freo, avvocato
esperto di diritto del mare, intervistato da Lettera 43,
ha dichiarato ad esempio che «le leggi internazionali già prevedono
sanzioni, il codice non aggiunge nulla. Le problematiche sollevate dal
codice sono del tutto irrilevanti».
Foto anteprima via Corriere del Mezzogiorno
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