Giorgio Gomel :Israele, gli antisemiti e gli ebrei della diaspora
di Giorgio Gomel
Come ho argomentato più a lungo in “Diaspora e Israele, esilio e
stato-nazione: due famiglie separate del popolo ebraico?”
(Rassegna mensile di Israel, 1, 2016), vi è una biforcazione in
atto nell’ebraismo, fra Israele, stato-nazione degli israeliani,
e la diaspora, nelle Americhe e in Europa, dove gli ebrei vivono
integrati in società che si stanno trasformando, seppure con
lacerazioni e regressi, verso forme di convivenza
multiculturale. Gli ebrei di Israele vivono un’esistenza
nazionale sotto un governo “ebraico” dotato degli strumenti
classici di uno stato sovrano - esercito, polizia, giustizia. Un
governo che persegue interessi geopolitici propri, dettati anche
dalle ovvie esigenze della realpolitik in un mondo complicato e
in un Medio Oriente scosso da immani catastrofi. Gli ebrei
diasporici sono cittadini degli stati in cui vivono, alle cui
leggi si conformano, alla cui vita civile partecipano. Israele
pretende spesso di rappresentare gli ebrei del mondo nella loro
totalità e di difenderne le ragioni di un’esistenza sicura,
pacifica e scevra da persecuzioni. Di più, spesso proclama di
agire per conto e in difesa del popolo ebraico nella sua
interezza, come dopo gli attentati antisemiti in Francia o
Belgio o nell’opposizione agli accordi con l’Iran.
Tre episodi recenti sembrano però contraddire questo assioma: le marce
razziste di Charlottesville negli Stati Uniti, la nefasta
retorica antisemita agitata in Ungheria contro George Soros;
l’avanzata dell’estrema destra nelle elezioni tedesche. Tre casi
in cui alle reazioni preoccupate del mondo ebraico all’irrompere
nello spazio pubblico di forme aperte di razzismo antiebraico ha
corrisposto un silenzio opportunistico da parte del governo in
carica in Israele.
Già poco dopo l’elezione di Trump
diverse associazioni ebraiche
politicamente progressiste avevano dichiarato in una loro
lettera aperta al Presidente che “ … espressioni di xenofobia,
islamofobia, misoginia intorno alla sua campagna minacciano di
compromettere i valori fondanti della nostra nazione… Proprio
perché molte delle nostre famiglie giunsero nel paese fuggendo
dalle persecuzioni lottiamo per difendere l’identità
dell’America come luogo di rifugio.” Anche l’Antidefamation
League, un’antica associazione dedita alla battaglia contro il
pregiudizio etnico-religioso, dichiarò nell’occasione di
un’audizione del suo direttore Greenblatt presso la Knesset che
“l’antisemitismo è penetrato nel linguaggio comune in modi che
molti ebrei che hanno vissuto gli orrori della Germania nazista
trovano sconvolgente e … che la alt-right - la cosiddetta
destra alternativa affermatasi negli Stati Uniti - è solo un
nome nuovo di un’idea vecchia, cioè la supremazia bianca”. Dopo
le violenze di Charlottesville e l’ambiguo atteggiamento di
Trump che postulava una sorte di equivalenza morale fra gli
estremisti della destra razzista e i loro avversarti
antirazzisti, ben quattro organismi rappresentativi del
rabbinato americano (Central Conference of American Rabbis e
Religious Action Center of Reform Judaism, riformati; Rabbinical
Assembly, conservative; Reconstructionist Rabbinical Association)
hanno reagito duramente annullando da parte loro una vecchia
tradizione di incontri augurali fra il Presidente e il mondo
ebraico per il nuovo anno.
In Ungheria, malgrado la protesta dell’ambasciatore di Israele contro
la diffusione di articoli, manifesti nelle strade, trasmissioni
radio TV diretti contro George Soros e gravidi di stereotipi
antiebraici, Netanyahu, in visita di stato a Budapest, non ha
reagito, almeno pubblicamente, esprimendo critiche al governo di
Orban. Soros, che sostiene ONG israelo-palestinesi dedite alla
difesa dei diritti umani e della pace, è evidentemente un
avversario per la destra al potere in Israele assai più ostico
dello stesso Orban.
Infine, la Germania. Il Consiglio centrale degli ebrei tedeschi ha
espresso subito dopo il voto la sua apprensione per il fatto che
“per la prima volta un partito populista di destra vicino a
gruppi della destra estrema è rappresentato in Parlamento”.
Persino Ronald Lauder, Presidente del Congresso mondiale ebraico
e generalmente assai vicino a Netanyahu, ha usato un linguaggio
molto duro definendo il partito Afd “un movimento reazionario
che richiama il peggio del passato germanico e che può oggi
predicare il suo nefando programma in seno al Parlamento”.
Scrivono Shimon Stein, ex Ambasciatore israeliano in Germania -
e Moshe Zimmermann - professore di storia all’Università ebraica
di Gerusalemme - in un articolo di fine settembre su Haaretz,
“.. la presunta alleanza contro musulmani o arabi, suggerita da
AfD e altri populisti è un disastro che Israele deve evitare ad
ogni costo. Non solo è un’alleanza immaginaria, ma un tradimento
della battaglia contro l’antisemitismo e dei valori umani
fondamentali del sionismo... Essere ciechi rispetto al razzismo
e all’intolleranza in Germania, in Europa, nella speranza di
conseguire un appoggio alle politiche di Israele nei territori
occupati è una disgrazia. La Afd non è soltanto un altro dei
tanti movimenti populisti che agitano l’Europa. È un movimento
che intende invertire lo sforzo intrapreso dalla Germania
democratica per apprendere dal passato orrendo le lezioni
necessarie per un futuro di tolleranza”.
Per il governo
di Israele e i suoi apologeti anche nel mondo ebraico
l’appoggio, anche se strumentale e provvisorio, della destra pur
inquinata dall’antisemitismo ma accanita avversaria dell’Islam è
una seduttiva lusinga. Un’illusione purtroppo. Per la difesa del
futuro degli ebrei è invece più efficace, oltreché eticamente
degno, combattere il razzismo e le discriminazioni rivolte oggi
contro altri soggetti deboli o emarginati. Vi è un interesse
oggettivo degli ebrei, infatti, nel lottare contro forme di
intolleranza quand’anche non colpiscano direttamente gli ebrei e
nel vivere in società plurali ed aperte, in cui le identità,
soprattutto di minoranza, siano rispettate. Ne è una prova la
travagliata storia degli ebrei in cui troppe volte razzismo,
esclusione sociale, discriminazione religiosa si sono riflessi
in odio antiebraico.
Giorgio Gomel
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