Limes: notizie geopolitiche del 18 ottobre
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LA CINA DI XI
Si è aperto a Pechino il 19° Congresso del Partito comunista cinese,
il consesso che ogni cinque anni fissa le linee strategiche della
Repubblica Popolare e nomina i ruoli chiave ai vertici delle istituzioni
del paese.
Il presidente Xi Jinping, dopo un
quinquennio da leader della nazione in cui ha accentrato il potere e
rimodellato gli equilibri interni, ha aperto
l’appuntamento con un discorso fiume di oltre tre ore nel quale ha
enucleato avanzamenti e obiettivi a medio e lungo termine di Pechino.
Se da una parte ha escluso che ci saranno
riforme politiche (leggi liberal-democrazia occidentale), dall’altra ha
affermato che si procederà verso una maggiore apertura ai mercati
economici e finanziari internazionali – malgrado lo sviluppo economico
continui a essere trainato dalle imprese di Stato. Da qui l’annuncio di
una “opportunità strategica” e di una “nuova èra” per lo sviluppo della
Cina, guidata da un partito “ancora più forte”.
In buona sostanza, nel solco
dell’espansione dell’ultimo ventennio, la Repubblica Popolare proseguirà
sul cammino intrapreso a partire dall’èra Deng Xiaoping, il socialismo
(di mercato) con caratteristiche cinesi. Adattando la propria strategia
diplomatica, militare ed economico-finanziaria alle esigenze interne e
alle evoluzioni nello scacchiere globale, soprattutto alle mosse del
presidente Usa Donald Trump.
All’analisi dell’ideologia di Xi e del rafforzamento della sua leadership è dedicata la puntata settimanale del Bollettino Imperiale.
USA E BALCANI [di Federico Petroni]
L’assemblea nazionale della Republika Srpska ha approvato una risoluzione
in cui si dichiara la neutralità militare della regione autonoma della
Federazione di Bosnia ed Erzegovina. Con questa mossa, le autorità di
Banja Luka vorrebbero ostacolare il processo di adesione di Sarajevo
alla Nato, da tempo obiettivo dei governi bosniaci. L’Alleanza Atlantica
è molto impopolare fra i serbi, compresi quelli che vivono in Bosnia,
anche se le élite di Belgrado stanno coltivando un rapporto sempre più
stretto con l’organizzazione militare.
La Republika Srpska si conferma potenziale focolaio di crisi nei Balcani, in grado non solo di mettere a repentaglio la tenuta stessa del già bucherellato Stato bosniaco,
ma pure di inserirsi nella competizione fra le grandi potenze in Est
Europa, intessendo rapporti sempre più stretti con la Russia.
Banja Luka non è l’unico centro di potere
a chiamare in causa l’interesse atlantico nei Balcani. Pochi giorni fa,
il neopremier kosovaro Haradinaj si è appellato direttamente agli Stati
Uniti affinché medino con la Serbia sulle questioni
che dividono i due attori sull’implementazione degli accordi del 2013.
Difficilmente Washington si farà trascinare nei pantani serbo-bosniaco e
kosovaro, ma il surriscaldamento di uno dei due dossier imporrebbe un
intervento, quantomeno sull’impeto dalla percezione che Mosca ne possa
approfittare per ampliare la propria influenza.
COREA DEL SUD
Seoul sta valutando l’imposizione di sanzioni unilaterali contro il regime di Kim. Incerta sulla deterrenza garantita dagli Stati Uniti a fronte della minaccia nucleare di P’yongyang diretta contro la costa orientale degli Stati Uniti, la Corea del Sud (al pari di Tokyo) potrebbe spingere per il dispiegamento di ordigni nucleari in suolo patrio.
Seoul sta valutando l’imposizione di sanzioni unilaterali contro il regime di Kim. Incerta sulla deterrenza garantita dagli Stati Uniti a fronte della minaccia nucleare di P’yongyang diretta contro la costa orientale degli Stati Uniti, la Corea del Sud (al pari di Tokyo) potrebbe spingere per il dispiegamento di ordigni nucleari in suolo patrio.
Se ne discuterà tra due settimane quando arriverà a Seoul il commander-in-chief
degli Usa, che toccherà poi i paesi chiave per gli equilibri regionali
quali Giappone e Cina, ma anche pedine come Vietnam e Filippine.
Più di una nuova guerra in Corea e vista
la sterilità sinora della via diplomatica con P’yongyang, il rischio
strategico più concreto con cui si confronta l’Estremo Oriente è la
proliferazione. Corea del Sud, Giappone e Taiwan sono potenze nucleari
virtuali, in grado di dotarsi dell’atomica nel giro di poco tempo.
Tuttavia, un ufficiale superamento della soglia non potrebbe essere
accettato da Cina e Russia, che rafforzerebbero il proprio dispositivo
militare, anche non convenzionale. Tale nuova corsa agli armamenti
potrebbe normalizzare la Bomba, banalizzandone l’eventuale uso.
CATALOGNA
Prosegue il gioco delle parti sulla questione Catalana. Dopo che la Corte costituzionale spagnola ha dichiarato nulla la legge sul referendum del 1° ottobre, almeno 200 mila persone hanno protestato ieri sera a Barcellona per l’arresto da parte di Madrid dei due “prigionieri politici“, gli indipendentisti Sanchez e Cuixart, accusati di sedizione.
Prosegue il gioco delle parti sulla questione Catalana. Dopo che la Corte costituzionale spagnola ha dichiarato nulla la legge sul referendum del 1° ottobre, almeno 200 mila persone hanno protestato ieri sera a Barcellona per l’arresto da parte di Madrid dei due “prigionieri politici“, gli indipendentisti Sanchez e Cuixart, accusati di sedizione.
Stamane il premier spagnolo Rajoy ha invitato la Catalogna all’equilibrio in un discorso tenuto
in parlamento, reiterando la scadenza di domani per il presidente della
Generalitat Puigdemont, che dovrà chiarire se ha dichiarato o meno
l’indipendenza. In tal caso, è stata minacciata l’attivazione dell’art.
155 della Costituzione, il quale prevede il commissariamento della
Generalitat.
Eppure, arrivare allo strappo definitivo
non conviene a nessuna delle parti; ecco perché, reprimende e retoriche
accuse reciproche a parte, si cerca una via d’uscita
che preservi l’integrità territoriale di Spagna e risponda, quanto meno
parzialmente, alle istanze autonomistiche (soprattutto in materia
fiscale) avanzate negli ultimi anni dalla Catalogna. Con un sospiro di sollievo delle cancellerie europee e di Bruxelles.
BREXIT
Il Regno Unito accusa Bruxelles di rallentare artatamente i negoziati, in modo da mettere pressione a Londra e strapparle maggiori concessioni economiche. Lo ha dichiarato il segretario per il Brexit Davis Davis, nonostante la visita a sorpresa di Theresa May di lunedì nella capitale belga, dove ha incontrato il presidente della Commissione Ue Juncker. Al termine del vertice, gli esecutivi comunitario e britannico hanno emesso una dichiarazione congiunta in cui reiteravano l’impegno ad “accelerare” le trattative.
Il Regno Unito accusa Bruxelles di rallentare artatamente i negoziati, in modo da mettere pressione a Londra e strapparle maggiori concessioni economiche. Lo ha dichiarato il segretario per il Brexit Davis Davis, nonostante la visita a sorpresa di Theresa May di lunedì nella capitale belga, dove ha incontrato il presidente della Commissione Ue Juncker. Al termine del vertice, gli esecutivi comunitario e britannico hanno emesso una dichiarazione congiunta in cui reiteravano l’impegno ad “accelerare” le trattative.
L’oggetto del contendere resta il saldo
da pagare per l’uscita di Londra dall’Unione. Senza un accordo, il
Consiglio europeo che si aprirà domani non darà il via libera alla
seconda fase del negoziato, relativa alla futura relazione economica tra
Regno Unito e Ue e dunque a questioni come il confine tra Repubblica
d’Irlanda e Irlanda del Nord (la cui Banca centrale è tornata ad ammonire sulle nefaste conseguenze finanziarie di un hard Brexit).
Ha collaborato Marco Terzoni. https://goo.gl/q6QFHh
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