Fulvio Scaglione :Pericolo russo nel Baltico? Una bufala per coprire il fallimento politico occidentale





Il pericolo guerra fredda serve alla Nato a ottenere nuovi finanziamenti. Ma è la politica occidentale nel confronti dell’orso ex sovietico che fa acqua. E fomenta…
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Allegri ragazzi, abbiamo una nuova parola d’ordine: “contenere la Russia”. Per un po’ abbiamo giocherellato con “i terroristi viaggiano sui barconi dei migranti”, poi con “i foreign fighters sono di ritorno in Europa e pronti a colpire”, poi con “Kim Jong-un vuole l’apocalisse atomica”. Ma vuoi mettere come funziona il vecchio e caro babau dei comunisti che mangiano i bambini, anche se i comunisti non ci sono più e di bambini non ne facciamo?
Come sempre, come quando si dava per imminente, or non è molto, l’invasione russa dei Paesi Baltici, sono bastate due dichiarazioni del Pentagono e della sua agenzia in Europa, la Nato, perché Tv e giornali si dessero da fare. Pare quindi che il Regno Unito si sia sentito minacciato da una nave da guerra russa che gironzolava “vicino alle acque territoriali britanniche nel Mare del Nord”, come se “vicino” volesse dire “dentro”. E che i sottomarini russi che incrociano nell’Atlantico mettano in pericolo gli Usa, perché sui fondali passano i cavi in fibra ottica essenziali ai collegamenti internazionali. Come se le acque dell’Atlantico fossero una proprietà della Casa Bianca e la Russia non facesse altro che tagliare cavi. Si frega in ogni caso le mani Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, che pregusta nuovi finanziamenti e infatti dichiara: “Sono una vera minaccia (i sottomarini, n.d.r), per l’Alleanza è essenziale garantire che le rotte atlantiche siano aperte e sicure”. Si vede che a lui risultano navigli silurati dai russi e a noi no.
 

La verità che non vogliamo riconoscere è una sola. Che il sistema migliore per “contenere la Russia” è contenere le nostre cazzate. La Russia andava integrata in Europa, che era poi ciò che nei primissimi anni Novanta i russi desideravano sopra ogni cosa. Si sentivano europei, volevano esserlo
Il repertorio russofobo diventa ogni giorno più ricco e, insieme, più sciocco. Salta fuori anche l’ammiraglio Andrew Lennon, capo delle forze sottomarine della Nato, che dichiara: “La Russia si sta chiaramente interessando alle attività della Nato. E dunque anche alle infrastrutture sottomarine della Nato”. Cioè, la Russia fa il suo mestiere, spia e controlla gli avversari, i quali invece sono assai perbene e chissà che ci fanno con le loro “infrastrutture sottomarine”: forse grandi partite a battaglia navale tra alleati.
Nessuno che si chieda, anche solo per un minuto, come tutto ciò sia possibile. Cioè: può un Paese come la Russia, che i tenorini dell’informazione definiscono “con l’economia a pezzi”, che un politico come John McCain (altro genio) definisce “un distributore di benzina travestito da nazione”, che molti ritengono governata da un clan di bruti capaci solo di ammazzare e rubare, che viene descritta come una specie di Terzo Mondo quanto a innovazione e tecnologie, minacciare l’orbe terracqueo? Insidiare l’Europa, attaccare gli Usa, tenere in scacco la Nato, provocare la Brexit, far eleggere Trump, eccitare la Catalogna, portare al successo i movimenti “populisti”? Cioè sfidare a casa loro un insieme di potenze economiche e militari che in teoria potrebbero mangiarsela in un sol boccone? Non è che i vari Stoltenberg e compagnia ci stanno prendendo per i fondelli?
Tanto più se pensiamo a quanto è stato fatto nel recente passato per neutralizzarla. Abbiamo distrutto la Jugoslavia e ridisegnato i Balcani. Allargato l’Unione Europea a dismisura per toglierle zone d’influenza e spazio economico. Portato la Nato, che ha basi a 150 chilometri da San Pietroburgo, ai suoi confini. Costruito un sistema missilistico in Polonia e Romania che può minacciarla direttamente. Fomentato con il mercenario Saakashvili una guerra tra Russia e Georgia. Organizzato un colpo di Stato in Ucraina per darle la mazzata finale. Armato chiunque strepitasse contro l’orso (ex?) sovietico. E adesso siamo lì che ce la facciamo sotto? Soccombiamo in mare, in terra e nel cyberspazio? E frigniamo perché una nave russa passa in vista delle nostre coste? Che cos’è andato storto, ce lo chiederemo mai?
La verità che non vogliamo riconoscere è una sola. Che il sistema migliore per “contenere la Russia” è contenere le nostre cazzate. La Russia andava integrata in Europa, che era poi ciò che nei primissimi anni Novanta i russi desideravano sopra ogni cosa. Si sentivano europei, volevano esserlo. Per loro la fine dell’Urss quello era, quello avrebbe dovuto comportare: libertà e benessere da europei. L’Europa occidentale, a sua volta, avrebbe attinto a migliori condizioni allo sterminato bacino energetico russo e le sue industrie avrebbero potuto insediarsi in un mercato potenziale da 150 milioni di consumatori. Bastava dar loro una mano e aspettare. Ma non andava bene agli americani, sempre impauriti da un’Eurasia che avrebbe avuto i numeri per rivaleggiare con loro. Così dentro tutti tranne i russi.
Il Gruppo di Visegrad, che dei principi comunitari stanno facendo strame. Paesi populisti (questi sì, sul serio) di destra che abbiamo vezzeggiato in ogni modo pur di sottrarli all’influenza di Mosca, che ora prendono i soldi a Bruxelles e gli ordini a Washington e stanno facendo saltare il banco, come lo sprofondo del piano europeo di redistribuzione dei migranti dimostra
Risultato: la Russia è stata spinta sempre più verso Est, fino a “costringerla” a un’alleanza strategica con la Cina, la Cina affluente e aggressiva di oggi, cosa che difficilmente può essere considerata un bene per gli interessi dell’Occidente. Inoltre, appena ripresasi dalle prostrazioni della perestrojka e dell’éra Eltsin, la Russia ha deciso che di porgere altre guance non valeva più la pena, vedi Crimea e Donbass (ma anche Siria, e prima ancora Cecenia e Georgia). E noi europei ci siamo cuccati il disastro dell’Ucraina, la Polonia che ora mettiamo all’indice più il resto del Gruppo di Visegrad, che dei principi comunitari stanno facendo strame. Paesi populisti (questi sì, sul serio) di destra che abbiamo vezzeggiato in ogni modo pur di sottrarli all’influenza di Mosca, che ora prendono i soldi a Bruxelles e gli ordini a Washington e stanno facendo saltare il banco, come lo sprofondo del piano europeo di redistribuzione dei migranti dimostra.
Per non dimenticare quei fenomeni dei Baltici. In Lettonia omaggiano il nazismo. Ogni anno i superstiti di coloro che si arruolarono da volontari nelle Waffen SS (140 mila, in un Paese che oggi ha 2,3 milioni di abitanti) sfilano orgogliosi per le vie di Riga, capitale di un Paese membro Ue, e a loro è stata concessa la nomina di “combattente per la libertà”, più un congruo vitalizio. Più in generale, Lituania, Estonia e Lettonia si gingillano con l’idea di una guerra contro la Russia, che la Nato dovrebbe combattere in Europa perché loro possano vendicarsi del vecchio gioco sovietico.
Ma davvero pensavamo che una nazione dalla storia millenaria non avesse orgoglio? O che bastasse chiamarlo “nazionalismo” per archiviare la pratica? “Contenere la Russia”, adesso, è un’espressione priva di significato. Al più, al più un gioco futile e inutile. Come chiederle di rinunciare a difendere l’interesse nazionale. I cinesi forse lo fanno? Gli americani? Gli israeliani? I giapponesi? Noi europei l’abbiamo fatto, ma perché dovrebbero farlo anche gli altri? Impariamo a convivere con questa Russia, che sarà meglio.



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