Hamza Abu Eltarabesh Come lo Stato Islamico tiene in ostaggio Gaza
21 dicembre 2017,The Electronic Intifada
Quando
Rami Fawda ha sentito che era prevista finalmente l’apertura del valico
di Rafah, la sua reazione è stata di sollievo misto a preoccupazione.
Il
sollievo era dovuto al fatto che il quarantaquattrenne ingegnere vive ad
Ankara, in Turchia, dove lavora da 13 anni e vi doveva tornare. Era
arrivato a Gaza durante l’estate per visitare la sua famiglia, solo per
la seconda volta da quando era andato via, ma era rimasto bloccato,
cercando inutilmente per tre volte di ottenere il passaggio attraverso
Rafah – il confine tra Gaza e l’Egitto.
Allora
Fawda ha cercato di andarsene in ottobre, quando le autorità egiziane
hanno annunciato l’apertura prevista di Rafah in seguito ai tanto
sbandierati negoziati preliminari di unità da poco conclusi tra i
partiti palestinesi Fatah ed Hamas al Cairo. Ma anche questa possibilità
è naufragata, questa volta a causa di un attacco ad un posto di
controllo dell’esercito egiziano nel Sinai che ha causato 30 vittime,
compresi sei soldati, attribuito al gruppo dello Stato Islamico.
Quell’attacco
del 15 ottobre era la ragione della preoccupazione di Fawda. Negli
ultimi mesi le rarissime aperture – il valico di Rafah è rimasto in
funzione per soli 30 giorni circa in tutto il 2017 – sono state
temporanee e di nuovo annullate in seguito ad attacchi di miliziani nel
Sinai.
L’effetto
concreto significa che i militanti del Sinai, molti dei quali hanno
dichiarato la propria adesione allo Stato Islamico, con le loro azioni
possono tenere in ostaggio due milioni di palestinesi di Gaza.
Non è più un problema egiziano
Fawda
ha avuto maggiore fortuna a novembre, ma per un pelo. Il valico è stato
aperto il 18 novembre per tre giorni, ed ha cercato di ottenere un
permesso per andarsene. Se avesse tardato una settimana, quando il Cairo
ha annunciato altri tre giorni di apertura, sarebbe di nuovo rimasto
deluso. Il 24 novembre uomini armati hanno attaccato una moschea nel
Sinai, uccidendo più di 300 persone. Il valico di Rafah è rimasto chiuso
fino alla scorsa settimana.
Fawda
ha parlato di controlli di sicurezza e di una ingente presenza militare
al confine sul lato egiziano. Quando è stato raggiunto per telefono, ha
detto ad Electronic Intifada che l’Egitto ha “la stessa paura che
abbiamo noi.” Fawda ha affermato che i miliziani salafiti del Sinai, in
precedenza di “Ansar Beit al-Maqdis”, che nel 2014 è diventato Stato
Islamico – Provincia del Sinai, hanno di fatto unito le loro forze a
Israele nell’ “assediare Gaza”.
Hanno
sicuramente trovato un modo per fare pressione sia sull’Egitto che su
Hamas. Hamas, spinto dalla necessità di aprire Gaza al mondo esterno, ha
stipulato una serie di accordi con il Cairo per aiutare l’Egitto a
combattere quella che è diventata una vera e propria insurrezione nel
Sinai.
Questi
includono la costituzione di una zona di sicurezza lungo il confine tra
Gaza e il Sinai e l’arresto di miliziani del Sinai a Gaza e hanno già
provocato la rottura dei rapporti da tempo difficili tra Hamas e i
salafiti nella stessa Gaza che si è riacutizzata negli ultimi 10 anni.
Secondo
Mukhaimer Abu Saada, un analista politico e docente all’università
Al-Azhar di Gaza, Hamas ha pagato un prezzo per aver migliorato i suoi
rapporti con l’Egitto. “Quando Hamas si è scagliata contro i militanti
salafiti, lo Stato Islamico nel Sinai ha iniziato delle ritorsioni,
minacciando le operazioni di Hamas lì, compresi i suoi interessi
commerciali e il contrabbando di armi,” dice Abu Saada.
Il
conflitto nel Sinai è quindi diventato una lotta più vasta, che ha un
impatto diretto su Gaza. A Gaza Israele è universalmente visto come il
principale beneficiario dell’ostilità tra lo Stato Islamico e Hamas.
E le
tensioni generano altre tensioni. Le forze di sicurezza di Hamas hanno
arrestato sospetti membri dello Stato Islamico nella zona di Tal
al-Sultan a Rafah in risposta al primo attacco suicida rivendicato dallo
Stato Islamico a Gaza in agosto. Che a sua volta è arrivato dopo che
Hamas si è scagliato contro le infiltrazioni dentro e fuori Gaza.
Da
allora il numero di arresti ha iniziato ad aumentare. Ashraf Issa, un
ufficiale dei servizi di sicurezza interni di Gaza diretti da Hamas, ha
detto a Electronic Intifada che ora ci sono 550 sospetti combattenti
dello Stato Islamico in carcere a Gaza.
Ma
in cambio ciò minaccia alcuni degli interessi vitali di Hamas, non
ultimo il sistema di rifornimento attraverso il Sinai, da lungo tempo
utilizzato come rotta di contrabbando per ogni genere di beni ed
esigenze, così come di armi e munizioni.
Prendere di mira Hamas
Sicuramente
questa è la minaccia che lo Stato Islamico vorrebbe rappresentare.
Secondo uno dei dirigenti dello Stato Islamico del Sinai che opera con
il nome di battaglia di Muhammad al-Yamani e che è stato raggiunto
grazie al telefono di un parente, ogni operazione dello Stato Islamico
“è una risposta alle azioni di Hamas e dell’Egitto contro i nostri
membri.”
Al-Yamani
ha giurato di continuare a colpire le posizioni militari egiziane nel
Sinai e ha messo in guardia Hamas che, se continua ad arrestare membri
dello Stato Islamico, “distruggeremo il loro sistema di
approvvigionamento militare.”
Ha aggiunto: “Stiamo controllando tutti i convogli che attraversano il Sinai.”
Ha riattaccato prima che il giornalista potesse fargli altre domande.
I
principali bersagli dello Stato Islamico nel Sinai sono gli egiziani.
Significativamente, il 24 novembre uomini armati hanno aperto il fuoco
in una moschea nei pressi di El Arish nel Sinai durante le preghiere del
venerdì, il peggiore attacco di questo tipo nella storia contemporanea
dell’Egitto.
Ma
lo Stato Islamico è stato molto attivo anche nella zona di confine tra
Gaza e l’Egitto. Lo scorso ottobre tre palestinesi che lavoravano nei
pressi del confine sono stati rapiti con un’operazione attribuita allo
Stato Islamico. Secondo Abd al-Rahman Odeh, un responsabile della
sicurezza di Hamas, sono stati picchiati ed interrogati per circa 12 ore
in territorio egiziano e poi rilasciati quando è risultato evidente che
nessuno di loro era membro di Hamas.
Odeh insinua che l’operazione sia stato un tentativo di fare pressione su Hamas per uno scambio di prigionieri.
Poi, più tardi in ottobre, Tawfiq
Abu Naim, il capo dei servizi di sicurezza interna di Hamas, è rimasto
ferito da un’autobomba che Hamas ha definito un tentativo di assassinio
fallito. Due membri del gruppo salafita di Gaza sono stati arrestati
dopo l’attentato. Una fonte vicina agli investigatori, che ha parlato in
condizione di anonimato, ha confermato che Hamas accusa lo Stato
Islamico dell’operazione.
Sabotatori ovunque
Importanti
esponenti di Hamas inizialmente hanno ipotizzato che dietro
all’operazione ci fosse Israele, ma probabilmente più che altro per
l’opinione pubblica. Sicuramente i miliziani salafiti hanno i loro
motivi. Dalla nomina di Abu Naim, centinaia di salafiti a Gaza sono
stati arrestati. Abu Naim è anche responsabile della sicurezza al
confine tra Gaza e l’Egitto, dove negli ultimi mesi sono state piazzate
alcune decine di posti di blocco.
Ciononostante
c’è chiaramente una coincidenza di interessi tra la branca dello Stato
Islamico nel Sinai e Israele nella loro lotta contro Hamas. Alcuni
dirigenti di Hamas ed analisti hanno suggerito una collaborazione
diretta che coinvolge Israele e lo Stato Islamico. Secondo Hussam
al-Dajani, un docente di politica dell’università Uammah di Gaza,
entrambi hanno interesse nell’uccisione di Abu Naim.
“Israele
voleva eliminare qualcuno che sia attivo nella resistenza; lo Stato
Islamico voleva vendicarsi degli ostacoli che stanno affrontando a
Gaza,” dice al-Dajani.
Anche
le operazioni dello Stato Islamico nel Sinai hanno contribuito, se non
sono state la ragione principale, ai ritardi nell’apertura a lungo
promessa del valico di Rafah. Si parla persino di spostare l’attuale
valico più vicino alla costa per fare in modo che sia più difficile da
attaccare.
Secondo
Ashraf Juma, un parlamentare di Fatah, non c’è ancora una decisione a
questo proposito. “Abbiamo presentato la richiesta all’Egitto e se ne è
discusso, ma non abbiamo ancora ricevuto una conferma,” dice.
L’apertura
del valico di Rafah è fondamentale e rimane il tallone d’Achille di
Hamas. È l’unico valico per entrare ed uscire da Gaza che ha la
possibilità di rimanere a breve termine sempre aperto e per ogni uso
ragionevole.
Israele ha imposto un blocco di Gaza da più di 10 anni che il Cairo ha per lo più assecondato.
Questa
chiusura ha avuto drammatici effetti economici e sociali su questa
striscia di terra costiera stretta e sovrappopolata che è stata a lungo
sull’orlo di un disastro umanitario e che le Nazioni Unite ritengono
sarà inabitabile entro il 2020.
Come
Hamas ha già dimostrato, sta cercando di prendere decisioni difficili,
tranne consegnare le sue armi, per garantire che Gaza si apra di nuovo
al mondo. Ciò include la fine formale del governo esclusivo su Gaza così
come combattere i miliziani salafiti a Gaza e nel Sinai.
L’Egitto
– oltre alla cooperazione per reprimere l’insurrezione nel Sinai – è
interessata anche a questo. Se fatto in modo corretto, consentire
l’attraversamento di Rafah potrebbe stimolare la poco soddisfacente
economia aprendo un nuovo mercato per i prodotti egiziani e fornendo al
contempo un centro per l’economia del Sinai, oltre al contrabbando ed al
turismo.
Ma i sabotatori sono ovunque, non ultimo lo Stato Islamico- Provincia del Sinai.
Hamza Abu Eltarabesh è un giornalista e scrittore freelance di Gaza.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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